25 gennaio 2024 – Notiziario Africa
Scritto da Giunio Santini in data Gennaio 25, 2024
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- Libertà di stampa: mai così alto il numero di giornalisti incarcerati in Africa.
- Repubblica democratica del Congo: Félix Tshisekedi al giuramento, duri i commenti delle opposizioni.
- Egitto: sale la tensione con l’Etiopia per l’accordo con il Somaliland.
Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini.
Libertà di stampa
Il 2023 è stato un anno record per le incarcerazioni dei giornalisti in Africa e nel mondo. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), i reporter attualmente detenuti nelle prigioni africane sono 67, con un aumento di più del 15% rispetto all’anno scorso.
Maglia nera gli attacchi alla libertà di stampa nel continente va all’Eritrea che attualmente impone misure cautelari a 16 giornalisti, seguita da Egitto e Etiopia con, rispettivamente, 13 e 8 reporter in prigione.
Al livello globale, i giornalisti in carcere sono oltre 320, secondo numero più alto – dopo quello dell’anno scorso – da quando il Comitato ha iniziato il suo censimento annuale nel 1992. Come dichiarato dal CPJ, sebbene gli ultimi dati rappresentino un calo rispetto ai 367 del 2022, questo è dovuto principalmente al rilascio in attesa della sentenza di molti iraniani arrestati durante le proteste.
Mai così negativo lo stato della libertà di stampa in Israele e nei territori palestinesi occupati, con 17 giornalisti attualmente in carcere e oltre 100 uccisi dagli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza.
Il Comitato per la protezione dei giornalisti è un’organizzazione indipendente per la promozione della libertà di stampa in tutto il mondo. Per il suo lavoro, nel corso degli anni, il CPJ è stato definito la “Croce rossa die giornalisti”.
Of the 320 imprisoned journalists globally, 209—over 65%—are imprisoned on anti-state charges.
Use CPJ’s database of attacks on the press to filter data about journalists imprisoned this year: https://t.co/QcEHiwJZ0l
Read more in our 2023 prison census: https://t.co/dqZQgnM8vJ pic.twitter.com/s7ohVlQHvY
— CPJ Africa (@CPJAfrica) January 24, 2024
Repubblica democratica del Congo
Il presidente uscente Félix Tshisekedi, rieletto per un mandato di cinque anni lo scorso dicembre, ha prestato ufficialmente giuramento sabato 20 gennaio allo Stadio dei Martiri di Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo.
Alla cerimonia, iniziata con l’investitura ufficiale da parte del presidente della Corte Costituzionale, hanno preso parte dodici leader africani, tra cui il presidente del Sudafrica. Assenti i leader occidentali o asiatici, con la sola Francia di Macron che ha deciso di inviare il proprio consigliere diplomatico per l’ Africa. Malumori da parte dell’ufficio di Tshisekedi per l’assenza di una rappresentanza dell’Unione europea all’evento.
Nel suo giuramento, Tshisekedi si è impegnato a sostenere e difendere la Costituzione e l’integrità territoriale dello stato dell’Africa centrale, ma ha anche presentato brevemente il proprio programma. Davanti all’opinione pubblica nazionale e internazionale, il presidente riconfermato ha riassunto i prossimi cinque anni in sei obiettivi, dalla lavorazione delle materie prime minerarie e agricole sul suolo congolese alla stabilizzazione della moneta nazionale. Fatshi, come lo chiamano i suoi sostenitori, ha poi proseguito dichiarando che porrà fine alla dipendenza dell’economia congolese dalle importazioni, in particolare di beni e prodotti essenziali, diversificando le attività economiche e migliorando i servizi.
Duri i commenti da parte dei candidati sconfitti, che hanno denunciato un clima di corruzione e violenza in occasione delle elezioni. Denis Mukwege, Premio Nobel per la Pace e candidato alla presidenza, in un comunicato ha definito la propria candidatura un “atto di responsabilità nei confronti del paese” e rifiutato il risultato elettorale. Menzionando diversi report nazionali e internazionali sulla regolarità delle elezioni, Mukwege ha criticato il processo elettorale come strumento volto a facilitare frodi elettorali a vantaggio del regime in carica.
Il medico congolese ha anche espresso la propria delusione nei confronti della comunità internazionale, accusata di indifferenza e compiacenza di fronte a queste irregolarità.
