24 aprile 2021 – Notiziario Africa
Scritto da Giusy Baioni in data Aprile 24, 2021
Ascolta il podcast
- Malaria: Oxford annuncia l’efficacia di un vaccino in sperimentazione per l’età pediatrica (copertina).
- Ciad: ai funerali di Idriss Déby, Macron promette di «difendere la stabilità e l’integrità del Ciad».
- Somalia: l’Unione Africana condanna la proroga del mandato del presidente Farmajo.
- Etiopia: secondo il Dipartimento di Stato Usa, non ci sono prove del ritiro dei soldati eritrei.
- Madagascar: vietate manifestazioni e interdette trasmissioni audio/video che interagiscono col pubblico, le opposizioni gridano alla censura.
Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giusy Baioni
Malaria
Un vaccino sperimentale contro la malaria ha dimostrato un’efficacia senza precedenti (77%) negli studi condotti in Africa, facendo sperare in una svolta nella lotta contro la malattia che uccide principalmente i bambini. L’annuncio viene dall’Università di Oxford, che lo ha sviluppato.
NEW: Oxford researchers find malaria vaccine is highly effective:
• Vaccine efficacy of 77% in African children
• Vaccine, trialled in 450 children, shows favourable safety profile and was well-tolerated
More info ⬇️https://t.co/vOvEuICo2Q
— University of Oxford (@UniofOxford) April 23, 2021
Il vaccino, R21/Matrix-M, è il primo a raggiungere l’obiettivo di efficacia del 75% fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha affermato l’università che sta collaborando con la società statunitense Novavax. Pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet, «questi nuovi risultati danno una grande speranza nel potenziale di questo vaccino», ha commentato il professor Adrian Hill, direttore del Jenner Institute dell’Università di Oxford, che ha anche sviluppato il vaccino anti-Covid con AstraZeneca. Il siero, che sarà approvato entro due anni, offre speranza in un momento in cui crescono i timori di resistenza alle cure della malaria.
Ciad
Si sono svolti ieri i funerali di Idriss Déby Itno. Il maresciallo Déby è stato seppellito a Amdjarass, nel Ciad orientale, vicino al confine con il Sudan, nella più rigorosa privacy della famiglia dopo che nella capitale Ndjamena si era svolta una cerimonia di tributo a Place de la Nation. Dodici i capi di stato e di governo presenti. Fra loro spiccava la presenza di Emmanuel Macron.
Impassibile il nuovo uomo forte del Ciad, Mahamat Idriss Déby, figlio del defunto. Hinda Déby, l’ultima moglie del defunto presidente, ha invitato i ciadiani a portare avanti i valori della coesione nazionale come avrebbe voluto il marito. Da parte sua, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha reso omaggio a Idriss Déby parlando di sacrificio per il suo popolo. Il Presidente della RDC, anche attuale Presidente dell’Unione Africana, ha invitato il popolo ciadiano all’unità e al rispetto delle regole democratiche stabilite dalla Costituzione. Il presidente burkinabè Roch Marc Christian Kaboré ha insistito sul comune impegno militare nel Sahel.
Emmanuel Macron, unico capo di stato occidentale ad aver compiuto il viaggio, nella sua orazione funebre ha elogiato il valore del combattente Déby: «Caro presidente, caro maresciallo, caro Idriss (…) hai vissuto da soldato, sei morto da soldato, con le armi in mano». A margine della cerimonia, Macron ha parlato con i presidenti del Sahel e con il presidente del Consiglio militare di transizione del Ciad, offrendo sostegno al processo di transizione civile-militare in corso, ma mostrando anche fermezza sulla durata della transizione. «La Francia non permetterà mai a nessuno, né oggi né domani, di mettere in dubbio la stabilità e l’integrità del Ciad», ha promesso Macron nella sua orazione funebre.
Al di là degli omaggi di rito, resta generale la preoccupazione per il futuro immediato del Ciad, retto ora da un Consiglio militare a capo del quale c’è il giovane figlio di Déby: la costituzione è stata sospesa e governo e parlamento sciolti.
