21 marzo 2023 – Notiziario in genere

Scritto da in data Marzo 21, 2023

Messico: cinque donne trovate morte carbonizzate. Andorra: attivista per il diritto all’aborto a processo. Per la comunità Lgbtqi, in Uganda, va sempre peggio. Iran: il parlamento europeo chiede una missione Onu per indagare sull’avvelenamento delle studenti.

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Messico

Flickr/ Guanajuato México | Plaza de Armas, Celaya

Cinque donne sono state trovate morte carbonizzate nel Messico centrale: si tratta di uno dei peggiori episodi di violenza di genere nel Paese. Il 7 marzo scorso sei donne tra i 19 e i 48 anni, erano scomparse a Celaya nel Guanajuato, uno stato del Messico centrale dove convivono industria, turismo e violenza della criminalità organizzata. I resti carbonizzati di cinque di queste donne sono stati ritrovati nei giorni scorsi: a darne notizia alla stampa il procuratore statale Carlos Zamarripa. Le indagini stanno cercando di stabilire i moventi dei delitti, mentre nel frattempo sono state arrestate sei persone, che hanno affermato di appartenere a un gruppo criminale dello stato di Tamaulipas, nel nordest del Paese. Nel 2022 Guanajuato è stato il più violento dei trentadue stati del Messico, con 3.260 omicidi. Due bande criminali, Santa Rosa de Lima e il cartello Jalisco Nueva Generacion, si danno battaglia qui contendendosi il traffico di droga e il furto di carburante. Secondo le Nazioni Unite, ogni giorno in Messico vengono uccise dieci donne: nel 2022 ne sono state ammazzate, secondo i dati ufficiali, in totale 3.754. La guerra tra cartelli e l’intervento delle forze di sicurezza hanno causato decine di migliaia di morti e dispersi in Messico dal 2006.

Andorra

«Vengo trattata come una criminale, ma non ho fatto nulla di sbagliato. Non cesserò di chiedere diritti per le ragazze e le donne di Andorra, compreso il diritto di abortire». Vanessa Mendoza Cortés, presidente di “Stop alla violenza”, secondo Amnesty International potrebbe presto essere processata solo per aver parlato in difesa dei diritti delle donne in Andorra, compreso il diritto all’aborto. «Nel piccolo stato dei Pirenei incastonato tra Spagna e Francia, anche solo parlare di aborto sicuro può costare l’accusa di crimini contro il prestigio delle istituzioni. Temiamo − dice l’ong − che il procedimento giudiziario avviato, nel 2019, nei confronti di Vanessa Mendoza Cortés, per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione così come i plurimi tentativi di delegittimare le sue azioni in difesa dei diritti umani delle donne e delle ragazze, e in particolare i loro diritti sessuali e riproduttivi, siano coerenti con un modello globale di intimidazione volto a impedire alle donne che difendono i diritti umani di contrastare la discriminazione e promuovere l’uguaglianza. Se condannata, rischia una multa salatissima e l’iscrizione al casellario giudiziario». Amnesty chiede alle autorità andorrane di far cadere l’accusa contro Vanessa Mendoza Cortés. «L’aborto deve essere legale e sicuro. Ovunque».

Uganda

“Devianti”

Flickr/Foreign, Commonwealth & Development Office | H.E Yoweri Kaguta Museveni, President of Uganda at the Somalia Conference in London, 7 May 2013.

Il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha descritto i gay come “devianti” e ha chiesto un’indagine sull’omosessualità, mentre i legislatori della nazione conservatrice dell’Africa orientale si preparano a votare un disegno di legge anti-lgbtq. La proposta legislativa, presentata all’inizio di questo mese, propone nuove severe sanzioni per le relazioni omosessuali in un paese in cui l’omosessualità è già illegale, suscitando critiche da parte dei gruppi per i diritti umani, dice l’AFP. In un discorso sullo stato della nazione davanti ai legislatori, Museveni, che governa l’Uganda dal 1986, ha definito i gay devianti. «Gli omosessuali sono deviazioni dalla normalità. Perché? È per natura o per educazione. Dobbiamo rispondere a queste domande», ha detto il settantottenne. «Abbiamo bisogno di un parere medico su questo. Ne discuteremo a fondo».

In base alla proposta di legge, chiunque intraprenda attività omosessuali o si identifichi come LGBTQ rischia fino a dieci anni di reclusione. Il disegno di legge arriva mentre le teorie del complotto che accusano oscure forze internazionali di promuovere l’omosessualità stanno prendendo piede sui social media in Uganda. «I paesi occidentali dovrebbero smettere di sprecare il tempo dell’umanità cercando di imporre le loro pratiche ad altre persone», dice Museveni in un discorso boicottato da tutti i legislatori dell’opposizione tranne uno. «Gli europei e altri gruppi sposano cugini e parenti stretti. Qui, sposarsi nel proprio clan è un tabù. Dovremmo imporre loro sanzioni per aver sposato parenti? Questo non è il nostro lavoro», aggiunge. L’Uganda è nota per l’intolleranza dell’omosessualità − che è criminalizzata dalle leggi dell’era coloniale − e per le rigide opinioni cristiane sulla sessualità in generale. Ma dall’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962 non c’è mai stata una condanna per attività omosessuale consensuale.

Gli arresti

Il giorno seguente la polizia dell’Uganda ha affermato di aver arrestato sei uomini. La loro colpa? «Praticare l’omosessualità». «Attraverso una rete di intelligence, abbiamo arrestato i sei uomini in una stanza nella città di Jinja dove praticavano l’omosessualità», spiega il portavoce della polizia, James Mubi. «Siamo stati informati che i sei facevano parte del gruppo più ampio di Jinja impegnato in atti di omosessualità e facciamo appello al pubblico affinché fornisca alla polizia informazioni che portino all’arresto dei restanti membri del gruppo».
Jinja si trova a 80 chilometri a est della capitale Kampala. Nel 2014 l’Uganda aveva approvato un disegno di legge che prevedeva l’ergastolo per le persone dello stesso sesso sorprese in atti sessuali. Un tribunale ha poi annullato la legge per un tecnicismo, ma il Paese era stato comunque raggiunto da una ferma condanna internazionale, con alcune nazioni occidentali che in risposta hanno congelato o reindirizzato milioni di dollari di aiuti governativi.

Iran

Flickr/youngrobv |
Iran Esfahan

Nei giorni scorsi l’Eurocamera ha condannato con la massima fermezza gli «atroci incidenti dal novembre 2022, in cui migliaia di ragazze e donne in tutto l’Iran sono state attaccate con sostanze chimiche tossiche per impedire loro di frequentare istituti scolastici». Il parlamento europeo ha approvato un testo − con 516 sì, 5 no e 14 astensioni − per chiedere alle autorità iraniane di garantire alle ragazze un accesso non discriminatorio all’istruzione, e di abrogare qualsiasi legislazione che discrimina le ragazze e le donne. Eurodeputate ed eurodeputati chiedono inoltre che il consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite incarichi una missione internazionale indipendente di condurre accertamenti sugli avvelenamenti delle studentesse, e affinché i responsabili siano individuati. Il Parlamento ribadisce inoltre il suo invito al Consiglio a considerare il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche come organizzazione terroristica e ad ampliare l’elenco delle sanzioni Ue.

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