— Denis Mukwege (@DenisMukwege) January 20, 2024
Non di diverso avviso Moise Katumbi, candidato arrivato secondo con il 18% delle preferenze, a fronte del 73% raggiunto da Tshisekedi. L’ex governatore del Katanga ha chiesto l’annullamento del risultato delle urne, oltre le dimissioni del presidente della Commissione elettorale, alla luce di quello che Katumbi definisce un “simulacro delle elezioni”.
https://twitter.com/moise_katumbi/status/1744105993158422571
La Commissione elettorale nazionale e il governo hanno affermato che il processo elettorale è stato libero ed equo nonostante aver ammesso alcune delle irregolarità riscontrate. Tra queste, la mancata apertura di alcuni seggi il giorno delle elezioni, le violenze, il malfunzionamento delle macchine per votare e altri inconvenienti che hanno portato a un’estensione non programmata delle votazioni, la cui base legale è stata messa in discussione dalle principali missioni di osservatori.
Egitto
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha dichiarato che il Cairo è al fianco della Somalia nel rifiuto dell’accordo tra Somaliland e Etiopia. Annunciata il 1 gennaio, l’intesa prevedeva che gli etiopi avrebbero guadagnato l’accesso al mare e la locazione di una base militare, in cambio del riconoscimento della regione separatista.
“L’Egitto non permetterà a nessuno di minacciare la Somalia o di compromettere la sua sicurezza”, ha dichiarato al-Sisi, intervenendo a una conferenza stampa con il presidente somalo Sheikh Mohamud in visita al Cairo. Mohamud ha respinto l’accordo come una violazione del diritto internazionale e ha dichiarato di chiedere aiuto agli alleati per “Non stare a guardare mentre la sovranità viene compromessa”.
Nel fine settimana è arrivato in Egitto per raccogliere il sostegno del suo governo. Oltre a incontrare il Presidente al-Sisi, ha incontrato il capo della Lega Araba Ahmed Aboul Gheit e il Grande Imam della Moschea di Al-Azhar, Sheikh Ahmed al-Tayeb. “Il mio messaggio all’Etiopia è che… cercare di impossessarsi di un pezzo di terra per controllarlo è qualcosa che nessuno accetterà”, ha detto al-Sisi, sottolineando che la cooperazione allo sviluppo è una strategia migliore.
Domenica, l’Etiopia ha respinto le critiche dell’Egitto sull’accordo, affermando che si trattava solo di un accordo commerciale volto a garantire l’accesso al mare e non di un tentativo di annettere territorio.
Dal 1991, l’Etiopia non ha sbocchi sul mare e dipende dal vicino Gibuti per la maggior parte del suo commercio marittimo.
Il Somaliland, una regione strategicamente situata presso il Golfo di Aden, si è staccato dalla Somalia nel 1991, quando il Paese è crollato in un conflitto civile. Negli anni, la regione ha mantenuto un proprio governo nonostante la mancanza di riconoscimento internazionale.
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Restiamo in Egitto, per l’annuncio dell’inizio dei lavori di costruzione della prima centrale nucleare del paese, a El Dabaa. Il progetto, dal valore complessivo di circa 30 miliardi di dollari, vedrà la luce dopo decenni di difficoltà e battute d’arresto sotto la guida della compagnia specializzata russa Rosatom.
Durante la cerimonia, Al-Sisi ha fatto riferimento alla crisi energetica globale e i problemi della catena di approvvigionamento come motivi per “rilanciare il programma nucleare pacifico dell’Egitto”.
La centrale, che giunta alla piena operatività fornirà circa il 50% del fabbisogno energetico egiziano, aiuta a ridurre la dipendenza del paese dai combustibili fossili e ad evitare le fluttuazioni dei loro prezzo, ha proseguito al-Sisi. Nella conferenza congiunta, Putin ha anche sottolineato la collaborazione tra i due paesi per la creazione di una zona industriale russa nell’area del Canale di Suez.
Un’ulteriore prova della crescente cooperazione tra alcuni stati africani e la Russia in ambito industriale e energetico, dopo il recente annuncio dell’accordo con il Burkina Faso per la costruzione di una centrale nucleare entro il 2030.
Togo
L’ONG Reporter senza frontiere (RSF) ha denunciato la presenza del software di cyberspionaggio Pegasus nei telefoni cellulari dei giornalisti togolesi Loïc Lawson e Anani Sossou. Entrambi sono attualmente perseguiti in Togo a seguito di una denuncia per diffamazione del ministro dell’Urbanistica, a causa di informazioni riportate erroneamente a detta del ministro.
Secondo RSF, almeno 23 intrusioni sono state registrate sul telefono di Loïc Lawson, direttore della pubblicazione Le Flambeau des démocrates, durante la prima metà del 2021. Preso di mira anche Anani Sossou con diversi attacchi nell’autunno 2021. Nel comunicato, RSF chiede spiegazioni ufficiali alle autorità, per quella che è “una prima volta in Togo” di simili attacchi contro i giornalisti, secondo RSF.