Somalia
Il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana ha condannato, giovedì 22 aprile, la decisione unilaterale del presidente somalo Mohamed Farmajo di auto-prorogarsi il mandato di due anni. L’Unione Africana ha anche deciso di nominare un inviato speciale per cercare di far uscire il paese dalla crisi. Mentre la nazione si trova ad affrontare un grave stallo politico e le elezioni previste per lo scorso anno non si sono ancora svolte, la camera bassa ha permesso al capo dello Stato di restare al potere per altri due anni, anche se il suo mandato è scaduto a febbraio. La reazione del Consiglio per la pace e la sicurezza è stata tardiva ma ferma. L’organismo ritiene che la proroga del mandato di Mohamed Farmajo «mina l’unità e la stabilità somala». Il presidente somalo è intanto appena tornato dalla Repubblica Democratica del Congo, dove ha chiesto la mediazione di Félix Tshisekedi, presidente di turno dell’UA.
Sul terreno la situazione resta estremamente tesa: giovedì è scoppiata addirittura una rissa all’aeroporto tra funzionari dell’intelligence e impiegati dell’immigrazione, a causa di un volo sospetto appena giunto a Mogadiscio. Temendo una spirale, l’Unione Africana ha chiesto alla forza Amisom di monitorare l’esercito somalo e organizzare un incontro di emergenza.
Etiopia
Secondo il Dipartimento di Stato USA, non ci sono ancora prove di un ritiro delle truppe eritree dal Tigray: a fine marzo, il primo ministro etiope Abyi Ahmed aveva per la prima volta riconosciuto la presenza dei soldati di Asmara nel Tigray annunciandone il ritiro, ma diverse fonti confermano che sono ancora presenti. Questa dichiarazione conferma quella della scorsa settimana fatta al Consiglio di sicurezza dell’Onu da Mark Lowcock, il responsabile delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, secondo cui i soldati inviati da Asmara ora indosserebbero le uniformi dell’esercito etiope.
Intanto, Amnesty International segnala che il 12 aprile i soldati eritrei avrebbero sparato sulla folla ad Adwa, nel Tigray meridionale, uccidendo una decina di persone. Una settimana fa Asmara aveva per la prima volta riconosciuto la presenza dei suoi soldati sul suolo etiope, ricordando che avevano accettato di ritirarsi. L’Eritrea, invece, aveva accusato l’Onu di produrre «falsi rapporti», convocando i suoi rappresentanti nel paese per protestare ufficialmente. La situazione sul campo è intanto molto critica: quasi 4,5 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari su una popolazione di 6 milioni.
Repubblica Democratica del Congo
Sono in corso a L’Aja, presso la Corte Internazionale di Giustizia, le udienze per il contenzioso che oppone la RDC all’Uganda. Nel 2005 questo tribunale delle Nazioni Unite aveva dichiarato l’Uganda colpevole di interferire negli affari della Repubblica Democratica del Congo e aveva ordinato riparazioni per i danni causati durante l’occupazione dell’Ituri da parte dell’esercito ugandese, tra il 1998 e il 2003. Kinshasa chiede ora più di 13 miliardi di dollari a Kampala.
Ma per l’Uganda si tratta di affermazioni “infondate” e “sproporzionate”. Lo Stato ugandese si rifiuta di risarcire tutti i danni causati tra il 1998 e il 2003, considerando la responsabilità ampiamente condivisa, come ha spiegato alla corte il procuratore generale, William Byaruhanga: «Sono stati infatti diversi i conflitti che hanno coinvolto almeno nove stati − Angola, Burundi, Ciad, RDC, Libia, Namibia, Ruanda, Sudan e Zimbabwe − e almeno 21 gruppi armati irregolari presenti nello stesso momento». Se i giudici dell’ICJ dovessero trattenere l’importo richiesto dalla RDC, l’Uganda sarebbe quasi rovinata, ha affermato il procuratore generale. «Significherebbe che quasi il doppio della spesa pubblica annuale dell’Uganda dovrebbe essere trasferita alla RDC. Il costo per il popolo ugandese sarebbe enorme».
