12 febbraio 2021 – Notiziario
Scritto da Barbara Schiavulli in data Febbraio 12, 2021
Ascolta il notiziario
- L’Egitto revoca la cittadinanza all’attivista Naguib in esilio (copertina).
- «Ora vogliamo vera giustizia», ha detto la sorella dell’appena rilasciata attivista al-Hathloul.
- Attivista per i diritti delle donne in Polonia accusata di aver organizzato proteste.
- Afghanistan: attaccato convoglio ONU, cinque morti tra i militari afghani di scorta.
- Venezuela: aumenta la produzione di petrolio nonostante le sanzioni.
- Il Canada acquista i droni “testati” sui palestinesi.
- Myanmar: gente in piazza per il sesto giorno consecutivo.
- La Cina strappa la licenza alla BBC.
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli. Musiche di Walter Sguazzin
Yemen
La scorsa settimana l’ONU ha annunciato che il leader di al-Qaida nella penisola arabica (AQAP), Khalid Batarfi, è stato arrestato e il suo vice leader è stato ucciso. Questa settimana Batarfi è apparso in un video mentre parla dell’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio nella capitale degli Stati Uniti, dicendo che era «solo la punta dell’iceberg». Il coinvolgimento di Batarfi è degno di nota perché si supponeva fosse agli arresti. I leader tribali locali credono che Batarfi non sia mai stato arrestato, ma che si tratti di qualcun altro dell’AQAP che gli somigli e che presumono sia anche un membro “anziano”.
Arabia Saudita
Le sorelle dell’eminente attivista per i diritti delle donne saudite Loujain al-Hathloul hanno detto giovedì che volevano vera giustizia per lei e la revoca del divieto di viaggio, il giorno dopo che è stata rilasciata dal carcere con una pena sospesa. Al-Hathloul, 31 anni, ha fatto una campagna per il diritto delle donne alla guida e per porre fine al sistema di tutela maschile saudita. Ha trascorso quasi tre anni dietro le sbarre in un caso che ha suscitato la condanna internazionale e per cinque anni le è stato proibito di lasciare l’Arabia Saudita. Intanto emergono indiscrezioni sulle torture che ha subito, dall’essere stata sottoposta a elettrocuzione o essere stata molestata sessualmente durante gli interrogatori. La famiglia ha detto che l’amministrazione Biden ha aiutato nel rilascio.
Libano
L’ex capo dell’esercito libanese ha dichiarato ierì all’investigatore capo della massiccia esplosione del porto di Beirut dello scorso anno di aver raccomandato, anni prima dell’esplosione, che le tonnellate di nitrato di ammonio sequestrato e lì immagazzinate venissero vendute privatamente o rispedite agli importatori. I militari non hanno usato la sostanza chimica volatile, ha testimoniato Jean Kahwaji che è stato capo dell’esercito fino al 2017.
Kahwaji è stato convocato per essere interrogato come testimone sei mesi dopo l’inizio dell’indagine, primo ufficiale dell’esercito e più alto funzionario della sicurezza a testimoniare nell’inchiesta.
Israele e Palestina
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden intende parlare presto con il leader israeliano Benjamin Netanyahu: lo ha dichiarato la Casa Bianca ieri senza fornire una data.
Il fatto che Biden non abbia incluso Netanyahu nelle sue chiamate con i leader stranieri ha sollevato un sopracciglio in Israele e tra gli esperti del Medio Oriente. Gli ex presidenti Barack Obama e Donald Trump gli avevano parlato entrambi entro pochi giorni dall’insediamento. «Il presidente non vede l’ora di parlare con il primo ministro Netanyahu. È ovviamente qualcuno con cui ha una relazione di lunga data», ha detto l’addetta stampa della Casa Bianca Jen Psaki in una conferenza stampa. Essendo stato molto legato a Trump per quattro anni, Netanyahu sarà probabilmente accigliato da qualsiasi allontanamento di Biden dalla dura politica di Trump sull’Iran e verso i palestinesi. Biden si è impegnato a ripristinare il coinvolgimento degli Stati Uniti nell’accordo nucleare iraniano del 2015 − dal quale Trump si era ritirato – ed è probabile l’opposizione della Casa Bianca agli insediamenti nei territori palestinesi. Trump aveva accontentato Netanyahu abbandonando l’accordo nucleare del 2015 con l’Iran e reimpostando le sanzioni che erano state revocate.