Pegasus è uno spyware altamente sofisticato, sviluppato dalla società israeliana NSO, e può entrare nello smartphone senza che l’utente se ne accorga e accedere a tutti i dati personali, oltre ai contatti e ai messaggi. Sul suo sito web, l’azienda sostiene di offrire tecnologie alle agenzie governative per aiutarle a combattere il crimine e il terrorismo ma un consorzio di giornalisti ne ha denunciato le distorsioni con il “Pegasus Project”.
Secondo quanto svelato, nel corso degli anni numerosi governi di tutto il mondo hanno acquistato l’accesso al software per prendere così di mira giornalisti, attivisti, accademici, avvocati e persino leader mondiali di altri stati. Tra i nomi più importanti rivelati vi era anche quello di Macron, spiato da agenzie marocchine.
Ciad
Il presidente del Ciad, Mahamat Idriss Déby, è volato in Russia questo martedì 23 gennaio per una visita ufficiale di 48 ore. Previsto per mercoledì l’incontro con il presidente russo Vladimir Putin, con all’ordine del giorno la cooperazione bilaterale tra i due Paesi e le questioni di sicurezza regionali.
In un comunicato, la presidenza ciadiana ha identificato come possibili aree specifiche di cooperazione i settori dell’agricoltura e dell’industria mineraria. A questo proposito la delegazione dello stato del Sahel sarà composta anche dal ministro delle Miniere, Abdelkerim, oltre al Ministro degli Affari esteri, che già aveva rappresentato il Ciad al vertice Russia-Africa di San Pietroburgo nel luglio 2023.
Secondo il comunicato stampa del Cremlino, i due uomini discuteranno anche del contesto internazionale e regionale. La Russia è un attore chiave nei conflitti ai confini del Ciad, primo fra tutti quello in Sudan, ma anche in Libia e Repubblica Centrafricana. L’incontro tra Déby e Putin è solo l’ultimo di una serie di visite che la Russia sta organizzando con gli stati del Sahel. La settimana scorsa Putin aveva incontrato il primo ministro del governo di transizione del Niger, per vagliare il possibile approfondimento della cooperazione militare tra i due paesi.
Burkina Faso
L’ex presidente del Burkina Faso, deposto nel 2022, Marc Christian Kaboré è stato avvistato diverse volte a bordo di un aereo di linea della compagnia panafricana Asky Airlines, in partenza dalla capitale Ouagadougou. Lo fanno sapere alcuni passeggeri che lo avrebbero incontrato, in compagnia dell’assistente e la moglie togolese su alcuni voli tra Lomé, capitale del Togo, e la capitale del Burkina Faso.
Nonostante il colpo di stato del gennaio 2022, Kaboré ha continuato a vivere liberamente a Ouagadougou senza restrizioni di movimento o misure cautelari. La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) sta attualmente portando il suo caso come esempio nei negoziati con la giunta militare del Niger per il rilascio dell’ex presidente Mohamed Bazoum. Bazoum è stato deposto dai militari il 26 luglio e da allora è detenuto a casa con la moglie e il figlio. L’ECOWAS ha imposto durissime sanzioni al Niger, misure criticate aspramente dalle ONG attive nel territorio perché vincolanti anche nei loro confronti.
Cultura
Per la prima volta nella storia, tre film di registi e produzioni africani saranno tra i venti candidati in corsa per l’Orso d’Oro alla 74° edizione del Festival del Cinema di Berlino, dal 15 al 25 febbraio. Mai così tanti i film africani nominati alla Berlinale, con un’unica vittoria nel 2005 grazie al film “U-Carmen” del regista sudafricano Dornford-May.
Alla rassegna i paesi rappresentati saranno Mauritania, Senegal e Tunisia.
Il regista mauritano Abderrahmane Sissako, unico ad aver già ricevuto una nomination alla Berlinale, torna con il suo nuovo film “Black Tea”. Il film racconta la storia d’amore tra una giovane donna ivoriana e il proprietario di un negozio di esportazione di tè nella comunità africana di Guangzhou, in Cina. Il Senegal sarà rappresentato da Mati Diop, che nel 2019 ha vinto il Grand Prix al Festival di Cannes e che porterà a Berlino il suo nuovo film “Le Retour”, un documentario su un tema di grande attualità: la restituzione da parte della Francia dei tesori del Regno di Dahomey, in Benin, sottratti alla città di Abomey durante la colonizzazione del paese.
Meryam Joobeur rappresenterà la Tunisia con “A chi appartengo”, raccontando le difficoltà di una famiglia dopo il ritorno dei propri figli, fuggiti in Siria per unirsi ai combattenti dello Stato islamico.
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