13 ottobre 2020 – Notiziario in genere
Scritto da Angela Gennaro in data Ottobre 13, 2020
Il Fondo Monetario internazionale conferma: donne e giovani pagano il prezzo più alto di questa pandemia di Coronavirus. Stati Uniti, la giudice Barrett è stata “ancella” per People of Praise. Russia, il regalo delle Pussy Riot per i 68 anni di Vladimir Putin. Iran: rilasciata l’attivista dei diritti umani Mohammadi.
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Coronavirus

Credit This is an uprising
La pandemia ferma le donne
La pandemia e la crisi che porta con sé hanno un effetto più importante “sulla mobilità delle donne e dei giovani”. Una verità che richiede “politiche mirate per prevenire un aumento delle disuguaglianze”. A dirlo in questi giorni è il Fondo Monetario Internazionale, che parla di nuove analisi che indicano come i lockdown “tendono ad avere un effetto più ampio sulla mobilità delle donne rispetto a quella degli uomini, soprattutto con la chiusura delle scuole. Questo suggerisce che le donne hanno un carico sproporzionato nel prendersi cura dei bambini. Carico che potrebbe mettere a rischio le loro opportunità di occupazione”. Secondo gli esperti a pagare sono anche i e le più giovani, più deboli economicamente, visto che “hanno un reddito da lavoro e occupazioni meno stabili”.
Il Fmi cita studi realizzati in Italia, Portogallo e Spagna per dimostrare come la pandemia abbia avuto un impatto maggiore sulla mobilità delle donne. Le rilevazioni in “alcune regioni del nord Italia che hanno chiuso le scuole due settimane prima del lockdown nazionale mostrano come il gap di mobilità” fra donne e uomini si “amplia con la chiusure delle scuole”. Il lockdown – osserva il Fmi – ha aumentato il divario ancora di più, “riflettendo probabilmente la possibilità che l’occupazione femminile sia concentrata nei settori a contatto intensivo che sono stati chiusi”.
Stati Uniti

Andrea Hanks/Official White House Photo | Il presidente Usa Donald Trump nomina la giudice Amy Coney Barrett come Associate Justice of the U.S. Supreme Court, 26 settembre 2020, nel Rose Garden della Casa Bianca.
La giudice che è stata “ancella”
Amy Coney Barrett, la giudice che il presidente Donald Trump ha insediato al posto di Ruth Bader Ginsburg, secondo il Washington Post fino ad almeno dieci anni fa svolgeva il ruolo di “ancella” nel controverso gruppo religioso People of Praise.
Dopo la scomparsa il 18 settembre 2020 di Ruth Bader Ginsburg, esponente democratica, il presidente USA Donald Trump ha nominato Barrett alla Corte Suprema degli Stati Uniti nonostante il fatto che i democratici si fossero dichiarati favorevoli ad una nomina da effettuare al termine delle elezioni presidenziali 2020. Con la sua nomina, che dovrà essere confermata in Senato, alla Corte Suprema i conservatori saranno 6 a 3.
“Ancella”, spiega il WP, designazione ispirata alla descrizione biblica di Maria come “ancella del Signore”, era fino a pochi anni fa il titolo dato da People of Praise alle donne che svolgevano al suo interno un ruolo di leader. Il titolo è stato successivamente abolito per evitare associazioni al romanzo di Margaret Atwood diventato popolare con la serie televisiva “Il Racconto dell’Ancella”.
Barrett non ha mai parlato della sua affiliazione a People of Praise e l’organizzazione ha cancellato ogni traccia del suo ruolo e di quello della sua famiglia nei giorni della nomina della giudice alla Corte suprema. Ma il Washington Post parla di un profondo coinvolgimento di Barrett nelle attività del gruppo Gruppo in cui, d’altro canto, fin dalla fondazione i genitori e i suoceri avevano rivestito posizioni di potere. Non solo: studentessa di legge a South Bend in Indiana, Barrett aveva abitato nella casa del co-fondatore Kevin Ranaghan e di sua moglie Dorothy, che insieme avevano contribuito a definire del regole gerarchiche a dominazione maschile e le posizioni del gruppo sui ruoli di genere in base alle quali le donne dovrebbero essere sottomesse ai mariti.
Anche Jesse, marito della giudice, secondo Washington Post e Guardian, aveva abitato a casa Ranaghan. Il Guardian scrive anche che non si tratta degli unici due componenti di People of Praise che si sono sposati dopo aver abitato con i Ranaghan. Secondo fonti che sono state nel gruppo, l’organizzazione “ha tradizioni ben sviluppate di corteggiamento e matrimonio” in base alla quale nessun incontro romantico può avvenire senza la preghiera di un leader spirituale che aiuta a decidere se una coppia si deve o meno sposare. “Credo nel potere della preghiera, ed è stato edificante sapere che così tante persone stanno pregando per me”, ha detto Barrett concludendo il suo discorso di apertura ieri come giudice della Corte Suprema.
Russia

