21 luglio 2022 – Notiziario
Scritto da Barbara Schiavulli in data Luglio 21, 2022
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- Onu: i talebani hanno prodotto centinaia di violazioni dei diritti umani da quando hanno preso il controllo dell’Afghanistan.
- Sri Lanka: il parlamento elegge Wickremesinghe presidente, il paese pronto a nuove proteste.
- HRW: le donne indonesiane oppresse dai codici di abbigliamento.
- La Turchia attacca resort in Iraq, donne e bambini tra le vittime.
- Israele e Palestina: dopo quasi due decenni l’Idf ammette di usare droni armati negli attacchi aerei.
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli.
Afghanistan
I talebani sono responsabili di centinaia di violazioni dei diritti umani in Afghanistan, da quando sono tornati a Kabul l’anno scorso, e hanno ucciso almeno centosessanta persone senza averle sottoposte prima a un procedimento giudiziario. Lo ha dichiarato l’Onu. «È innegabile che le scoperte del nostro rapporto sono estremamente gravi», ha affermato Markus Potzel a capo di Unama, missione dell’Onu nel paese, durante una conferenza stampa nella capitale Kabul. I talebani hanno ripetutamente negato le accuse di abusi, ma il rapporto di Unama ha documentato centosessanta denunce di uccisioni extragiudiziali, cinquantasei incidenti legati a torture e maltrattamenti e oltre centosettanta arresti arbitrari e fermi contro ex funzionari di governo e membri delle forze di sicurezza dallo scorso agosto. I metodi più comuni usati nelle torture comprendono calci, pugni e schiaffi, percosse con cavi e tubi e uso di dispositivi per scosse elettriche. Il rapporto documenta inoltre oltre duecento casi di punizioni crudeli, disumane o degradanti e più di cento casi in cui si è registrato un eccessivo uso della forza. Unama ha relazionato anche su ottantasette casi di violenze contro donne e ragazze, con omicidi, stupri, suicidi e matrimoni forzati, anche di minorenni.
Yemen
Uno yemenita, detenuto senza accusa a Guantanamo Bay per venti anni, è stato autorizzato al rilascio ma rimarrà incarcerato fino a quando non verrà trasferito fuori dal carcere. Khalid Ahmed Qasim è stato autorizzato al rilascio martedì con una decisione unanime del Periodic Review Board, un gruppo di sei agenzie federali statunitensi. Il comitato di revisione ha riferito che Qasim aveva rilasciato «dichiarazioni minacciose» nell’ultimo anno, ma riteneva che qualsiasi minaccia potesse essere mitigata, considerando il suo «basso livello di formazione e mancanza di un ruolo di leadership», sia in al-Qaida che nei talebani. Qasim è incarcerato a Guantanamo dal maggio 2002, il che lo rende uno dei detenuti da più tempo nel carcere. «Khalid era giovane quando è stato arrestato ed è diventato un artista e scrittore di talento. Ha molto da offrire al mondo e non vediamo l’ora che arrivi il giorno in cui sarà finalmente libero», ha detto il suo avvocato. Non è chiaro dove verrà trasferito, ma il Periodic Review Board ha chiesto un «trasferimento in un paese con un forte programma di riabilitazione e reintegrazione e adeguate garanzie di sicurezza, come concordato dai dipartimenti e dalle agenzie competenti dell’USG».
Iraq
La Turchia effettua spesso attacchi contro obiettivi curdi in Iraq e Siria, e non sempre questi sono obiettivi militari evidenti. Questo è stato il caso del raid di ieri nella provincia di Duhok. L’attacco dell’artiglieria ha preso di mira una località turistica, uccidendo almeno otto civili e ferendone decine di altri. Funzionari locali affermano che il resort è lontano da qualsiasi militante e non è chiaro il motivo per cui sono stati colpiti. La Turchia, dal canto suo, ha accusato dell’attacco i militanti curdi. L’Iraq ha criticato l’attacco come una flagrante violazione della propria sovranità, osservando che la maggior parte delle vittime sono donne e bambini. Reclami come questo non sono nuovi e la Turchia non ha mostrato alcun segnale di sospendere gli attacchi unilaterali nel territorio curdo.
