11 settembre 2020 – Notiziario Africa

Scritto da in data Settembre 11, 2020

  • Africa Occidentale: inondazioni senza precedenti stanno provocando decine di morti e centinaia di migliaia di sfollati in diversi paesi del Sahel (in copertina).
  • Sudafrica: morto George Bizos. Fu l’avvocato di Mandela.
  • Repubblica Democratica del Congo: il nobel Denis Mukwege posto sotto scorta dalle Nazioni Unite.
  • Liberia: il presidente George Weah parla di “epidemia” di violenze sessuali a danno di minori.
  • Turchia e Israele proseguono le loro offensive diplomatiche nel continente africano.

Questo è il notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giusy Baioni. Musiche di Walter Sguazzin

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Africa Occidentale

L’Africa occidentale e la regione del Sahel fanno fronte da giorni a enormi inondazioni, che hanno causato numerose vittime e ingenti danni. Un fenomeno ricorrente durante la stagione delle piogge, specie nelle grandi città, spesso carenti di infrastrutture per convogliare l’acqua piovana. Lo scorso anno le piogge avevano già provocato importanti inondazioni in 11 paesi, ma il fenomeno quest’anno sembra ancora peggiore, tanto più che la stagione delle piogge non è ancora terminata. Secondo l’OCHA, l’ufficio di coordinamento delle azioni umanitarie dell’ONU, circa 760mila persone sono state coinvolte, nelle ultime settimane, in tutta l’Africa occidentale e in parte dell’Africa centrale: dal Senegal al Sudan, le alluvioni hanno preso alla sprovvista centinaia di migliaia di persone.
Intense piogge si sono abbattute lo scorso weekend su tutto il Senegal, uccidendo 6 persone e lasciando strade interrotte, case e veicoli sommersi, le periferie della capitale Dakar invase dall’acqua. Rovesci colpiscono da oltre una settimana la capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, dove si contano già 13 morti, tanto che il governo ha dichiarato lo stato di catastrofe naturale. Non si conosce il numero preciso delle persone che hanno perso la casa e hanno avuto altri danni ingenti.
In Ghana le piogge torrenziali e lo straripamento delle acque hanno provocato la morte di diverse persone nel nord del Paese; situazione simile in Nigeria, dove gli stati del nord sono i più colpiti. Secondo l’OCHA i morti sarebbero 30, in particolare nello stato di Borno, che da solo conta 26mila sinistrati.
Il paese più toccato resta però il Niger, con 65 morti, 330mila persone colpite e 34mila case distrutte, secondo le cifre ufficiali fornite dal ministero nigeriano dell’Azione umanitaria e della gestione delle catastrofi.
Colpita anche la Mauritania, dove inondazioni ripetute si sono abbattute sul Paese per oltre una settimana e hanno causato migliaia di sfollati. Ciad e Camerun soffrono a loro volta, ma è in Sudan che la situazione ora si sta preannunciando allarmante: il ministro sudanese degli Affari Esteri stima che 500mila persone potrebbero essere direttamente colpite. Rovesci e inondazioni hanno già provocato 101 morti. Anche qui è stato decretato lo stato d’urgenza per 3 mesi in tutto il Paese.

Sudafrica

foto: wikimedia

Infaticabile militante dei diritti umani, l’avvocato sudafricano George Bizos è morto mercoledì all’età di 92 anni. Avvocato di Nelson Mandela, di cui era anche amico, la lunga carriera di questo giurista si intreccia con la storia politica del Sudafrica. Durante gli anni dell’apartheid questo avvocato bianco ha difeso molti militanti dell’African National Congress, il partito di Mandela; ha partecipato all’elaborazione della nuova Costituzione democratica. Abolito l’apartheid, aveva poi contribuito a mettere in campo la Commissione verità e riconciliazione, incaricata di indagare sui crimini politici dell’ex regime. Di origine greca, l’uomo era giunto in Sudafrica in fuga dal regime nazista. Nel 1963, insieme a un’équipe di avvocati, aveva difeso Nelson Mandela salvandolo dalla pena di morte.

Repubblica Democratica del Congo

Il nobel Denis Mukwege è stato posto sotto scorta dalle truppe della Monusco, la missione delle Nazioni Unite per la pacificazione del paese. La decisione giunge dopo le ripetute minacce di morte ricevute negli ultimi giorni dal ginecologo, che ottenne il Nobel per la Pace nel 2018 per il suo lavoro di cura delle donne vittime di stupro di guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ma anche per la sua indefessa denuncia dei crimini che si continuano a perpetrare nella sua terra. Da ieri le truppe ONU garantiscono anche la sicurezza al Panzi Hospital, la struttura che il dottor Mukwege ha fondato nel 1999 a Bukavu, capoluogo della regione del Sud Kivu.
Non nuovo a minacce di morte, già scampato a due attentati, negli ultimi tempi contro il medico si sono intensificate le intimidazioni, da quando ha con forza ripreso a chiedere che si faccia finalmente luce sui crimini commessi nell’est della RdCongo e documentati minuziosamente dal Rapporto Mapping, redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ormai dieci anni fa, senza che si siano mai presi provvedimenti o processati i colpevoli.
In un messaggio diffuso sul suo account ufficiale Facebook e Twitter, il dottor Mukwege ha ringraziato la Monusco per il dispiegamento di forze che permettono a lui e al suo staff di continuare a curare i pazienti in sicurezza.

