28 dicembre 2023 – Notiziario Africa

Scritto da in data Dicembre 28, 2023

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  • Marocco: siccità record al sesto anno consecutivo.
  • Repubblica democratica del Congo: l’opposizione chiede l’annullamento delle elezioni.
  • Senegal: Ousmane Sonko ha presentato la candidatura alle presidenziali.

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini. 

 

Marocco

Il Marocco si avvia verso il sesto anno consecutivo di siccità, fenomeno mai durato così a lungo nel paese nordafricano. Le precipitazioni sono diminuite del 67% negli ultimi mesi rispetto a un anno considerato normale e gli ultimi tre mesi mostrano una chiara tendenza verso un altro anno di siccità, come dichiarato dal Ministro dell’Ambiente, Nizar Baraka.

La riduzione delle piogge, collegata secondo gli esperti al cambiamento climatico e al fenomeno di desertificazione nel Mediterraneo, preoccupa in particolare alla luce della forte dipendenza dell’economia marocchina dal settore agricolo. Circa un terzo della popolazione in età da lavoro è impiegata nell’agricoltura, che conta per quasi il 20% del PIL del paese.

Il ministro Baraka ha avvertito che il Marocco sta ora entrando in un terreno inesplorato, con le riserve idriche del paese piene solo al 23% rispetto al 31% dello stesso periodo dello scorso anno. Di fronte al crescente stress idrico, le autorità stanno dotando il paese di diversi impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare, destinati a raddoppiare entro il 2027.

Restiamo in Marocco, dove il governo ha annunciato l’istituzione di un contributo mensile diretto alle famiglie in difficoltà a partire da oggi, un sistema di assistenza mai adottato nel Regno. In totale, si prevede che quasi un milione di famiglie ne beneficerà. Questi assegni familiari mirati fanno parte di una vasta riforma sociale avviata dal re Mohammed VI nel 2020, che ha portato anche all’estensione dell’assistenza sanitaria gratuita a oltre 10 milioni di cittadini.

 

Repubblica democratica del Congo

 A poco più di una settimana dalle elezioni, la Commissione elettorale della Repubblica democratica del Congo ha iniziato la progressiva pubblicazione dei risultati. Al momento, con circa 6 milioni di voti scrutinati, il presidente uscente Félix Tshisekedi si trova in testa e in corsa per la probabile rielezione con l’80% delle preferenze. L’ex governatore del Katanga, Moise Katumbi si trova al secondo posto con il 14% dei voti, seguito da Martin Fayulu che si attesta per ora al 4%.

Pubblicazione dei risultati che non calma le polemiche sull’organizzazione delle elezioni, alla luce dei numerosi problemi che sono stati riscontrati nella giornata del 20 dicembre. Il voto è stato caratterizzato da accuse di corruzione e da un’organizzazione caotica sin dal suo inizio mercoledì, con le autorità che hanno prolungato la finestra elettorale fino a giovedì dopo che alcuni seggi non sono stati aperti e alcuni elettori non sono riusciti a trovare i loro nomi sui registri.

In una dichiarazione congiunta, i leader dell’opposizione hanno descritto le elezioni come una farsa, esprimendo la loro intenzione a protestare contro le irregolarità osservate durante le operazioni di voto. Per queste ragioni, questo mercoledì, cinque candidati dell’opposizione, tra cui Martin Fayulu e il premio Nobel per la pace Denis Mukwege, avevano indetto una manifestazione diretta agli uffici della Commissione elettorale per chiedere l’annullamento delle elezioni.

Protesta che seppur dichiarata illegale dalle autorità della RDC, con l’accusa di voler minare il processo elettorale, si è tenuta ed è stata teatro di numerose violenze tra polizia e manifestanti. Nello specifico, Fayulu ha accusato la polizia di essersi schierata dalla parte degli iscritti alle “Forces du Progrès” del partito di governo, recatisi alla manifestazione per scontrarsi con i sostenitori dell’opposizione.

Il paese potrebbe così trovarsi nuovamente in una spirale di violenza post-elettorale, dopo le polemiche successive all’elezione di Tshisekedi nel 2018. In quell’occasione, almeno 34 persone furono uccise e altre 59 ferite durante le proteste legate al voto, come reso noto dalle Nazioni Unite.

Senegal

 Il leader dell’opposizione senegalese Ousmane Sonko ha presentato dal carcere la sua candidatura per le elezioni presidenziali di febbraio al Consiglio costituzionale, nonostante il rifiuto delle autorità di fornirgli alcuni documenti necessari alla pratica.

Come altri candidati, Sonko aveva tempo fino al 26 dicembre per presentare la propria candidatura e dimostrare di aver raccolto un numero sufficiente di firme.