Israele e Palestina
Dopo quasi due decenni, mercoledì il Military Censor ha affermato che i media israeliani possono finalmente pubblicare un segreto noto da tempo: le forze di difesa israeliane utilizzano droni armati per colpire obiettivi palestinesi. La decisione è arrivata il giorno dopo che l’IDF ha colpito una postazione di Hamas nella Striscia di Gaza, in risposta a colpi di arma da fuoco contro una città al confine, utilizzando un drone armato Elbit Hermes 450. «Si è riscontrato che non vi è alcun impedimento nel rendere pubblico l’uso, da parte dell’IDF, di UAV armati come parte delle proprie attività operative», ha affermato il censore in una breve dichiarazione dopo aver esaminato la questione. Per anni l’IDF non ha dichiarato di utilizzare droni armati, e i giornalisti israeliani che hanno tentato di riferire su di esso si sono scontrati con la censura dell’IDF. Israele ha utilizzato droni armati per colpire numerosi obiettivi nel corso degli anni e, secondo i rapporti, già nella guerra del 2006 in Libano e nella guerra del 2008 nella Striscia di Gaza.
Sa’diya Matar, palestinese di sessantotto anni di Idna, vicino a Hebron, aveva otto figli: quattro maschi e quattro femmine. È morta nella prigione israeliana di Damon, dove era detenuta. Le donne palestinesi non sono solo casalinghe. Plasmano generazioni di bambini infondendo loro un senso di appartenenza alla loro patria occupata; insegnano nelle scuole, lavorano negli ospedali e si prendono cura dei feriti dalle forze israeliane. Spesso sono anche combattenti e partner nella lotta contro l’occupazione. Sa’diya Matar è esemplare di quello spirito combattivo. È stata arrestata per la prima volta durante la Prima Intifada del 1987 ed è stata trattenuta in detenzione amministrativa, senza accusa né processo, nel 2017 per un periodo di tre mesi.
Nel 2021, le forze militari israeliane hanno arrestato Matar dopo averla aggredita violentemente. Al processo militare è stata accusata di aver tentato di accoltellare un soldato vicino alla moschea Ibrahimi di Hebron, ed è stata condannata a cinque anni di carcere e a una multa di 15.000 shekel.
Mentre era in prigione, la salute di Matar è peggiorata rapidamente. Questo drammatico cambiamento era sospetto, poiché iniziò a sviluppare una serie di patologie come diabete e problemi cardiaci. «Non sapevamo che fosse malata, né abbiamo ricevuto alcun aggiornamento sulle sue condizioni di salute, fatta eccezione per le notizie trasmesseci dall’avvocato», ha detto Muhammad Matar, il figlio di Sa’diya. «Durante i suoi ultimi giorni ci è stata negata la visita con il pretesto della sicurezza». La famiglia ha chiesto un’autopsia dopo aver ricevuto diverse segnalazioni di torture e negligenza medica da parte dell’autorità israeliana. Secondo l’Addameer Prisoner Support and Human Rights Association, ci sono oltre seicento prigionieri palestinesi malati nelle carceri israeliane, a duecento dei quali sono state diagnosticate condizioni croniche, inclusi ventidue malati di cancro affetti da tumori di vari gradi di gravità.
Sudan
Il conflitto tribale nel Sudan meridionale ha provocato centocinque morti e duecentonovantuno feriti nell’ultima settimana, secondo il nuovo bilancio fornito dal ministro della Sanità del Nilo Blu, Jamal Nasser. Dopo quasi una settimana di scontri a fuoco, è tornata la calma nello stato confinante con l’Etiopia, ma le violenze si sono estese a diversi altri stati mentre gli hausa, uno dei gruppi etnici coinvolti nel conflitto, si mobilitano in tutto il paese per chiedere «giustizia per i martiri».