Pussy Riot/Facebook
Bandiere arcobaleno per il compleanno di Putin. Arresti
In occasione del compleanno di Vladimir Putin, che il 7 ottobre scorso ha compiuto 68 anni, le bandiere arcobaleno, simbolo dell’orgoglio Lgbtq, hanno sventolato su alcuni dei “più importanti simboli dello Stato russo”. Il “regalo” è della band anti-Cremlino Pussy Riot, che ha condiviso foto di suoi attivisti che piazzano le bandiere arcobaleno sulle facciate del quartier generale dell’intelligence russa, della Corte Suprema e del ministero della Cultura. Vladimir Putin, ne abbiamo parlato, ha qualche mese fa promosso una riforma costituzionale che, tra le altre cose, ha di fatto introdotto il divieto dei matrimoni gay nella legge fondamentale del Paese.
Le Pussy Riot hanno chiesto la fine della discriminazione degli omosessuali, la legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso e un’indagine sulla denuncia di rapimenti e uccisioni dei membri della comunità Lgbt in Cecenia. “Dedichiamo questo arcobaleno a tutti come simbolo dell’amore e della libertà perduti”, ha scritto la band su Facebook. Per l’azione, secondo quanto riporta GayNews, il tribunale distrettuale di Meščanskij ha condannato a 30 giorni di reclusione Sasha Sofeev, attivista del collettivo punk femminista Pussy Riot. Per il tribunale, Sofeev è stato riconosciuto colpevole di «reiterate violazioni delle modalità di svolgimento di iniziative pubbliche» con riferimento anche alla sua partecipazione, in febbraio, a un sit-in di protesta davanti al palazzo della Duma. Rilasciate invece, già negli scorsi scorsi giorni, le quattro componenti della band anti-governativa che avevano partecipato con Sofeev al raid Nikulshina Nikulshina, Masha Alyokhina, Vasiliij Andrianov e Yelizaveta Diderikh.
Pussy Riot congratulates Putin with his 68th birthday and puts up rainbow flags on 5 of the most important government…
Pubblicato da PussyRiot su Mercoledì 7 ottobre 2020
Iran

Ann Harrison/Amnesty International | Narges Mohammadi
Rilasciata l’attivista e giornalista
Le autorità iraniane hanno ridotto la pena e rilasciato la giornalista e attivista di lungo corso Narges Mohammadi. Lo riporta, tra l’altro, AsiaNews. Mohammadi era stata – dal carcere – tra le firmatarie di una campagna referendaria per la fine della teocrazia nel Paese. Ad annunciarlo sui social il marito Taghi Rahmani. Al momento dell’uscita, la 48enne leader pro diritti umani e contro la pena di morte ha “augurato la liberazione per tutti i prigionieri”.
Narges Mohammadi era stata arrestata nel maggio 2015 e, nei mesi scorsi, si era ammalata di Covid-19 in prigione. Un fatto che aveva preoccupato, ancor più perché – secondo quanto riferisce l’ong internazionale Reporter senza frontiere (Rfs), Narges Mohammadi soffre di embolia polmonare e di un disturbo neurologico che ne hanno minato il fisico nel profondo. Per il coronavirus non avrebbe ricevuto particolari cure in carcere – come denunciato dai familiari – ma sarebbe riuscita a guarire senza gravi conseguenze. La donna era stata condannata a 10 anni di prigione per aver “formato e guidato un gruppo illegale”, promosso campagne “contro la pena di morte” e “cospirazione per attentare alla sicurezza del Paese”.
Prominent human rights activist, Narges Mohammadi, was released today from prison after almost 2000 days. She is one the champions of women’s rights and the most vocal opponent of death penalty in Iran. She hugs her mom warmly after so many months.
pic.twitter.com/3TaedsCwx0— Omid Memarian (@Omid_M) October 8, 2020
Da sei mesi nel carcere femminile di Zanjan dove era stata trasferita dopo aver trascorso gran parte della pena nel famigerato carcere di Evin, alla periferia di Teheran, in passato ha collaborato con la premio Nobel per la pace iraniana (nel 2003) Shirin Ebadi. Fra gli incarichi ricoperti vi sono anche quelli di portavoce e vice-presidente del Centro iraniano per la difesa dei diritti umani e di presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace dal 2008.
In copertina Wikimedia | Manifestazione delle “ancelle” a Santa Fe pet chiedere l’aborto sicuro e gratuito in Argentina
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