Intanto, sul fronte della giustizia interna, è stato emesso un avviso di ricerca per il gen. John Numbi, potentissimo capo della polizia sotto Kabila e sospettato di essere il mandante dell’assassinio di due attivisti per i diritti umani, Floribert Chebeya e Fidèle Bazana. Dopo le rivelazioni di RFI, il caso era stato rilanciato il mese scorso. Da allora Numbi è latitante. Tutti i servizi di sicurezza sarebbero mobilitati per trovarlo, ma una ong, l’Acaj, già qualche settimana fa lo dava in fuga all’estero, forse in Zimbabwe. Per le parti civili e il loro avvocato Me Peter Ngomo, l’avviso di ricercato e il mandato di cattura sono una buona notizia, è un primo riconoscimento del coinvolgimento del generale. Ma secondo alcuni, questi atti sarebbero arrivati volutamente troppo tardi, per dar tempo a Numbi di fuggire.
Madagascar
Dal 22 aprile sono state vietate in Madagascar le manifestazioni pubbliche e la trasmissione di diversi programmi radiofonici e audiovisivi «che potrebbero turbare l’ordine e la sicurezza pubblica e danneggiare l’unità nazionale», sullo sfondo della crisi sanitaria. La decisione colpisce in particolare le trasmissioni con interventi telefonici da parte degli ascoltatori e quelle contenenti dibattiti politici. Non meno di nove programmi sono stati banditi dal governo, da ieri, venerdì 23 aprile, e per tutta la durata dell’emergenza sanitaria (quindici giorni). L’elenco, specifica il testo, può essere esteso. Secondo Joël Ralaivaohita, il direttore editoriale del canale MBS, di proprietà dell’ex presidente Marc Ravalomanana, che è uno dei canali colpiti, «è un ostacolo alla libertà di espressione. Non vediamo il collegamento tra la lotta contro la pandemia e questo divieto di trasmissione. Se fosse stata una buona idea, un simile passo sarebbe stato fatto in diversi paesi del mondo, e non lo è».
Niger
Il Niger proroga lo stato di emergenza per la pandemia. Il decreto è stato adottato giovedì 22 aprile dal Consiglio dei ministri a Niamey. Un ”pretesto”, secondo la società civile, che denuncia il mantenimento delle restrizioni sui raduni mentre le cifre sono molto basse. Con 17 ricoveri per coronavirus e nessun paziente in terapia intensiva, il Niger non è certo in difficoltà.
È proprio per tenere sotto controllo la pandemia che si prolunga questo stato di emergenza sanitaria, spiega il ministro della Salute Illiassou Idi Mainassara: «Proprio ieri abbiamo effettuato 200 test, di cui solo uno positivo. Se questo caso vuole viaggiare, gli è vietato partire perché è positivo. Solo lo stato di emergenza consente l’applicazione di questa misura».
Kenya
In Kenya le persone che vivono con l’HIV temono di morire a causa della carenza di farmaci antiretrovirali. I pazienti hanno iniziato a fare pressione sul governo con proteste di piazza, durante le quali indossano magliette e portano poster con slogan come “Una nazione malata è una nazione morta” e “Governo assassino”. Chiedono che il governo rilasci i farmaci, trattenuti nei depositi doganali. Quest’anno le autorità fiscali del Kenya hanno iniziato a chiedere ai donatori internazionali di pagare le tasse sui farmaci che vengono donati. Cosa che i donors hanno rifiutato.
Senegal
Giovedì 22 aprile si è tenuto a Dakar, in Senegal, un consiglio presidenziale del tutto particolare: col capo dello stato Macky Sall c’erano infatti rappresentanti di giovani, sindacati, strutture di finanziamento, formatori e partner finanziari. Un incontro senza precedenti per «parlare faccia a faccia» con i giovani, secondo la presidenza. Il ministro dell’Economia Amadou Hott ha dettagliato un programma di emergenza e ha lanciato un appello al settore privato, per «accelerare la creazione di posti di lavoro e lavoro autonomo, rafforzare ed espandere la formazione professionale». L’incontro è stato organizzato dopo le violente manifestazioni di marzo che avevano scosso il paese.
Ti potrebbe interessare anche:
- Le bambine viol(ent)ate di Puerto Quito
- Coronavirus, l’Africa spera nel superamento dei brevetti dei vaccini
- Il corpo è mio (o meglio, dovrebbe)
- Comunicazione 19 – La grande pandemia
- Yemen: Antisar, la guerra sul corpo di una donna
- Chiedilo a l*i: Posso darti del they/them?
- Le passage
- L’eterna lotta per (r)esistere
- Iraq: decine di morti per incendio in un ospedale covid
E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta recandosi sul posto, potete sostenerci andando su Sostienici