2 marzo 2021 – Notiziario in genere

Scritto da in data Marzo 2, 2021

Malaysia: l’Alta Corte boccia la legge che vieta i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Camerun: arrestati perché sospettati di essere gay. Idris Elba e Naomi Campbell firmano una lettera a sostegno dei diritti dei gay in Ghana. E ancora Giappone: niente cognome da nubile dopo sposata. Parola della ministra per le Pari Opportunità. Le italiane diventano madri più tardi delle altre europee. Svizzera: un referendum per vietare burqa e niqab.

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Malaysia

Pixabay | Kuala Lumpur, Malaysia

Nei giorni scorsi un malese ha vinto la prima battaglia legale contro le leggi islamiche che vietano i rapporti sessuali tra gay. Un verdetto, a detta degli attivisti della comunità Lgbtq, “storico” e un passo avanti “monumentale”. Non si conosce l’identità dell’uomo: nel 2019 era stato accusato da un tribunale islamico per avere cercato di «fare sesso contro l’ordine della natura». In Malaysia i tribunali islamici si occupano di questioni riguardanti i cittadini musulmani, che rappresentano circa il 60% della popolazione. Le leggi della sharia, spiega Afp, vengono decise dai singoli Stati. In questo caso l’uomo era stato giudicato da un tribunale dello Stato di Selangor, dove appunto vige il divieto di rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Vige comunque il principio che le leggi locali non entrino in conflitto con quelle federali, e nel paese, a livello nazionale, la sodomia è un reato ma viene perseguita raramente. Ecco perché l’Alta Corte del paese si è pronunciata a favore dell’uomo che ha presentato il ricorso, stabilendo che la legge dello Stato di Selangor è illegale.

Camerun

Wikilìmedia Commons | Alice Nkom, avvocata camerunense

Nei giorni scorsi la polizia del Camerun ha arrestato nove persone − quasi tutte in un centro per malati di Aids − «perché sospettate di essere omosessuali». A darne notizia l’avvocata Alice Nkom che da molto tempo si batte per i diritti della comunità Lgbtq. L’avvocata spiega che buona parte delle persone fermate è stata prelevata dalla sede dell’associazione “Colibrì”. La polizia «ha deciso di andare e cercare nella sede di Colibrì in quanto associazione di omosessuali, fatto non vero», ha spiegato la legale. A 24 anni è stata la prima donna a diventare avvocata in Camerun e porta avanti queste battaglie dagli anni Settanta. Nel paese l’omosessualità è ancora considerata un reato punibile con il carcere fino a cinque anni. «Li abbiamo arrestati per verificare se siano gay», ha spiegato un funzionario di polizia della città occidentale di Bafoussam. Sette di loro, secondo Afp, sarebbero poi stati liberati: a dirlo, sotto anonimato, un funzionario di polizia di Bafoussam. «Ne stiamo trattenendo due», ha spiegato. «La prima persona ha ammesso di avere avuto rapporti con l’altra». Gli arresti di persone sospettate di essere gay erano diminuiti negli ultimi anni, ma ora, secondo Alice Nkom, sarebbero ripresi. L’8 febbraio scorso a Douala, la capitale economica del paese, erano stati arrestati due transgender. Il loro processo dovrebbe riprendere il 10 marzo.

Ghana

Flickr/Renan Katayama | La supermodella Naomi Campbell

Vip della moda, del cinema e dei media − nomi come Idris Elba o quello del caporedattore di Vogue in Gran Bretagna − hanno firmato una lettera aperta a sostegno della comunità Lgbtq del Ghana, loro paese di origine. L’appello è stato firmato anche da Naomi Campbell, sebbene non sia di origine ghanese. La lettera condanna il Ghana per la sua posizione sui diritti degli omosessuali. La scorsa settimana, racconta The Guardian, un centro comunitario per persone Lgbtq nel paese dell’Africa occidentale ha chiuso i battenti dopo la crescente pressione di gruppi religiosi e organizzazioni anti-gay verso le minoranze sessuali. La polizia ha successivamente fatto irruzione nel centro e le persone che lo gestivano sono state costrette a nascondersi.

Giappone

Wikimedia Commons | Tamayo Marukawa, ministra per le Pari Opportunità in Giappone

Pari opportunità, ma fino a un certo punto. Il Giappone è ancora una volta al centro delle cronache per sessismo e diritti delle donne. La neoministra giapponese per le Pari opportunità, Tamayo Marukawa, ha firmato nei giorni scorsi una petizione contraria al mantenimento per le donne del proprio cognome dopo il matrimonio. Marukawa, ex presentatrice televisiva e già ministra dell’Ambiente nel secondo governo Abe, è da poco alle Pari Opportinità e ha anche le deleghe per lo Sport: ha infatti sostituito Seiko Hashimoto, la quale è andata a presiedere il comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo al posto dell’ex presidente Yoshiro Mori, costretto alle dimissioni per via dei suoi commenti giudicati offensivi verso le donne. La ministra ha firmato la lettera insieme a 50 parlamentari del partito conservatore al governo: l’appello è un richiamo all’assemblea comunale di Saitama che proponeva di permettere alle coppie sposate di avere due cognomi diversi dopo il matrimonio. Le norme attuali chiedono infatti alle coppie di scegliere un solo cognome: non necessariamente quello maschile, ma il cognome del marito nei fatti diventa obbligatorio anche per la moglie nel 96% dei casi. Il quotidiano liberale Asahi Shimbun accusa l’esecutivo di «calpestare le aspirazioni delle donne con una condotta a dir poco antiquata». Posizione condivisa dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica: oltre il 70% dei e delle giapponesi si è detto favorevole al doppio cognome secondo un recente sondaggio, mentre solo il 14,4% sostiene la legislazione attuale.

Unione Europea

Wikimedia Commons

In Italia, dice l’Eurostat, l’età media delle donne alla nascita del primo figlio si attesta (dato del 2019) a 31,3 anni: si tratta del dato più alto nella UE, dove la media è di 29,4 anni. Le mamme italiane sono quindi le più “anziane” d’Europa, mentre le più giovani sono bulgare e rumene: diventano mamme a 26,3 e 26,9 anni. Eurostat registra un aumento generale − ma che differisce di stato in stato − dell’età media delle donne che partoriscono per la prima volta. In Estonia si registra la variazione più grande: l’età media è aumentata di un anno passando dai 27,2 anni del 2015 ai 28,2 del 2019. Seguono Lituania e Lussemburgo con +0,9 anni. Il minore cambiamento si registra invece in Slovacchia (+0,1 anni) e Slovenia (+0,2).

Svizzera

Flickr/Charles Roffey

Quasi 12 anni dopo la votazione che di fatto vietò la costruzione di nuovi minareti in Svizzera, la popolazione è chiamata alle urne domenica prossima, 7 marzo, per pronunciarsi sul divieto di indossare il velo integrale in pubblico. L’iniziativa popolare, denominata genericamente “Sì al divieto di nascondere il proprio viso”, è appoggiata dal partito della destra conservatrice UDC, prima formazione politica del paese, ed è invece osteggiata dal governo e dalla maggioranza del parlamento. Nello specifico essa prende di mira l’islam e le donne che indossano il burqa o il niqab. Nei manifesti referendari, infatti, il riferimento è esplicito: si vede una donna con il niqab e parole che incitano a «fermare l’estremismo».

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