Il detenuto Marwan Barghouti, visto come un rivale del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, sta valutando la possibilità di partecipare alle elezioni presidenziali palestinesi, ha confermato ieri un suo stretto collaboratore. «Il nostro compagno Marwan sta valutando la possibilità, ma non ha ancora preso una decisione in entrambi i casi», ha detto in una telefonata l’ex legislatore palestinese Qaddura Fares. Barghouti, che sta scontando cinque ergastoli in una prigione israeliana per il suo ruolo nella pianificazione di attacchi terroristici contro israeliani durante la Seconda Intifada, è popolare tra i palestinesi ed è ampiamente ritenuto come un possibile successore di Abbas, che probabilmente perderebbe in un confronto contro Barghouti. Intanto in una rara visita concessa al detenuto, l’alto funzionario palestinese Hussein al-Sheikh, stretto confidente di Abbas, ieri ha incontrato Barghouti proprio per discutere delle imminenti elezioni palestinesi. Secondo i resoconti dei media ebraici, al-Sheikh ha cercato di esortarlo a evitare di candidarsi alla presidenza. I palestinesi dovrebbero partecipare alle elezioni legislative il 22 maggio, seguite dalle elezioni presidenziali il 31 luglio. Alti funzionari palestinesi − inclusi rappresentanti di Fatah, che controlla la Cisgiordania, e Hamas, che governa la Striscia di Gaza − hanno concluso un accordo elettorale questa settimana a un vertice a Il Cairo.
Egitto
L’Egitto ha revocato la nazionalità a un’attivista in esilio in un’apparente rappresaglia per la sua schietta opposizione al governo del presidente Abdel Fattah el-Sisi. Ghada Naguib, 49 anni, è un’attivista politica che ha preso parte al movimento popolare culminato nelle dimissioni del defunto leader autocratico Hosni Mubarak nel 2011. Il 24 dicembre un amico ha telefonato alla famiglia, che ora vive in esilio in Turchia, dicendo loro che la Gazzetta Ufficiale aveva pubblicato un decreto che toglieva a Naguib la sua cittadinanza egiziana citando la legge n. 26/1975, che conferisce alle autorità il diritto di revocare la cittadinanza senza controllo giudiziario. «Ero sconvolta», ha detto a Middle East Eye.
«Come si può cancellare la mia appartenenza a un paese semplicemente con un tratto di penna?». La legge egiziana, così come citata nel decreto contro Naguib, consente al primo ministro di privare chiunque della cittadinanza se vive all’estero e viene condannato per un reato legato alla sicurezza dello Stato. Naguib dice che non ha altra nazionalità. Sebbene sia illegale secondo il diritto internazionale rendere qualcuno apolide, l’Egitto non è un firmatario delle convenzioni pertinenti. Prima della decisione, Naguib è stata oggetto di quella che descrive come una «spregevole campagna diffamatoria» nei media egiziani di proprietà statale, dopo aver pubblicato l’immagine di un alto ufficiale dell’intelligence, il tenente colonnello Ahmed Shaaban, che si ritiene eserciti un potere significativo nella gestione dei media del paese.
Etiopia
Le forze etiopi hanno bombardato aree densamente popolate nelle prime settimane del conflitto nella regione del Tigray, uccidendo almeno 83 civili e sfollandone migliaia, ha dichiarato Human Rights Watch. Gli attacchi di artiglieria da parte delle forze che appoggiano il primo ministro Abiy Ahmed, vincitore del premio Nobel per la pace 2019, «hanno colpito case, ospedali, scuole e mercati», secondo il rapporto che si concentra sulla capitale regionale Mekelle e sulle città di Shire e Humera. «Questi attacchi hanno distrutto la vita dei civili nel Tigray e provocato lo sfollamento di migliaia di persone, sottolineando l’urgenza di porre fine agli attacchi illegali e portare i responsabili a renderne conto».