Mali
Il governo militare del Mali ha ordinato mercoledì al portavoce della missione di pace delle Nazioni Unite MINUSMA di lasciare il paese entro settantadue ore a causa dei tweet a proposito di un incidente diplomatico con la Costa d’Avorio, che ha inasprito i rapporti con le Nazioni Unite. I leader militari, che hanno preso il potere con un colpo di Stato dell’agosto 2020, hanno combattuto con i vicini regionali e i partner internazionali per ritardi elettorali, presunti abusi dell’esercito e cooperazione con mercenari russi nel mezzo di una spirale di ribellione islamista. La giunta ha temporaneamente sospeso la rotazione delle truppe della MINUSMA la scorsa settimana, pochi giorni dopo l’arresto di quarantanove soldati delle autorità della Costa d’Avorio che si diceva fossero arrivati nel paese senza permesso.
Francia
Il presidente francese Emmanuel Macron ha invocato una ripresa dei negoziati di pace in Medio Oriente, ricordando che nuove violenze rischiano di scoppiare «in ogni momento». Ricevendo all’Eliseo il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, Macron ha osservato che «la violenza e il terrorismo, perdurano in Medio Oriente».
Regno Unito
L’ex cancelliere Rishi Sunak e la ministra degli Esteri Liz Truss si daranno battaglia per diventare il prossimo primo ministro britannico, all’indomani del voto finale dei legislatori, istituendo così l’ultima fase della gara per sostituire Boris Johnson. Il ministro del Commercio internazionale Penny Mordaunt è stato eliminato nell’ultimo turno di votazioni dei legislatori conservatori. Sunak ha ottenuto centotrentasette voti mentre Truss centotredici. La competizione per succedere a Johnson ora continuerà con il voto degli oltre duecentomila membri del partito conservatore, che selezioneranno il vincitore entro la fine dell’estate in una votazione per corrispondenza. Il vincitore, che sarà annunciato il 5 settembre, diventerà automaticamente primo ministro.
Ucraina – Russia
Gli obiettivi militari russi sono cambiati e non si concentrano più solo sull’Ucraina orientale e il Donbass ma riguardano «una serie di altri territori»: lo ha annunciato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov a RT. Non ci sono solo le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk (i territori separatisti nell’Ucraina orientale, ndr), ma anche le regioni di Kherson e Zaporizhia (nel sud) e una serie di altri territori, ha aggiunto Lavrov
La Ue ha confermato la quinta tranche, da cinquecento milioni di euro, di aiuti militari all’Ucraina: lo ha reso noto in un tweet l’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Josep Borrell.
La Siria ha annunciato ieri la rottura delle proprie relazioni diplomatiche con Kiev, conformemente al principio di “reciprocità”, dopo che l’Ucraina a fine giugno aveva preso la stessa misura in seguito al riconoscimento da parte del governo siriano delle repubbliche separatiste filo-russe.
Un lungo applauso e una standing ovation hanno accolto la First Lady ucraina Olena Zelenska al Congresso Usa.
Vladimir Putin è anche «troppo in salute», ha detto ieri il direttore della CIA William Burns, gettando acqua fredda sulle continue voci secondo cui il presidente russo sia malato mentre porta avanti la sua guerra contro l’Ucraina. Burns, parlando all’Aspen Security Forum, ha osservato che la sua dichiarazione «non è un giudizio formale dell’intelligence». Tuttavia, data la sua posizione, il commento di Burns potrebbe aiutare a smorzare le speranze tra gli avversari di Putin che la fine del russo sia vicina.
Panama
Centinaia di persone sono scese in piazza mercoledì per protestare contro i tentativi falliti del governo di arginare l’aumento del costo della vita, tra le altre richieste. In tutta la nazione centroamericana i manifestanti hanno bloccato le strade e impedito ai camion di consegnare cibo, una tattica di pressione che è stata sempre più utilizzata da quando sono scoppiate le proteste due settimane fa, dopo che l’inflazione è accelerata al 5,2% nell’anno fino a giugno.