La settimana scorsa, l’ente nazionale che gestisce le elezioni in Senegal non ha fornito al rappresentante di Sonko i documenti necessari per la presentazione. I suoi avvocati hanno detto che avrebbero presentato comunque la domanda, sperando nella comprensione del Consiglio costituzionale.  Il leader dell’opposizione è in carcere dalla fine di luglio con diversi capi d’accusa, tra cui appello all’insurrezione, cospirazione con gruppi terroristici e messa in pericolo della sicurezza dello Stato. Sonko ha sempre negato le accuse, affermando che sono volte a impedirgli di candidarsi alle elezioni del 25 febbraio.

Il Presidente uscente Macky Sall ha annunciato che non si ricandiderà, smentendo così le voci di un tentativo di ottenere un terzo mandato, che violerebbe la costituzione senegalese.

Nigeria

È salito a 140 vittime il bilancio dei violenti attacchi lanciati questo weekend contro alcuni villaggi delle Stato centrale del Plateau in Nigeria, nelle aree di Mangu e Bokkos.

“Non ci fermeremo finché non avremo arrestato i colpevoli di questi atti scellerati. Le operazioni di sgombero, in collaborazione con le altre agenzie di sicurezza, inizieranno immediatamente”, ha dichiarato alla stampa Abdullsalam Abubakar, comandante del contingente dell’esercito nigeriano di stanza nello Stato del Plateau.

Il governatore dello Stato ha dal canto suo criticato le agenzie di sicurezza per la scelta di una strategia reazionaria invece di misure proattive a lungo termine. In particolare, Caleb Mutfwang ha sottolineato che la mancanza di arresti e di una certezza della pena contribuisce alla crisi in corso, con alcuni cittadini che ritengono che i loro aggressori siano protetti dagli apparati statali.

Per anni, nella Nigeria centrale e nord-occidentale, si è scatenata un’aspra competizione tra pastori transumanti e agricoltori sedentari per le risorse naturali, con i pastori accusati di saccheggiare le terre coltivabili con il bestiame.

Aggravate dal cambiamento climatico e dall’esplosione demografica in un paese di 215 milioni di abitanti, le tensioni hanno portato a una grave crisi di sicurezza, con attacchi da parte di banditi pesantemente armati e rappresaglie tra le comunità, oltre che a una crisi umanitaria. Sebbene nessun gruppo abbia ad oggi rivendicato quest’ultima ondata di violenze, diverse testimonianze collegano i responsabili ai pastori della tribù Fulani.

Egitto

Un oggetto volante non identificato è stato abbattuto al largo della costa del Sinai egiziano, al confine con Israele, come riferito martedì da diversi media egiziani.

La penisola desertica del Sinai confina a nord-est con la Striscia di Gaza e condivide il confine orientale con Israele. L’Egitto, storico mediatore tra palestinesi e israeliani e in controllo dell’unica porta di accesso a Gaza non in mano a Israele, è sotto forte pressione dopo la devastante offensiva israeliana a Gaza. 

Nelle ultime settimane, i ribelli yemeniti Houthi hanno intensificato gli attacchi nei pressi dello strategico stretto di Bab el-Mandeb, che separa la penisola araba dall’Africa. I ribelli yemeniti sostenuti dall’Iran hanno avvertito che prenderanno di mira le navi che navigano nel Mar Rosso al largo delle coste dello Yemen e che hanno legami con Israele, in segno di solidarietà con Gaza.

Continua a salire la tensione nella regione, dopo il recente dispiegamento di forze navali nell’Operazione “Prosperity Guardian” volta a proteggere i traffico navale, a guida USA e a cui partecipano tra gli altri anche Italia e Francia.

Etiopia

L’Etiopia è entrata ufficialmente in default questo martedì perché non in grado di pagare le “cedole” relative ai propri titoli di Stato, diventando la terza nazione africana a dichiarare default nell’arco di tre anni. Il pagamento, originariamente previsto per l’11 dicembre, ha goduto di un periodo di grazia tecnica che si è esteso fino a martedì, grazie a una clausola di 14 giorni contenuta nel contratto obbligazionario da 1 miliardo di dollari.

Sebbene lo stato dell’Africa orientale avesse già annunciato la sua intenzione di fare formalmente default all’inizio del mese, il mancato pagamento di una “cedola” di 33 milioni di dollari sui titoli di Stato sottolinea le gravi difficoltà finanziarie del Paese, esacerbate dalla pandemia COVID-19 e da una guerra civile di due anni conclusasi nel novembre 2022.

Questo default allinea l’Etiopia ad altre due nazioni africane, lo Zambia e il Ghana, che sono attualmente sottoposte a un processo di ristrutturazione globale nell’ambito del “Common Framework” del G20. Con l’ingresso in questo meccanismo il paese potrà rinegoziare il proprio debito sovrano in collaborazione con gli stati del G20, diventando il terzo paese ad avviare un simile processo.

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