29 agosto 2023 – Notiziario in genere

Scritto da in data Agosto 29, 2023

Afghanistan, i talebani impediscono alle studentesse afghane di lasciare il Paese per studiare a Dubai. Francia, polemica sulla “abaya”, l’abito delle donne islamiche. Spagna, caso Rubiales: aperta indagine per abusi sessuali. Kenya, evviva il villaggio delle donne.

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Afghanistan

“Dopo che i talebani hanno chiuso le università femminili, la mia unica speranza era ottenere una borsa di studio che mi aiutasse a studiare all’estero”. A parlare (si legge sulla BBC) è Natkai, studentessa afgana di 20 anni. Natkai non è il suo vero nome. La ragazza racconta che ha continuato a studiare anche se c’erano poche possibilità che potesse frequentare l’università nella sua terra natale. Poi le è stata concessa una borsa di studio per studiare all’Università di Dubai negli Emirati Arabi Uniti da un uomo d’affari miliardario degli Emirati, Sheikh Khalaf Ahmad Al Habtoor. Le borse di studio per le donne afghane sono state annunciate nel dicembre 2022 dopo che i talebani hanno bandito le donne dall’università.

Secondo la BBC sono 100 le donne afghane che sono riuscite a ottenere queste borse di studio. Alcune studentesse afgane che vivono all’estero si sono già recate a Dubai. Mercoledì 23 luglio Natkai ha salutato la sua famiglia ed è partita per l’aeroporto. Ma le sue speranze sono state immediatamente deluse. “Quando i funzionari talebani hanno visto i nostri biglietti e i nostri visti per studio, hanno detto che alle ragazze non è permesso lasciare l’Afghanistan con un visto del genere, per motivi di studio”, racconta con la voce rotta.

Natkai è una delle almeno 60 ragazze che sono state allontanate dall’aeroporto. Le foto viste dalla BBC mostrano giovani ragazze che indossano hijab neri o foulard in piedi accanto ai loro bagagli in uno stato di shock e devastazione. I talebani hanno vietato alle donne di viaggiare da sole e consentono loro di andare all’estero solo con i mariti o con un compagno maschio imparentato come un fratello, uno zio o un padre, noto come mahram, l’accompagnatore maschio. Ma anche questo non è bastato. “All’interno dell’aereo c’erano tre ragazze che avevano un mahram”, dice Natkai. “Ma i funzionari del ministero del Vizio e della Virtù li hanno fatti scendere dall’aereo”. Il resto delle studentesse era troppo spaventato per parlare con i media. Un giovane, che chiameremo Shams Ahmad, ha accompagnato sua sorella all’aeroporto e ha descritto il disagio. “La borsa di studio ha dato nuova speranza a mia sorella dopo che qui le università sono state chiuse. È uscita di casa piena di speranza ed è tornata in lacrime”, racconta. “Tutti i suoi diritti le sono stati tolti”. Ahmad dice che alcune donne hanno preso in prestito dei soldi per pagare il visto per un accompagnatore maschio, ma sono state comunque fermate.

“Alcune di queste ragazze sono così indifese e povere. Non hanno nemmeno 400 afgani (4 sterline; 5 dollari) per la tassa di verifica dei documenti richiesta dal ministero degli Affari esteri”. L’Università di Dubai e Al Habtoor hanno confermato che le ragazze sono state fermate. Al Habtoor ha pubblicato un videomessaggio in inglese su X in cui critica le autorità talebane, affermando che uomini e donne sono uguali sotto l’Islam. Il video contiene anche una nota vocale in inglese di una ragazza afghana fermata all’aeroporto. “Siamo in questo momento in aeroporto ma sfortunatamente il governo non ci permette di andare a Dubai”, dice. “Non permettono l’ingresso neppure a coloro che hanno un mahram. Non so cosa fare. Per favore aiutateci”.