India
La Corte Suprema dell’India ha ordinato il rilascio di un importante giornalista e fact checker musulmano arrestato il mese scorso per un tweet di quattro anni fa che, secondo la polizia, «feriva il sentimento religioso» degli indù. Mohammed Zubair, co-fondatore del sito di verifica Alt News e critico del governo del primo ministro indiano Narendra Modi, segue regolarmente e mette in evidenza i discorsi di odio anti-musulmano degli attivisti di destra indù, principalmente nei suoi tweet. Settimane prima del suo arresto, avvenuto un mesetto fa, Zubair ha evidenziato ciò che alcuni interpretavano come commenti sprezzanti fatti da Nupur Sharma, portavoce del Bharatiya Janata Party (BJP) di Modi, sul profeta Maometto. Mercoledì, la Corte Suprema ha ordinato che Zubair fosse rilasciato immediatamente dal carcere, rilevando che non vi era alcuna giustificazione per tenerlo in custodia e che «il potere di arresto deve essere usato con parsimonia».
Sri Lanka
Lo Sri Lanka si sta preparando a ulteriori disordini, dopo che il presidente ad interim appena nominato, Ranil Wickremesinghe, ha promesso di reprimere le proteste che hanno rovesciato il suo predecessore, condannandole come «contro la legge». Parlando dopo che i parlamentari lo hanno scelto come successore di Gotabaya Rajapaksa, Wickremesinghe ha chiarito che non avrebbe tollerato coloro che fomentano la violenza. «Se si tenta di rovesciare il governo, occupare l’ufficio del presidente e l’ufficio del primo ministro, quella non è democrazia; è contro la legge», ha detto. «Ci occuperemo di loro con fermezza secondo la legge. Non permetteremo a una minoranza di manifestanti di sopprimere le aspirazioni della maggioranza silenziosa che chiede a gran voce un cambiamento nel sistema politico». Wickremesinghe dovrebbe nominare oggi il leader del parlamento, e suo vecchio compagno di scuola, Dinesh Gunawardena, come nuovo primo ministro. Gunawardena è conosciuto come un forte lealista di Rajapaksa e ha servito nel Gabinetto quando Mahinda Rajapaksa era presidente, poi nuovamente quando era presidente il fratello Gotabaya Rajapaksa. Nei giorni scorsi Wickremesinghe, che questa settimana ha dichiarato lo stato di emergenza, aveva rilasciato dichiarazioni che definivano i manifestanti “fascisti” e indicando che non avrebbe avuto paura di reprimere le manifestazioni. Meno di un’ora dopo essere stato dichiarato presidente, mercoledì, è stata emessa un’ordinanza del tribunale che vieta a chiunque di radunarsi entro un raggio di cinquanta metri da una statua che si trova a Galle Face a Colombo, dove si sono accampati i manifestanti spinti dal crollo economico del paese per mesi. Tuttavia, le persone hanno sfidato l’ordine e a dozzine si sono radunate sui gradini degli uffici del presidente, ancora occupati dal movimento di protesta, per gridare “deal Ranil” — riferimento alla reputazione di Wickremesinghe come politico pettegolo — così come “Ranil rapinatore di banche”, riferendosi a una truffa su un’obbligazione bancaria in cui è stato implicato.
Dopo essere stato scelto dai parlamentari come presidente, Wickremesinghe ha chiesto ai partiti di opposizione di «porre fine alle divisioni» e ha affermato di voler «riunire tutti in modo che si formi un consenso nazionale sulla via da seguire». Tuttavia restano dubbi sul fatto che Wickremesinghe sia in grado di mettere insieme un governo di unità interpartitica accettabile per il popolo, dopo che i principali partiti di opposizione hanno promesso il proprio sostegno al candidato presidenziale da lui sconfitto.
