28 settembre 2023 – Notiziario Africa
Scritto da Giunio Santini in data Settembre 28, 2023
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- Niger: Macron annuncia il ritiro delle truppe dell’Operazione Berkhan e il rientro in Francia dell’ambasciatore.
- Burkina Faso: la giunta militare sospende la testata francese Jeune Afrique per aver cercato di “screditare” l’esercito.
- Repubblica democratica del Congo: il Presidente Tsishekedi ha chiesto il ritiro della missione ONU dal paese entro dicembre 2023.
Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini
Niger
Nella mattinata di mercoledì, l’ambasciatore francese a Niamey ha lasciato il Niger. La notizia è arrivata in seguito all’annuncio da parte di Macron del ritiro coordinato dei soldati francesi e del personale dell’ambasciata nel paese.
Il braccio di ferro tra il governo francese e i militari guidati dal generale Tchiani è durato circa un mese. Macron aveva fatto sapere di considerare il deposto presidente Mohamed Bazoum, detenuto dalla fine di luglio con la moglie e il figlio nella residenza presidenziale, come “l’unica autorità legittima” del Paese e, di conseguenza, di ritenere nulle le notifiche di espulsione avanzate da Tchiani nei confronti di diplomatici e soldati francesi.
Da un mese l’ambasciatore e il suo staff si trovavano bloccati nell’ambasciata francese, non godendo più dell’immunità diplomatica e rischiando di essere espulsi non appena sarebbero usciti. La situazione, divenuta insostenibile, ha spinto la presidenza francese a richiamare i propri funzionari impiegati in Niger.
Stessa sorte è toccata ai 1500 soldati di stanza nel paese per l’Operazione Barkhane contro il terrorismo nel Sahel. Macron ha annunciato il ritiro del contingente e, con ogni probabilità, il termine dell’operazione che ad oggi può contare solo sui soldati rimasti in Ciad.
Repubblica democratica del Congo
Nel suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il Presidente della Repubblica democratica del Congo Félix Tsishekedi ha chiesto di anticipare il ritiro della MONUSCO, la Missione delle Nazioni Unite presente nel paese da quasi 30 anni.
Il ritiro delle truppe, come stabilito nel 2020 dal Consiglio di sicurezza, era inizialmente previsto per il mese di dicembre 2024, con un periodo di transizione nel quale i compiti del mandato della MONUSCO sarebbero passati gradualmente alle forze armate congolesi.
“È tempo che il nostro Paese prenda il pieno controllo del proprio destino e diventi l’attore principale della propria stabilità”, ha detto il presidente, riprendendo un sentimento sempre più condiviso dalla popolazione congolese. “Una missione di circa 15.000 peacekeeper che non è riuscita ad affrontare i ribelli, né a limitare i conflitti armati, né a proteggere la popolazione civile” ha proseguito Tsishekedi, contestando la reale efficacia delle missioni di pace delle Nazioni Unite.
L’annuncio della presidenza arriva in un momento di fortissima tensione e proteste sull’operato della MONUSCO. Ad agosto almeno 56 persone sono state uccise e decine ferite nella repressione a Goma da parte dell’esercito di manifestazioni anti-ONU. Un’altra protesta nel luglio 2022 aveva provocato più di 15 morti, tra cui tre caschi blu.
A poco meno di tre mesi dalle elezioni presidenziali, con le crescenti tensioni, le prossime settimane saranno decisive per il futuro della MONUSCO, che ad oggi sembra lontano dal Congo.
Mali
Il governo militare del Mali ha annunciato che rinvierà le elezioni presidenziali previste per febbraio, posticipando così il ritorno al potere di leader civili nella nazione dell’Africa occidentale tormentata dal conflitto.
La notizia arriva a pochi mesi dal contestato referendum in cui i maliani hanno approvato una nuova costituzione che concede pieni poteri alla giunta militare che, nonostante le informazioni contrastanti, continua a definirsi di “transizione”.
Il presidente, Assimi Goita, aveva accettato di tenere le elezioni a inizio 2024 nel quadro di un accordo con la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), la quale aveva rimosso le sanzioni applicate in un primo momento al Mali. Con la rottura del patto si prevede un nuovo aumento della tensione tra Goita e l’ECOWAS.
Zimbabwe
A circa un mese dai risultati delle elezioni, continua l’ondata di arresti di politici e attivisti in Zimbabwe. Appena una settimana dopo aver prestato giuramento come deputato dell’opposizione, è stato arrestato il deputato Gift Siziba con diverse accuse, tra cui quella di aver incitato alla violenza.
Siziba è solo uno delle numerose personalità arrestate e accusate di vari reati da quando il presidente Emmerson Mnangagwa ha vinto il secondo mandato nel voto del 23 agosto, un risultato che l’opposizione ha descritto come una “gigantesca frode”.
Dubbi sulla regolarità delle elezioni sono stati avanzati anche da osservatori internazionali, che hanno denunciato la scarsa organizzazione della Commissione elettorale, oltre al clima di forte tensione precedente al voto, con arresti frequenti di attivisti in campagna elettorale.
Il presidente, che punta a modificare la costituzione per estendere la durata del suo mandato, ha difeso l’operato della Commissione elettorale e rifiutato ogni accusa.
Nigeria
Le forze di sicurezza nigeriane hanno salvato 14 degli oltre 20 studenti presi in ostaggio da un gruppo terrorista in un’Università nella regione di Zamfara.
Dal mese di maggio questo rapimento è il primo di questo genere accaduto nel paese. I terroristi hanno attaccato un convoglio scortato dai militari e rapito i civili divisi nei diversi mezzi. Il bilancio dell’attacco sono 4 vittime tra i soldati e un numero non definito di vittime tra le file dei terroristi.
Gli attacchi nella regione nordoccidentale della Nigeria fanno parte del clima di insicurezza diffusa in diverse aree del paese. Nel nord-est i combattenti islamici continuano a compiere attentati suicidi, mentre bande e separatisti attaccano le forze di sicurezza e gli edifici governativi nel sud-est. Gli scontri tra contadini e pastori continuano a mietere vittime nelle zone rurali.
Burkina Faso
La giunta militare del Burkina Faso ha ordinato lunedì la sospensione della pubblicazione del giornale francese Jeune Afrique, online e su carta stampata, accusando la redazione di cercare di “screditare” l’esercito.
Il governo ha accusato la testata di riportare notizie fuorvianti, menzionando nello specifico due articoli che pr di un crescente malcontento nelle forze armate burkinabé.
Quest’ultima stretta sulla stampa estera viene dopo una serie di restrizioni applicate ad organi di stampa internazionali dalla giunta militare. A giugno, le autorità avevano annunciato la sospensione del canale televisivo francese LCI per tre mesi, dopo aver espulso dal paese i corrispondenti dei quotidiani francesi Liberation e Le Monde e sospeso il canale televisivo France 24.
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