7 dicembre 2023 – Notiziario Africa

Scritto da in data Dicembre 7, 2023

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  • Sahel: Mali, Niger e Burkina Faso iniziano i negoziati per formare una federazione.
  • Sudan: sospesi i negoziati di pace tra le parti in guerra.
  • Nigeria: il governo annuncia indagine su bombardamento per errore

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini. 

 

Sahel

I governi di Burkina Faso e Niger hanno annunciato che usciranno dal G5 Sahel, seguendo le orme del Mali che aveva già abbandonato l’accordo nel 2022.

Il G5 Sahel era stato fondato nel 2014 dai leader di Mali, Burkina Faso, Niger, Mauritania e Ciad con lo scopo di combattere il terrorismo jihadista. La particolarità di questo meccanismo era il forte collegamento che stabiliva tra sviluppo economico e sicurezza per i cinque stati membri, che avrebbero dovuto agire in stretta collaborazione con la Francia. In quest’ottica, il governo francese aveva lanciato l’operazione Barkhane, con il dispiegamento di una task force antiterrorismo nel 2017. Negli ultimi mesi il mandato di questo contingente è stato progressivamente svuotato, con i governanti militari di Burkina, Niger e Mali che hanno accusato Parigi di avere assunto un ruolo troppo centrale e di usare la missione per influenzare la politica nei rispettivi paesi.

A questo proposito, nel comunicato congiunto i leader di Burkina Faso e Niger hanno dichiarato che “il G5 sahel non può servire i dettami di qualsiasi potenza in nome di un partenariato che ci tratta come bambini, negando la sovranità dei nostri popoli”.

Il Ciad e la Mauritania si trovano così ad essere gli ultimi due paesi ancora parte del G5 Sahel, che si avvicina alla sua fine, dopo quasi 10 anni dai risultati contrastanti. Un ulteriore step nell’allontanamento dei governi militari dalle potenze occidentali, con queste ultime che rischiano di perdere delle relazioni altamente strategiche, specialmente in materia di migrazione e terrorismo.

La distanza ormai incolmabile tra l’Unione europea e questi governi è resa evidente anche dall’annuncio parallelo da parte di Mali, Niger e Burkina, di avviare le procedure per la creazione di una federazione che riunisca i tre stati. I tre paesi del Sahel, già riuniti in un’alleanza militare sancita il mese scorso, hanno infatti annunciato attraverso i propri ministri degli esteri che le raccomandazioni per la federazione saranno sottoposte a ciascun capo di Stato, e saranno discusse a Bamako in un incontro nei prossimi mesi.

 

Niger

Lunedì il governo del Niger ha annullato due accordi militari che delineavano la cooperazione con l’Unione europea in materia di sicurezza e terrorismo.

Nello specifico il Ministro degli Esteri ha dichiarato che il governo ha deciso di “ritirare i privilegi e le immunità concessi” nell’ambito della Missione di partenariato militare dell’UE in Niger, avviata a febbraio, e di conseguenza “non ha alcun obbligo legale” relativo a tale partenariato.

Mandato revocato anche alla Missione europea di sviluppo delle capacità civili, istituita nel 2012. La missione ospitava 120 europei e aveva come obiettivo il rafforzamento delle ” forze di sicurezza interne, le autorità nigerine e gli attori non governativi”. Parallelamente, le autorità governative nigerine hanno tenuto diversi incontri con una delegazione guidata dal viceministro della Difesa russo Evkourov per approfondire le possibilità di cooperazione in materia di questioni militari e di difesa.

Questi sviluppi sono gli ultimi delle crescenti tensioni politiche tra il Niger e l’UE dopo il colpo di Stato di luglio. Prima del colpo di Stato che ha deposto l’ex presidente, Mohamed Bazoum, il Niger era l’ultimo importante partner dell’Occidente e dell’Europa per la sicurezza nel Sahel, regione divenuta negli anni un hotspot globale per il terrorismo islamico.