Liberia

Il presidente della Liberia George Weah ha chiesto un inasprimento delle leggi per combattere ciò che lui stesso ha definito una “epidemia” di violenze sessuali, nella maggior parte dei casi rivolte contro bambini e ragazzine. Parlando a una conferenza sul tema, Weah ha affermato che servirebbero misure più aspre per contrastare crimini come lo stupro, i matrimoni infantili e le mutilazioni genitali femminili.
L’allarmante aumento di casi di violenze di genere e violenze sessuali si è verificato specialmente durante il tempo della pandemia di covid-19. Due settimane fa migliaia di persone avevano compiuto una marcia di protesta attraverso il paese e una corsa di tre giorni nella capitale Monrovia per attirare l’attenzione sull’allarmante numero di violenze sessuali: ne sono state registrate oltre 600 solo fra giugno e agosto.

Africa Subsahariana

Sono 463 milioni i bambini nel mondo che non hanno avuto accesso all’istruzione a causa del Covid-19. Le cifre vengono dal Rapporto Unicef pubblicato ieri. Secondo tale rapporto, gli studenti delle famiglie più povere e quelli che vivono nelle zone rurali sono i più a rischio di perdere le lezioni. Si tratta del 72% dei ragazzi in età scolare a livello mondiale. In particolare, i più colpiti sono i ragazzi dell’Africa Subsahariana: quasi metà di loro non sarebbe stata raggiunta dalle lezioni on-line. Una situazione, nella realtà, probabilmente ancora peggiore di quanto emerge dal rapporto, secondo la stessa ammissione di chi lo ha redatto. Non è solo un problema di apprendimento a distanza, di mancanza di strumenti digitali e di tecnologie. Si tratta di essere costretti a dover svolgere faccende domestiche o a lavorare, a stare in ambienti inadeguati per l’apprendimento e persino a essere vittime di violenze.

Mali

La Turchia prosegue la sua offensiva diplomatica in Africa. Il ministro degli Affari esteri, Mevlüt Cavusoglu, è atterrato mercoledì 9 settembre in Mali per una visita che in tre giorni lo condurrà anche in Guinea Bissau e Senegal.
Il capo della diplomazia turca, a Bamako, ha incontrato i rappresentanti delle Nazioni Unite in Mali per discutere del processo di transizione politica nel paese che esce dal colpo di Stato; il programma prevedeva anche un incontro con i membri della giunta che ha preso il potere il 18 agosto scorso e con i rappresentanti della CEDEAO, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. Inoltre, il ministro degli esteri turco si è intrattenuto con Pierre Buyoya, l’ex presidente burundese attualmente Alto rappresentante dell’Unione africana per il Mali, al quale ha ricordato la volontà di Ankara di organizzare l’anno prossimo un terzo summit di partenariato Turchia-Unione Africana.
Due mesi fa il capo della diplomazia turca era stato in visita in Togo, in Niger e in Guinea Equatoriale; all’inizio dell’anno si era invece recato in Algeria, di nuovo in Senegal e in Gambia. La moltiplicazione di questi viaggi, soprattutto in Africa occidentale e nei paesi francofoni, si inquadra in un contesto di tensione crescente tra Turchia e Francia.

Ciad

Una delegazione ciadiana, guidata da uno dei figli del presidente Idriss Deby Itno, ha incontrato martedì scorso il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per discutere della possibile apertura di un’ambasciata del Ciad a Gerusalemme. Netanyahu aveva annunciato la ripresa delle relazioni diplomatiche con il Ciad oltre un anno fa, dopo 47 anni di interruzione.
Netanyahu ha dichiarato su Twitter: “In seguito alla ripresa delle relazioni con il Ciad, abbiamo discusso della nomina degli ambasciatori e dell’apertura di missioni diplomatiche, ivi compresa la possibilità di aprire un’ambasciata a Gerusalemme”. Secondo indiscrezioni, i capi dei servizi dei due paesi avrebbero discusso di terrorismo e cybersicurezza. Ipotesi subito smentita dal ministro degli esteri ciadiano, che si è anche premurato di sottolineare che la ripresa delle relazioni diplomatiche con Israele non tocca affatto la posizione del Ciad sulla questione della Palestina e dei territori arabi occupati. Questa visita giunge meno di un mese dopo l’annuncio di un accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, divenuti il terzo paese arabo, dopo Egitto e Giordania, e il primo paese del Golfo, a normalizzare le relazioni con lo stato ebraico.

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