23 settembre 2019 – Notiziario in genere
Scritto da Radio Bullets in data Settembre 23, 2019
Manifestazioni in Spagna contro la violenza sulle donne. La situazione in Sudafrica e l’allarme del presidente. Le app per le donne e la cultura dello stupro in Ruanda.
Il webnotiziario in Genere di Radio Bullets, a cura di Lena Maggiaro e con la voce al microfono di Barbara Schiavulli.
Soundtrack: Jessie Reyez – Figures / Simon & Garfunkel – The sound of silence / Mini Thin – It’s your time
Dalla Spagna
Migliaia di manifestanti si sono radunate e radunati venerdì 20 settembre per dare un segnale contro la violenza domestica a Madrid. L'”emergenza femminista”, come l’hanno chiamata le organizzatrici, ha attecchito in oltre 200 città spagnole e fatto breccia anche a Parigi, Lisbona e Buenos Aires, si legge su Euronews. Violenza domestica e parità di genere i leit motiv della intera manifestazione.
I dati infatti sono ormai bollettini di guerra un pò ovunque: in Europa ma anche in Argentina e in Brasile. In Spagna, in particolare, 42 sono state le donne uccise dai propri compagni nel 2019, e 32 i bambini che sono rimasti orfani di madre. Solo questa settimana, a meno di 48 ore una dall’altra, sono state uccise altre due donne.
Il tema è molto sentito in Spagna, dove lo scorso 8 marzo, durante la festa internazionale per le donne, si è svolta, ricorda ancora Euronews, una imponente manifestazione dove erano presenti fino a 375mila persone (altre 200mila nella sola Barcellona) secondo i dati ufficiali citati da El País.
In Francia, nel 2017, 125 persone sono morte sotto i colpi del loro partner o ex: 109 donne e 16 uomini, secondo i dati del governo. Una donna muore ogni 3 giorni.
E in Italia? I numeri dell’Istat arrivano fino al 2017: quell’anno, le donne assassinate erano state 115 . Dal 1° agosto 2017 al 31 luglio 2018 le donne vittime di femminicidio sono state 92 (il 68,7 per cento dei 134 omicidi in ambito familiare). “Una media di 150 l’anno, quasi uno ogni due giorni”, aveva detto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede “Le sentenze ci dicono che sul totale delle condanne per omicidi di donne, l’85 per cento sono classificabili come femminicidio, perché avvenuti in ambito familiare o all’interno di relazioni sentimentali poco stabili. Nel 2017 sono state 2.018 le sentenze definitive per violenza sessuale, 1.827 quelle per stalking”.
L’allarme del presidente sudafricano
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa afferma che è necessaria un’azione urgente per affrontare la violenza di genere nel paese. In una seduta di emergenza del parlamento, Ramaphosa ha affermato che le cifre relative alla violenza contro donne e bambini sono simili a quelle di un paese in guerra. Circa 2.700 donne e 1.000 bambini sono stati assassinati da uomini l’anno scorso e ogni giorno sono stati segnalati almeno 100 stupri, si legge sulla BBC.
Il picco di violenza contro le donne ha innescato proteste in molte aree. “C’è un’ombra oscura e pesante attraverso la nostra terra. Donne e bambini sono sotto assedio”, dice Ramaphosa, descrivendo il Sudafrica come “uno dei luoghi più pericolosi al mondo in cui essere una donna”. Il presidente ha promesso 75 milioni di dollari in investimenti per delle misure che coprano l’educazione pubblica, il rafforzamento del sistema di giustizia penale, l’aumento delle condanne per gli autori di reati sessuali e migliore assistenza alle vittime. Il piano include anche misure per migliorare la condizione economica delle donne.
I femminicidi registrati dalla polizia sono aumentati ogni anno nell’ultimo decennio e quest’anno i reati sessuali, incluso lo stupro, sono aumentati del 4,6%. Il Sudafrica può essere paragonato a una zona di guerra? I tassi di criminalità in Sudafrica sono davvero in aumento? Ramaphosa ha anche affrontato la questione dei recenti attacchi xenofobi nell’area di Johannesburg alcuni giorni fa e ha riconosciuto che il Sudafrica sta affrontando una grave crisi di violenza e intolleranza.
Ecco alcuni casi recenti che hanno sollevato indignazione in Sudafrica, elencati dalla BBC:
- La studentessa Janika Mallo, 14 anni, viene violentata e muore dopo essere stata apparentemente colpita in testa con un blocco di cemento; non sono stati effettuati arresti
- Uyinene Mrwetyana, 19 anni, viene presumibilmente attirata nella sala di un ufficio postale, violentata e devastata a morte; un impiegato dell’ufficio postale viene accusato di omicidio
- La studentessa Jesse Hess, 19 anni, e suo nonno Chris Lategan, 85 anni, sono stati trovati morti nella loro casa; non sono stati effettuati arresti
- La pugile Leighandre “Baby Lee” Jengels, 25 anni, viene uccisa a colpi di arma da fuoco in una macchina dal suo ex fidanzato, un ufficiale di polizia, che poi muore per le ferite riportate in un incidente d’auto mentre cerca di fuggire
- La showjumper Meghan Cremer, 30 anni, viene trovata morta in una fossa poco profonda, secondo quanto riferito con una corda intorno al collo; tre persone sono state accusate di omicidio
- Parti del corpo di Lynette Volschenk, 32 anni, vengono trovate in sacchi di rifiuti in un condominio: arrestato un sospetto
La cultura dello stupro in Ruanda
La cultura dello stupro in Ruanda prospera sulle aspettative sociali e sul silenzio, si legge su un articolo del New Times. Il silenzio è una cultura di cui siamo stati condizionati a far parte. È fondamentale capire come le diverse aspettative culturali come il silenzio possano plasmare le esperienze di violenza delle persone, dice Bonitah Kobusingye, una femminista. In Ruanda, aggiunge, il “non condividere molto” ha un forte valore.