#Ethiopia federal forces' apparent indiscriminate shelling of urban areas in #Tigray has struck homes, hospitals, schools and markets, killing at least 83 civilians & injuring 300+. The government should let UN investigators document all such abuses @HRW https://t.co/McUN2uNsNa pic.twitter.com/sHUEcPwZF0
— Gerry Simpson (@GerrySimpsonHRW) February 11, 2021
Germania
Le autorità tedesche e danesi hanno arrestato tre uomini siriani sospettati di aver pianificato un attacco terroristico, hanno riferito i pubblici ministeri ieri. Klaus Tewes, portavoce dei procuratori federali nella città di Naumburg, nella Germania orientale, ha detto che lo scorso fine settimana è stato emesso un mandato per i tre fratelli, di 33, 36 e 40 anni, con l’accusa di aver preparato un grave atto di violenza. Si presume che abbiano acquistato diversi chilogrammi di sostanze chimiche a gennaio che avrebbero potuto essere utilizzate per produrre esplosivi.
Polonia
Marta Lempart, leader della protesta delle donne in Polonia contro la legge sull’aborto, è stata accusata di aver organizzato una manifestazione violando le leggi anti-coronavirus e rischia ora fino a otto anni di carcere. Lo ha riferito un portavoce della procura aggiungendo che Lempart è anche accusata di «aver insultato la polizia e appoggiato gli attacchi contro le chiese». A fine gennaio il movimento “Sciopero delle donne”, di cui Lempart è una delle leader, è scesa nelle strade della Polonia per protestare contro una legge che vieta quasi totalmente l’aborto.
L’Unione Europea ha ripetutamente espresso le sue preoccupazioni per l’erosione delle norme democratiche nello stato membro. Anche le persone LGBT e i media indipendenti si sentono sotto la forte pressione del governo di destra. Molti manifestanti sono stati precedentemente accusati di reati minori per aver partecipato alle proteste. In quasi tutti i casi i tribunali hanno poi lasciato cadere le accuse. Le proteste sono scoppiate in ottobre, dopo che la Corte costituzionale ha stabilito di vietare gli aborti in caso di difetti fetali, diventando così il più grande movimento di massa antigovernativo in Polonia da quando il comunismo è caduto più di 30 anni fa. La sentenza è entrata in vigore alla fine di gennaio. La restrizione all’aborto è stata ampiamente denunciata dai legislatori al Parlamento Europeo all’inizio di questa settimana e la maggior parte dei membri ha affermato che segna una violazione dei diritti delle donne.
Bielorussia
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha annunciato ieri che una serie di modifiche costituzionali, richieste per mesi dall’opposizione nel paese, sarà redatta entro la fine dell’anno e sottoposta a votazione nazionale all’inizio del 2022.
Lukashenko e 2.700 delegati filogovernativi si sono riuniti in un’assemblea speciale per discutere la riforma politica e lo sviluppo socio-economico dell’ex repubblica sovietica per i prossimi cinque anni. Nessun critico del regime è stato invitato al congresso durato due giorni. Davanti alla sua assemblea di lealisti, Lukashenko ha dichiarato che la Bielorussia «deve rimanere una repubblica presidenziale» anche dopo la fine del suo governo. Ha detto che prima o poi ci sarebbe stata una Bielorussia senza di lui, ma «non oggi, non domani, non dopodomani». Il leader 66enne ha avvertito che «verrà il momento, verranno altre persone». «Stanno già bussando alla porta. Lo sento», ha detto. L’opposizione della Bielorussia ha anche respinto le promesse di Lukashenko definenendole una “vetrina”.
