31 ottobre 2022 – Notiziario

Scritto da in data Ottobre 31, 2022

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  • Brasile: Luis Iñacio Lula da Silva batte Jair Bolsonaro.
  • Iran: due giornaliste che hanno contribuito a svelare la storia di Amini, accusate di essere spie della CIA.
  • Libano nel caos politico, il presidente Aoun si dimette.
  • Pakistan: giornalista muore investita dal mezzo dell’ex premier, Imran Khan.
  • Liberato il prigioniero più anziano di Guantanamo, 17 anni di prigione senza accuse.
  • Afghanistan: 15 mesi di governo talebano, e nessuno lo riconosce.

Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli.

Brasile

Luiz Iñacio Lula da Silva ha vinto ieri il ballottaggio del secondo turno delle elezioni presidenziali brasiliane, battendo l’incumbent di estrema destra, Jair Bolsonaro, dopo una corsa elettorale tesa e altamente polarizzata. Con quasi tutte le schede contate, l’uomo conosciuto da tutti come Lula ha ottenuto il 50,9%, 60.345.421 voti, secondo i dati della Corte elettorale suprema. Bolsonaro ha ricevuto il 49,1% con 57.976.538 voti. Lula diventerà il trentanovesimo presidente del Brasile il primo gennaio 2023, dopo aver servito come trentacinquesimo presidente della nazione dal 2003 al 2010.
Ex leader sindacale, Lula era stato candidato durante le elezioni presidenziali del 2018 fino a quando una condanna per corruzione e riciclaggio di denaro ha ridotto le sue aspirazioni politiche. Fu mandato in prigione e Bolsonaro, un ex capitano dell’esercito, ottenne la presidenza. Nel 2019 Lula è stato rilasciato dal carcere dopo che le sue condanne sono state annullate dalla Corte Suprema, permettendogli di candidarsi nuovamente alla carica. La nuova amministrazione avvierà un brusco cambio di politica per il più grande paese dell’America Latina, sia in patria che all’estero, e la transizione potrebbe essere difficile poiché Bolsonaro ha cercato di minare la legittimità del voto.

Iran

Due giornaliste iraniane, che hanno contribuito a svelare la storia di Mahsa Amini, la ventiduenne curda iraniana la cui morte sotto la custodia della cosiddetta polizia della moralità il mese scorso ha scatenato una rivolta a livello nazionale, sono state formalmente accusate di essere spie della CIA e le «fonti primarie di notizie per i media stranieri»: il primo è un crimine punibile con la pena di morte in Iran.
Le giornaliste Niloofar Hamedi ed Elahe Mohammadi sono detenute nella famigerata prigione iraniana di Evin dalla fine di settembre, mentre i leader del clero iraniano lottano per contenere lo sfogo della rabbia pubblica e delle proteste che chiedono il rovesciamento del regime. Donne e giovani iraniani sono stati in prima linea nella rivolta, la manifestazione più lunga degli ultimi decenni.
Nella dichiarazione congiunta inviata ai media iraniani venerdì sera, ora locale, il ministero dell’intelligence iraniano e l’agenzia di intelligence della Guardia rivoluzionaria islamica, i temuti guardiani dello stato di sicurezza dell’Iran, hanno accusato la CIA di aver orchestrato gli articoli di Hamedi e Mohammadi, e hanno affermato che «servizi di spionaggio alleati e delegati fanatici, pianificarono i disordini senza leader a livello nazionale».
Sia Hamedi che i principali editori di Mohammadi, sabato hanno negato le accuse e hanno affermato che le giornaliste stavano solo facendo il loro lavoro.

Oltre trecento giornalisti e fotoreporter iraniani hanno denunciato l’arresto di massa di giornalisti durante le proteste in corso in Iran contro l’establishment, innescate dalla morte di Mahsa Amini. «Attualmente ci sono oltre venti giornalisti in carcere, per lo più provenienti da Teheran, e diversi altri sono stati convocati in procura», afferma la dichiarazione citata dai media riformisti iraniani.

Intanto, il regime sta intensificando la repressione delle proteste in un modo che potrebbe alimentare una rivolta duratura e sempre più violenta contro l’establishment politico. Le proteste sono continuate il 30 ottobre, nonostante l’appello del maggiore generale Hossein Salami del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) per la fine immediata delle proteste lo scorso 29 ottobre. Le organizzazioni di protesta hanno chiesto più manifestazioni dal primo al 3 novembre. Il regime, probabilmente, intensificherà ulteriormente la propria repressione nei prossimi giorni, mentre le proteste continuano. Ieri ci sono state manifestazioni in ventidue città di quindici province.

Afghanistan

Da quando l’Emirato Islamico è salito al potere in Afghanistan, quasi quindici mesi fa, nessun paese ha riconosciuto il suo governo. Il vice portavoce dell’Emirato Islamico, Bilal Karimi, ha affermato che Kabul ha completato tutti i requisiti per il riconoscimento e che la comunità internazionale dovrebbe riconoscerlo. Esperti politici ritengono che la mancata attuazione dell’Accordo di Doha, la chiusura delle scuole femminili e la mancanza di un governo inclusivo siano le ragioni per cui l’attuale governo non è stato finora riconosciuto.