 

Sudan

I mediatori dell’Unione africana, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita hanno annunciato la sospensione per un periodo indefinito delle negoziazioni per un accordo di pace in Sudan.

“Le parti in conflitto non sono riuscite a rispettare misure di confidence-building e a ritirare le forze militari da città chiave” hanno riferito i media sudanesi. Si fermano così nuovamente gli incontri di pace, dopo che il 7 novembre le due parti avevano raggiunto un accordo per facilitare l’accesso umanitario ai civili e per consentire l’arresto dei principali leader del regime spodestato di Omar al-Bashir che sono fuggiti dai centri di detenzione all’inizio della guerra e si sono uniti all’esercito.

Parallelamente, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato venerdì per porre fine alla missione politica nel paese, nota come UNITAMS. Dopo l’astensione della delegazione russa, gli ambasciatori degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno espresso sconcerto per la decisione di ritirarsi dal Sudan, ma hanno affermato che la mossa era inevitabile, data la volontà del governo sudanese di porre fine alla presenza della missione.

 

Nigeria

Le Nazioni Unite hanno chiesto mercoledì un’indagine imparziale dopo che un drone dell’esercito nigeriano ha accidentalmente ucciso almeno 85 abitanti di un villaggio, riuniti per una festa musulmana domenica scorsa. “L’esercito nigeriano deve rivedere le regole di ingaggio e le procedure operative per garantire che tali incidenti non si ripetano”, ha aggiunto il portavoce dell’agenzia ONU per i diritti umani.

Secondo l’esercito si è trattato di un errore umano in una missione di routine contro gruppi terroristi che “ha inavvertitamente colpito i membri della comunità”. Per quanto riguarda il numero delle vittime, i militari non hanno ancora fornito un bilancio preciso ma fonti locali riportano di almeno 90 morti e centinaia di feriti.

Il capo dell’esercito nigeriano ha visitato personalmente il villaggio di Tundun Biri per esprimere le proprie scuse per l’attacco aereo. In risposta alla tragedia, il presidente Tinubu ha chiesto un’indagine approfondita e completa sull’incidente, esortando alla calma la popolazione.

Le forze armate nigeriane si affidano spesso agli attacchi aerei nella loro battaglia contro le milizie nel nord-ovest e nel nord-est del Paese, dove i jihadisti conducono un conflitto che dura da 14 anni.

Già a giugno Reuters aveva posto l’attenzione sulle regole d’ingaggio adottate dell’esercito nigeriano, non adeguate a prevenire incidenti, come dimostrato da altri attacchi contro i civili accaduti nell’ultimo anno.

 

Rwanda

Il Regno Unito ha annunciato la firma di un nuovo accordo con il Rwanda per il trasferimento dei richiedenti asilo nel paese africano.

La precedente intesa, una delle misure chiave del programma di governo di Rishi Sunak, era stata dichiarata illegale dalla Corte Suprema lo scorso novembre, perché non era possibile considerare il Rwanda come “paese sicuro” per il trasferimento dei migranti. Il nuovo trattato “risponde direttamente alle conclusioni della Corte Suprema e presenta una nuova soluzione a lungo termine”, ha affermato il Ministero degli Interni britannico in un comunicato.

L’accordo prevede anche l’istituzione di un tribunale congiunto con giudici ruandesi e britannici a Kigali per assicurare che la sicurezza dei migranti sia garantita e che nessuno dei migranti inviati in Ruanda sia deportato nel proprio paese, prima che siano analizzate le pratiche di richiesta asilo.

Insorgono le ONG per i diritti umani, come Human Rights Watch che attraverso la sua direttrice britannica Yasmine Ahmed ha dichiarato che Londra deve “aprire gli occhi sulla storia di violazioni dei diritti umani in Ruanda, in particolare contro i rifugiati e i richiedenti asilo (…) e abbandonare una volta per tutte i suoi piani di deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda”.

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