Afghanistan
Un convoglio delle Nazioni Unite è stato attaccato alla periferia di Kabul uccidendo cinque militari delle forze di sicurezza afghane che facevano parte di una forza di scorta. Anche un autista è rimasto ucciso. I dettagli sono ancora scarsi, anche se le Nazioni Unite hanno detto che nessuno dei suoi uomini è rimasto ferito. Il ministero degli Interni afghano ha rilasciato una dichiarazione con la quale incolpa i talebani, mentre questi hanno negato di essere responsabili. Recentemente molti attacchi nella capitale sono stati lanciati dall’Isis K, l’affiliata locale dell’Isis.
Canada
Il Canada ha un primato anti-palestinese secondo a nessuno. Le ultime azioni del governo del primo ministro, il liberale Justin Trudeau, stanno intensificando la sua inimicizia verso il popolo palestinese. A novembre Trudeau ha deciso di nominare Irwin Cotler, importante lobbista israeliano, inviato speciale per l’antisemitismo. Cotler ha il compito di attuare la cosiddetta definizione IHRA di antisemitismo, un documento promosso da Israele e dalla sua lobby come strumento per censurare e diffamare i sostenitori dei diritti dei palestinesi denigrandoli falsamente come bigotti antiebraici. Il mese successivo il governo di Trudeau si è posto in una piccola minoranza − insieme a Israele, Stati Uniti e Australia − votando contro le risoluzioni delle Nazioni Unite che riaffermano i diritti fondamentali dei palestinesi. E nei giorni scorsi il Canada si è nuovamente schierato con Stati Uniti e Australia per condannare la sentenza della Corte Penale Internazionale che apre la strada alle indagini sui crimini di guerra dei leader israeliani. Ora il governo Trudeau sta acquistando una versione “civile” del drone Hermes 900 creato dal produttore di armi israeliano Elbit Systems. L’accordo, annunciato a dicembre dal ministero dei Trasporti canadese, vale 28 milioni di dollari. Come riportato dai media israeliani, l’Hermes 900 è stato per la prima volta “testato” da Israele durante l’assalto a Gaza del 2014. Israele ha ucciso più di 2.100 palestinesi, inclusi 550 minori, durante quell’assalto, in attacchi che spesso hanno cancellato intere famiglie. Importante fornitore di armi all’esercito israeliano, Elbit è stata profondamente coinvolta e ha raccolto enormi profitti da quell’attacco a Gaza.
Stati Uniti
«Vi chiediamo di condannare Trump perché è colpevole e perché potrebbe istigare ancora alla violenza». Ha concluso così, il deputato democratico Neguse, le argomentazioni dell’accusa nel processo di impeachment, rinunciando alle restanti 4 ore. Oggi tocca alla difesa, che conta di esaurire il suo intervento in giornata. Nel frattempo, il dipartimento di giustizia ha incriminato cinque persone legate al gruppo di estrema destra Proud Boys per il ruolo avuto nel coordinare l’assalto al Congresso. Alcuni di loro sono accusati di cospirazione, altri di aver guidato la folla mentre sfondava i cordoni di polizia.
L’amministrazione Biden ha approvato tre richieste di vendite militari straniere per la Giordania, il Cile e un’agenzia della NATO, con un prezzo potenziale combinato di oltre 200 milioni di dollari. Le approvazioni segnano i primi casi FMS approvati da quando il presidente Joe Biden è entrato in carica. Gli ultimi casi FMS approvati dal Dipartimento di Stato sono arrivati a fine dicembre; da allora il team di Biden ha annunciato una pausa e una revisione di una serie di vendite di armi approvate dall’amministrazione Trump, in particolare sulle armi acquistate dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti.
Venezuela
Il Venezuela ha registrato un aumento della produzione di petrolio a gennaio nonostante l’effetto delle sanzioni statunitensi. Tra la PDVSA di proprietà statale venezuelana e varie joint venture operanti nei giacimenti petroliferi della nazione, il Venezuela ha prodotto 487.000 barili di petrolio al giorno il mese scorso, rispetto ai 415.000 barili di dicembre, secondo fonti secondarie dell’OPEC. Il miglioramento del Venezuela è inaspettato, poiché la produzione di petrolio è in calo da anni. Nel 2020, la produzione del Venezuela è diminuita drasticamente. È passata dalla produzione di 501.000 barili al giorno durante il primo trimestre alla produzione di 403.000 barili durante il quarto trimestre.