Indonesia
La maggior parte delle province indonesiane, e decine di città, impongono codici di abbigliamento discriminatori e abusivi a donne e ragazze, ha affermato oggi Human Rights Watch. L’impatto dannoso di questi regolamenti è evidente nei resoconti personali delle donne indonesiane — come studentesse, insegnanti, dottori. Il ministero dell’Interno indonesiano, che sovrintende ai governi locali, dovrebbe invalidare quei decreti locali, più di sessanta dei quali sono in vigore in tutto il paese. Il governo centrale, tuttavia, non ha l’autorità legale per revocare le leggi locali, come il codice di abbigliamento del 2004 nella provincia di Aceh ispirato alla Sharia, la legge islamica. Ma le regole del governo autorizzano comunque il ministero dell’Interno ad annullare gli ordini esecutivi locali che contraddicono le leggi nazionali e la costituzione.
«Il presidente Joko Widodo dovrebbe immediatamente revocare i decreti provinciali e locali discriminatori e che violano i diritti delle donne e delle ragazze», ha affermato Elaine Pearson , direttrice ad interim per l’Asia presso Human Rights Watch. «Questi decreti fanno un danno reale e, in pratica, finiranno solo con l’azione del governo centrale».
Le autorità locali hanno emesso decreti discriminatori, come ordini esecutivi, a partire dal 2001 in tre reggenze: Indramayu e Tasikmalaya nella provincia di West Java e Tanah Datar nella West Sumatra. Tali normative locali restrittive sono apparse e si sono diffuse rapidamente negli ultimi due decenni, costringendo milioni di ragazze e donne in Indonesia a iniziare a indossare il jilbab, o hijab, il copricapo femminile che copre i capelli, il collo e il petto. Di solito è richiesto in combinazione con una gonna lunga e una camicia a maniche lunghe.
I funzionari che hanno emesso i decreti sostengono che il jilbab è obbligatorio per le donne musulmane per coprire le parti intime del corpo, che i funzionari ritengono includano i capelli, le braccia e le gambe, ma a volte anche la forma del corpo della donna. Donne e ragazze devono affrontare pressioni sociali e minacce di possibili sanzioni se non rispettano le normative.
Human Rights Watch ha intervistato più di cento donne che hanno subito abusi e restrizioni a lungo termine per essersi rifiutate di indossare il jilbab. Human Rights Watch ha raccolto il testo dei regolamenti e li ha inclusi come allegato a un rapporto del 2021. Le autorità della provincia del Sulawesi meridionale hanno adottato l’ultimo decreto nell’agosto 2021. Il rapporto del 2021 ha documentato il diffuso bullismo su ragazze e donne per costringerle a indossare il jilbab, nonché il profondo disagio psicologico che il bullismo può causare. In almeno ventiquattro delle trentaquattro province del paese, le ragazze che non si sono conformate sono state costrette ad abbandonare la scuola o si sono ritirate sotto pressione, mentre alcune funzionarie donne, tra cui insegnanti, dottori, dirigenti scolastici e docenti universitari, hanno perso il lavoro o si sono sentite obbligate a dimettersi. Il bullismo e l’intimidazione per indossare il jilbab avvengono anche sui social media. In due casi Human Rights Watch ha documentato minacce di violenza veicolate tramite Facebook. Le interviste di Human Rights Watch hanno rivelato che messaggi intimidatori e minacciosi sono stati inviati anche su app di messaggistica, come WhatsApp.
Australia
Un ex giornalista televisivo è stato condannato a più di sette anni di carcere per guida colposa, dopo aver causato la morte di un suo amico in un incidente d’auto mentre era ubriaco guidando quasi al doppio del limite di velocità. Trent Evans, quarantacinque anni, si è asciugato le lacrime quando oggi è stato condannato a sette anni e dieci mesi dal tribunale della contea di Melbourne. Potrà richiedere la libertà condizionale dopo aver scontato cinque anni e due mesi. Evans in precedenza si era dichiarato colpevole di guida pericolosa che ha causato la morte, dopo aver perso il controllo di una Mercedes appartenente al suo amico, Rex Willox, il 27 febbraio 2021.
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