Quest’ultima azione dei talebani ha creato sgomento tra i gruppi per i diritti umani e i diplomatici. “Si tratta di un passo importante e allarmante che va oltre lo straordinario livello di crudeltà a cui i talebani già percorrono negando l’istruzione alle ragazze e alle donne”, afferma Heather Barr di Human Rights Watch. L’ex rappresentante della gioventù afghana delle Nazioni Unite, Shkula Zadran, ha pubblicato un messaggio in cui invita l’università a non rinunciare alle ragazze. I talebani non hanno rilasciato alcuna dichiarazione o chiarimento. Un portavoce del ministero del Vizio e della Virtù, Mohammad Sadiq Akif Muhajir, ha detto alla BBC di non essere a conoscenza dell’incidente. Anche un portavoce talebano, Zabihullah Mujahid, ha rifiutato di commentare, dicendo che era in viaggio e non aveva alcuna informazione.

Natkai è in uno stato di sconforto. Si era diplomata e si stava preparando per l’esame di ammissione all’università proprio mentre i talebani prendevano il potere, il 15 agosto 2021. Natkai pensava di aver trovato il modo di seguire i suoi sogni. Dice di non avere nulla da dire ai talebani perché “non accettano né rispettano le donne”. Invita il mondo a non abbandonare le ragazze afghane e la loro istruzione. “Ho perso questa opportunità in un paese dove essere una ragazza è un crimine. Sono molto triste e non so cosa fare o cosa mi succederà dopo”.

In aumento i suicidi femminili

Da quando i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan nell’estate del 2021, c’è stato un aumento preoccupante del numero di donne che si sono tolte la vita o hanno provato a farlo. Lo scrive il Guardian – noi ne abbiamo parlato nel notiziario qualche giorno fa – citando i dati raccolti dagli ospedali pubblici e dalle cliniche per la salute mentale in un terzo delle province del Paese. Le autorità talebane non hanno mai reso noto i dati sui suicidi e hanno impedito agli operatori sanitari di condividere statistiche aggiornate in più province. Ma gli operatori sanitari, scrive ancora il Guardian, hanno fatto in modo di condividere privatamente i dati raccolti dall’agosto 2021 ad agosto 2022 per evidenziare un’urgente crisi sanitaria pubblica.

L’Afghanistan è così diventato uno dei pochissimi Paesi al mondo in cui muoiono per suicidio più donne che uomini. Dai deserti del sud alle montagne del nord, dalle zone rurali a quelle intorno alle città, le cifre scattano una fotografia che coinvolge le province dominate da tutti i principali gruppi etnici dell’Afghanistan. Sia le Nazioni Unite e che le associazioni che si occupano di diritti umani hanno esplicitamente collegato questo forte aumento alle restrizioni talebane su ogni aspetto dell’esistenza delle donne: dal divieto di istruzione superiore, del lavoro, al divieto di entrare nei parchi, negli stabilimenti balneari e in altri spazi pubblici. “Stiamo assistendo a un momento in cui un numero crescente di donne e ragazze vedono la morte come preferibile alla vita nelle circostanze attuali”, dice Alison Davidian, rappresentante nazionale di UN Women, l’Entità delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne.

Francia

A pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, Gabriel Attal, il nuovo ministro dell’Istruzione francese nominato quest’estate in sostituzione di Pap Ndiaye, invitato al telegiornale delle 20 di TF1, domenica 27 agosto, ha annunciato “che non sarà più possibile indossare l’abaya a scuola”. Il riferimento è al tradizionale indumento femminile indossato da alcune donne musulmane, che contravverrebbe ai “valori forti” della Repubblica. Questa decisione sarebbe, secondo il ministro, una risposta all’aumento degli attacchi alla laicità nelle scuole.

L’annuncio non ha mancato di suscitare reazioni nelle file della sinistra, ma anche in diversi sindacati. “Il tema principale di questo ritorno a scuola non è l’uso dell’abaya ”, ha risposto Sophie Vénétitay, segretaria generale del sindacato Snes-FSU (Unione nazionale dell’istruzione secondaria). A fianco del primo sindacato degli studenti liceali, La Voix lycéenne, il segretario nazionale Manès Nadel si interroga sul senso di questa laicità brandita, a suo dire, come pretesto: “Mentre gli studenti faticano per le spese all’inizio e durante l’anno scolastico, il ministro Attal preferisce interessarsi all’abbigliamento femminile. Inventa addirittura una nuova regola: l’abito lungo sarà quindi autorizzato per le donne bianche e vietato per le nere e le arabe. Secolarismo?”.