Iraq

Uno scoppio su una petroliera ha colpito la parte orientale di Baghdad, questo fine settimana, causando danni in tutta l’area, compreso un vicino campo da calcio. Almeno dieci persone sono state uccise e a dozzine sono rimaste ferite. La petroliera era parcheggiata in una rimessa. Le persone che vivono nella zona hanno detto che l’odore del gas era forte anche prima della detonazione.

Libano

Il capo di Stato libanese, Michel Aoun, ha lasciato ieri mattina il palazzo presidenziale, alla vigilia della scadenza del suo mandato previsto il 31 ottobre, senza un successore designato, aggravando così la situazione di stallo politico del paese, in pieno collasso economico. Prima della sua partenza, il presidente ha firmato un decreto che contesta il diritto del primo ministro dimissionario a guidare il paese, accentuando la paralisi delle istituzioni. Il mandato di sei anni di Michel Aoun termina alla mezzanotte di lunedì senza che i deputati siano riusciti a eleggere il suo successore a causa delle loro divisioni politiche. Nell’ultimo mese il parlamento si è riunito quattro volte, invano, per eleggere un presidente: né il campo del musulmano sciita Hezbollah, il potente movimento armato che domina la vita politica del Libano, né i suoi oppositori hanno una chiara maggioranza per imporre un candidato.

Israele e Palestina

Israele chiuderà la Cisgiordania e la Striscia di Gaza nel giorno delle elezioni: lo ha affermato domenica il portavoce militare israeliano. La chiusura dura ventiquattro ore a partire da martedì fino a mezzanotte. Una chiusura simile è stata imposta in Cisgiordania lo scorso anno, sempre durante le elezioni. Durante la chiusura, l’ingresso in Israele sarà consentito solo per emergenze umanitarie e mediche e con l’approvazione delle autorità militari, aggiunge il comunicato.

Somalia

Almeno cento persone, tra cui bambini, sono state uccise nel doppio attentato di due giorni fa in un’arteria trafficata nel centro della capitale somala Mogadiscio: lo ha dichiarato ieri mattina il presidente Hassan Sheikh Mohamud. Due auto imbottite di esplosivo sono esplose a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, nel pomeriggio, nei pressi dell’incrocio di Zobe, seguite da un attacco al ministero dell’Istruzione.

Burkina Faso

Tredici soldati sono stati uccisi in un’imboscata di sospetti jihadisti nella parte orientale del Burkina Faso, come hanno dichiarato ad Afp fonti della sicurezza.

Regno Unito

Un uomo, ieri mattina, ha lanciato delle bombe incendiarie contro i locali dei servizi di immigrazione britannici a Dover. La polizia del Kent ha parlato di «due o tre ordigni incendiari contro i locali dei servizi di immigrazione del ministero dell’Interno». Aggiungendo che c’è un ferito lieve. Secondo un fotografo di Reuters, il sospettato − un bianco, camicia a quadri a bordo di un suv − ha poi guidato fino a una vicina stazione di servizio, si è legato un cappio improvvisato intorno al collo, lo ha attaccato a un palo di metallo e si è ucciso.

L’oligarca russo Yevgeny Prigozhin ha pubblicato un post online in cui sembra ammettere le accuse secondo cui la sua società militare privata, il Gruppo Wagner, avrebbe modificato i suoi standard e reclutato detenuti russi affetti da gravi malattie, tra cui l’Hiv e l’epatite C: ciò evidenzia un approccio che ora privilegia la quantità rispetto all’esperienza o alla qualità dei combattenti. Lo scrive su Twitter l’intelligence del ministero della Difesa britannico nel suo report quotidiano sulla situazione in Ucraina.

Russia – Ucraina

Una raffica di droni armati e barche hanno attaccato sabato la flotta russa nel Mar Nero, a Sebastopoli, in Crimea: lo ha affermato il ministero della Difesa russo. Lo stesso ha dichiarato che l’Ucraina ha effettuato l’attacco con il coinvolgimento di nove droni aerei e sette navi senza pilota. Il ministero ha affermato che entrambe le navi militari e civili sono state prese di mira e che un’altra nave russa è stata danneggiata. Mosca ha accusato “specialisti” britannici di essere coinvolti nell’attacco, uomini che stanno addestrando le forze ucraine. Londra ha negato di essere coinvolta nell’incidente, anche se il Regno Unito ha addestrato le forze ucraine e ha una presenza di operatori speciali sul campo, in Ucraina. La Russia ha dichiarato domenica di aver recuperato e analizzato i relitti dei droni utilizzati per attaccare la flotta del Mar Nero. Il ministero della Difesa russo ha affermato che i droni erano dotati di apparecchiature di navigazione prodotte in Canada. Come i più recenti attacchi alla Crimea, l’Ucraina non si è presa il merito dell’operazione a Sebastopoli, ma non ci sarebbero dubbi che Kiev sia responsabile. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno affermato di sostenere gli attacchi ucraini in Crimea, che la Russia controlla dal 2014.