Il miglioramento arriva in un momento in cui i prezzi del petrolio stanno aumentando a livello internazionale. Sono aumentati di circa il 20% nel 2021 e Citigroup prevede che i prezzi aumenteranno di un altro 15% durante l’anno. Il presidente Nicolas Maduro ha annunciato a gennaio la sua intenzione di aumentare la produzione di petrolio e ha detto che il suo governo sta pianificando di aumentare la produzione a 1,5 milioni di barili. Per quanto riguarda il potenziale di flessibilità delle sanzioni statunitensi, l’amministrazione di Joe Biden non ha annunciato modifiche alla politica della precedente amministrazione.
India
Il ministro della Difesa indiano, Rajnath Singh, in un intervento alla Camera Alta del Parlamento ha confermato l’inizio, insieme alla Cina, del disimpegno militare lungo il settore occidentale della Lac, la linea di controllo effettiva − la zona di confine contesa −, già annunciato ieri dal ministero della Difesa cinese. L’accordo raggiunto prevede che entrambe le parti cesseranno i dispiegamenti nell’area in modo graduale, coordinato e verificato, e ripristineranno lo status quo preesistente. Le strutture costruite nella zona dallo scorso aprile verranno gradualmente smantellate, mentre saranno sospese temporaneamente tutte le attività militari, comprese quelle di pattugliamento. La situazione di forte tensione tra le forze armate dei due paesi ha avuto inizio lo scorso maggio, quando gli indiani hanno denunciato che i cinesi si fossero insediati con alcune costruzioni oltre la linea di demarcazione, sul lato nord del lago. A metà giugno 20 soldati indiani hanno perso la vita in uno scontro brutale ad alta quota nella valle di Galwan, l’incidente più grave da decenni. La Cina non ha mai reso noto il numero delle sue probabili perdite. Nel 1962 i due paesi, che condividono oltre 3.500 km di frontiera mai chiaramente definita, si erano confrontati in una vera guerra sul confine tra Ladakh e Tibet.
Myanmar
Manifestanti si sono riuniti in tutto il Myanmar, giovedì, per il sesto giorno consecutivo di manifestazioni contro il colpo di Stato. Nella capitale Naypyitaw centinaia di persone sono venute a sostenere il movimento di disobbedienza civile. Portavano cartelli a sostegno della leader estromessoa Aung San Suu Kyi e cantavano slogan anti-giunta. Nonostante i precedenti scontri, le prime marce di ieri sono state pacifiche. I manifestanti si sono radunati anche nelle città di Dawei e Mandalay, nonché nel polo commerciale di Yangon dove hanno esortato i dipendenti della banca centrale del Myanmar a non andare a lavorare. «Non lo faremo per una settimana o un mese, siamo determinati a farlo fino alla fine, quando [Suu Kyi] e il presidente U Win Myint verranno rilasciati», ha detto all’agenzia di stampa AFP un impiegato di banca che si era unito alla protesta.
Cina
L’autorità di regolamentazione sulla trasmissione televisiva in Cina ha revocato le licenze alla Bbc World News per «grave violazione dei contenuti». La mossa di giovedì in tarda serata è stata in gran parte simbolica, perché BBC World già veniva trasmessa in modo limitato nei sistemi di TV via cavo degli hotel e nei complessi di appartamenti per stranieri e in alcune altre attività. Il governo cinese ha criticato i servizi della BBC sulla pandemia Covid-19 in Cina e sulle accuse di lavoro forzato e abusi sessuali nella regione dello Xinjiang, patria degli uiguri e di altri gruppi etnici prevalentemente musulmani. Non ha fornito alcuna indicazione se i giornalisti della BBC in Cina siano stati colpiti.
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