Spagna

La procura spagnola ha aperto un’indagine preliminare per “aggressione sessuale” nei confronti di Luis Rubiales, il presidente della Federcalcio sospeso dalla Fifa per lo scandalo del bacio alla giocatrice della nazionale Jenni Hermoso durante la premiazione ai mondiali di Sydney. A darne notizia è il tribunale stesso.

Dopo il bacio rubato alla giocatrice Jenni Hermoso da parte del presidente della federazione Luis Rubiales, 11 componenti dello staff della Nazionale femminile – scrive Euronews – hanno rassegnato le loro dimissioni. “Atteggiamento inaccettabile”, dicono i dimissionari. L’unico che non si è dimesso è l’allenatore Jorge Vilda. Solo un giorno prima, Rubiales gli aveva offerto il prolungamento del suo contratto per altri 4 anni. E proprio Vilda è coinvolto in uno scandalo analogo: è stato diffuso un video che mostra come, durante il campionato mondiale di calcio, abbia palpeggiato un seno della sua assistente.

Nel frattempo la Fifa ha sospeso Rubiales da tutte le attività legate al calcio per 90 giorni. “Rispettiamo totalmente la decisione della Fifa. Rafforza la posizione del nostro governo riguardo al percorso avviato in questo caso”, commenta Victor Francos, Segretario di Stato spagnolo per lo Sport. La rimozione definitiva di Rubiales è comunque possibile, sottolinea Madrid, solo attraverso un verdetto legale. Le 23 campionesse del mondo hanno minacciato di entrare in sciopero e di non rispondere alle convocazioni della Nazionale spagnola finché Rubiales non sarà rimosso.

Kenya

Le donne di Umoja. Flickr | The Advocacy Project

Ancora molte donne arrivano oggi a Umoja, un villaggio – fondato nel 1990 da un gruppo di 15 donne sopravvissute alla violenza sessuale da parte delle forze coloniali britanniche – dove l’accesso agli uomini è vietato. Le mutilazioni dei genitali femminili e i matrimoni precoci sono all’ordine del giorno nella cultura Samburu, nel nord del Kenya, si legge sull’account Instagram di VDNews. “Qui una donna che non ha subito la mutilazione non può essere presa in sposa ed è naturale praticarla sulle figlie femmine. I matrimoni precoci, inoltre, sono molto diffusi: circa il 23% delle ragazze in Kenya si sposa prima dei 18 anni, percentuale che nelle campagne sale al 29%. Percepite come un peso dalle rispettive famiglie, vengono quasi immediatamente “date” in matrimonio e costrette ad avere figli quando sono ancora molto giovani. Gli uomini Samburu credono che le donne non possano gestirsi da sole, e che siano in tutto e per tutto proprietà degli uomini. Ma le donne di Umoja hanno dimostrato il contrario, fuggendo dalle violenze e costruendo una comunità in cui vivere insieme, con rapporti alla pari. Ogni donna è uguale all’altra, non c’è un capo politico, ma solo una portavoce. Le decisioni vengono prese tutte assieme attorno all’ “albero della parola” e ogni donna dona alla comunità il 10% di ciò che guadagna vendendo collane di perle e manufatti tradizionali.

Nel villaggio sono stati costruiti una scuola e un asilo nido, che accolgono anche i bambini e le bambine dei villaggi vicini, e che svolgono un importante compito educativo. Attraverso momenti di prevenzione, poi, le donne imparano che le violenze subite sono frutto di una cultura che può essere cambiata, sradicata, proprio partendo da lì, dalla loro esperienza. Il fatto che gli uomini non siano ammessi, non significa che le donne del villaggio ripudino il genere maschile. Al contrario, chi vuole è libera di avere rapporti con gli uomini dei villaggi vicini. C’è chi sceglie di avere dei figli, che possono crescere nel villaggio e rimanervi fino al compimento della maggiore età”.

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