Stati Uniti

Le organizzazioni per i diritti umani hanno celebrato il rilascio del più anziano detenuto illegalmente nella prigione americana di Guantanamo Bay,  a Cuba. Saifullah Paracha, 75 anni, è stato rimpatriato in Pakistan secondo il ministero degli Esteri di Islamabad e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.  Dopo più di diciassette anni di prigionia, che Paracha ha descritto come «essere vivo nella propria tomba», si è riunito alla sua famiglia. Il gruppo britannico per i diritti umani Reprieve ha affermato che la detenzione di Paracha è stata «un’ingiustizia [che] non potrà mai essere rettificata», accusando le autorità statunitensi di averlo rapito all’apice della sua vita.

https://twitter.com/Reprieve/status/1586264357331406848

Paracha venne arrestato due anni dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti, e accusato di essere un simpatizzante di al-Qaida che aveva finanziato il gruppo terroristico. Paracha ha sempre affermato la propria innocenza e gli Stati Uniti non hanno mai fornito alcuna prova a sostegno delle proprie accuse. Prima di essere rapito dal personale statunitense durante un viaggio di lavoro in Thailandia, Paracha era un uomo d’affari e filantropo di successo. Ha quindi affrontato il rapimento forzato sponsorizzato dallo stato in un’altra giurisdizione, ed è stato trasferito in Afghanistan, che le autorità statunitensi chiamano eufemisticamente “consegna straordinaria”.

Haiti

Un noto politico haitiano è stato ucciso in un ricco sobborgo della capitale, Port-au-Prince, secondo quanto riportato dai media haitiani sabato, nel pieno dei disordini per il sequestro di un terminal di rifornimento che ha creato una crisi umanitaria. Eric-Jean Baptiste, capo del partito politico Rally of Progressive National Democrats (RDNP), stava tornando a casa sua nell’area di Laboule 12, venerdì sera, quando gli assalitori hanno crivellato la sua auto di proiettili. Non è stato subito chiaro chi fosse il responsabile dell’attacco. Laboule 12 è ora sempre più sotto il controllo di una banda chiamata Ti Makak, che negli ultimi anni è passata dall’oscurità a diventare un potente gruppo criminale coinvolto in estorsioni e rapimenti. L’omicidio segue l’assassinio, in agosto, dell’ex senatore haitiano Yvon Buissereth, avvenuto nella stessa zona, un crimine che un funzionario statale ha attribuito a Ti Makak.

Pakistan

Domenica l’ex primo ministro pakistano, Imran Khan, ha interrotto la sua lunga marcia dopo che una giornalista pakistana che seguiva l’evento è morta, schiacciata sotto il mezzo che trasportava il container di Khan. La defunta è stata identificata come la giornalista di Channel Five Sadaf Naeem. Il container di Khan ha investito la giornalista dopo che questa è caduta vicino a Sadhoke. L’incidente ha spinto Khan a fermare la marcia che sta conducendo verso Islamabad per fare pressione sul governo federale affinché indica elezioni anticipate. Il suo convoglio è partito dalla città orientale di Lahore e dovrebbe raggiungere Islamabad venerdì. Imran Khan si è detto «sconvolto e profondamente rattristato dal terribile incidente».

India

Sale ad almeno centotrentadue morti il bilancio delle vittime, tra le quali anche bambini, nel crollo del ponte nello stato indiano del Gujarat, nell’ovest del paese, che ha fatto precipitare centinaia di persone nel fiume. Lo riferisce The Daily Mail, mentre sono state diffuse le immagini che mostrano il momento del cedimento della struttura, con le persone che precipitano nell’acqua e a decine tentano di salvarsi restando aggrappati al ponte.

Filippine

Il bilancio delle vittime della tempesta Nalgae, che ha colpito le Filippine nei giorni scorsi, è salito a novantotto, ha affermato oggi l’agenzia nazionale di gestione dei disastri. La maggior parte delle vittime è morta a causa di frane e inondazioni venerdì a Mindanao, un’isola meridionale dell’arcipelago, dopo forti piogge. Oggi il presidente Marcos Jr sorvolerà i distretti sommersi dalle inondazioni per ispezionare i danni.

Corea del Sud

Sono saliti a centocinquantatré i morti legati alla calca creatasi due notti fa a Itaewon, a Seul, in occasione di un evento per festeggiare Halloween: è l’ultimo aggiornamento fornito dalle autorità locali, secondo cui le vittime di nazionalità straniera sono passate da diciannove a ventidue. Quanto ai paesi di origine dei ventidue stranieri deceduti, si tratta di Cina e Iran (quattro ciascuno), Russia (tre), Usa, Francia, Australia, Vietnam, Uzbekistan, Norvegia, Kazakhstan, Sri Lanka, Thailandia e Austria (uno ciascuno). La nazionalità dell’ultima vittima non è stata ancora determinata. Al presidente coreano Yoon Suk-yeol le condoglianze del cinese Xi Jinping, del russo Vladimir Putin e del premier giapponese, Fumio Kishida.

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