“Il silenzio e l’occultamento sono accettati quando si tratta di violenza”. Le informazioni del centro One-Stop di Isange mostrano che quest’anno (da gennaio ad agosto), sono stati segnalati solo 12 casi di violenza sessuale. Ma a seconda di quanto sia diffuso questo problema, le statistiche indicate mostrano che sono solo poche le vittime a denunciare questi casi. Per alcuni, il sistema del patriarcato è profondamente radicato nella cultura ruandese ed è uno dei fattori che lo perpetuano. Ange Ashimwe, una attivista di genere, crede che le molestie sessuali siano sistemiche e che l’unico modo per cambiarle è cambiare il sistema. Le molestie sessuali non sono qualcosa che accade solo a causa di circostanze o desideri. Le ragioni sono insite nello squilibrio nel potere e come la società preveda quel potere, dice.
Gli uomini detengono molte più posizioni di potere in tutti i quartieri, anche nelle sfere dominate dalle donne; gli uomini hanno maggiori probabilità di essere il direttore o gli amministratori, aggiunge.
“La società non ha ancora considerato le molestie sessuali come un problema serio e la maggior parte delle volte, incolpano la vittima per essere stata aggredita o addirittura trasformarla in uno scherzo”.
Ashimwe crede che le molestie sessuali siano alimentate principalmente da racconti, miti e standard sbagliati sulle donne e dalla prospettiva della mascolinità da parte della società che ritrae i corpi delle donne interamente esistenti per gli uomini e le donne deboli e sottomesse agli uomini. “Queste convinzioni tossiche non solo alimentano le molestie sessuali dilaganti e la violenza di genere, ma nutrono anche culture abusive e tossiche che mettono a tacere le donne”.
Le app per le donne
Alcuni giornali francesi si sono occupati di recente delle applicazioni pensate per dare un aiuto immediato alle donne che si trovano in una situazione di pericolo ed emergenza; e che hanno, a seconda dei casi, funzionalità e principî molto diversi tra loro. Alcune di queste app, ricostruisce Il Post, hanno attirato le critiche di molte attiviste femministe; altre, come App-Elles, disponibile anche in Italia, sono state generalmente apprezzate.
I prerequisiti di una buona app anti-abuso, come vengono chiamate, dovrebbero essere la sua gratuità, il collegamento con operatori e personale specificatamente formato per affrontare la violenza di genere, e la tutela da ulteriori potenziali rischi a cui l’app stessa, attraverso i servizi di geolocalizzazione o conservazione dei dati, potrebbe esporre. Spesso la descrizione con cui quelle stesse applicazioni vengono presentate è però molto generica e fuorviante: molte, di fatto, non garantiscono un pronto intervento ma soltanto una serie di informazioni, sebbene spesso utili.
App-Elles, si legge ancora su Il Post, è l’app che è stata più apprezzata dagli esperti. È stata introdotta nel 2015 in Francia da Diariata N’Diaye, che per sette anni ha lavorato con l’Observatoire des violences faites aux femmes, e quindi è competente sul tema. L’applicazione è molto semplice, è gratuita e garantisce il completo anonimato. Permette alle potenziali vittime di violenza, in caso di emergenza, di contattare con un messaggio tre persone di fiducia che
loro stesse hanno scelto. Permette anche di contattare i servizi di emergenza (il 112) o le associazioni e i professionisti che forniscono aiuto. Non permette di contattare estranei, non raccoglie informazioni personali e rende disponibile la posizione solo ai tre contatti pre-impostati.
Quando si attiva un avviso su App-Elles, il GPS e il microfono del telefono vengono attivati immediatamente. Grazie alle informazioni fornite dall’avviso, i contatti possono chiamare i servizi di emergenza per conto della persona che si trova in pericolo e fornire loro i dettagli specifici sulla posizione, sullo stato di salute e sul tipo di situazione di crisi. Quando viene attivato un avviso, parte inoltre una registrazione e uno streaming audio in diretta che può essere ascoltato dai tre contatti e riutilizzato come prova in caso di denuncia e indagine. Tutte le informazioni e i dati raccolti durante l’avviso vengono memorizzati in un server cui l’utente e i suoi contatti hanno accesso per 14 giorni, prima che vengano completamente cancellati.
Il consiglio che App-Elles dà alle sue utenti, scrive ancora Il Post, è spiegare bene ai tre contatti scelti come funziona l’app e quale sia il loro ruolo. App-Elles può svolgere una funzione anche in caso di violenza domestica. Un’opzione consente di nascondere l’app dandole l’aspetto di un’altra applicazione: una protezione utile in caso di aggressioni all’interno della propria casa e di cybersorveglianza familiare. Secondo Anaïs Leleux, femminista dell’associazione NousToutes, App-Elles – che ha vinto anche diversi premi – è l’applicazione migliore creata fino a oggi contro la violenza sulle donne: «Diariata è impegnata su questi temi da molto tempo, si è circondata di esperti e ha da subito voluto che la sua app non potesse essere usata contro le sue utenti».
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