9 ottobre 2020 – Notiziario Africa

Scritto da in data Ottobre 9, 2020

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  • Mali: liberati padre Maccalli e Nicola Chiacchio, rapiti due anni fa
  • Algeria: donne in piazza contro la violenza di genere
  • Tunisia: di nuovo coprifuoco contro il coronavirus
  • Benin depennato dalla lista dei paesi sicuri
  • Guinea: chiuse le frontiere
  • Kenya: condannati due fiancheggiatori degli islamisti che condussero l’assalto al Westgate di Nairobi
  • Sudan: la Nubian Queen candidata al Nobel per la Pace

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giusy Baioni. Musiche di Walter Sguazzin

Mali

Sono stati liberati in Mali il missionario Pier Luigi Maccalli, sequestrato in Niger il 17 settembre 2018, e Nicola Chiacchio, di cui si erano perse le tracce nel febbraio 2019. Padre Gigi Maccalli, originario di Crema, era stato rapito in Niger, in una missione a circa 150 km dalla capitale Niamey. In aprile Avvenire aveva ricevuto e pubblicato un video in cui appariva il sacerdote lombardo prigioniero insieme a Chiacchio, il giovane forse rapito durante una vacanza. L’identità dei due italiani liberati è stata confermata da un portavoce del governo maliano. Poco prima, era giunta la notizia della liberazione anche dell’unico ostaggio francese al mondo, Sophie Pétronin, cooperante sequestrata ben quattro anni fa. Con loro, liberato anche Soumaila Cissé, il leader dell’opposizione rapito lo scorso marzo in piena campagna elettorale. Il rilascio sarebbe frutto di una trattativa fra gli estremisti e le nuove autorità maliane: 180 estremisti islamici, detenuti a Bamako, sono stati rilasciati e trasportati in aereo nel nord del Paese, al confine con l’Algeria. Padre Maccalli, della Società delle Missioni Africane (SMA), era in Niger dal 2007, dopo una precedente esperienza in Costa d’Avorio. Al suo rapimento era seguito un lungo silenzio, rotto lo scorso aprile con un video di pochi secondi, fatto avere al quotidiano Avvenire, dove i due ostaggi comparivano insieme e vivi, anche se non in ottima salute.
Scrive la Farnesina che «il buon esito dell’operazione, oltre a mettere in luce la professionalità, le capacità operative e di relazione dell’intelligence, ha evidenziato anche l’eccellente opera investigativa dell’Autorità giudiziaria italiana e il prezioso lavoro svolto dalle donne e degli uomini del ministero degli Affari Esteri e dell’intera Unità di Crisi della Farnesina».

Algeria

Proteste in diverse città dell’Algeria si sono tenute ieri per chiedere azioni urgenti per fermare la violenza contro le donne. Le manifestazioni sono state organizzate sull’onda dello sdegno per la barbara uccisione di Chaïma, una diciannovenne il cui corpo carbonizzato è stato rinvenuto in una stazione di benzina deserta a 80 km da Algeri. L’omicida ha confessato lo stupro e l’uccisione ed è stato arrestato. Intanto, un altro corpo carbonizzato è stato rinvenuto in un bosco.
Le donne di Algeri e di altre città si sono radunate ieri scandendo il nome di Chaïma e chiedendo la fine della violenza di genere. Sui social è stato lanciato l’hashtag #JeSuisChaima.

Secondo le attiviste, durante le manifestazioni si è registrata una sproporzionata presenza della polizia.

Tunisia

Le autorità tunisine hanno deciso di reintrodurre il coprifuoco a Tunisi e nella regione circostante, a partire da ieri e per due settimane. La decisione mira a contenere il tasso di contagio da Covid-19, che sta nuovamente crescendo con rapidità. Nella regione della capitale vivono oltre 1,3 milioni di persone, circa il 10% della popolazione tunisina. Per due settimane, non si potrà uscire di casa dalle 21 alle 5 di mattina; dalle 19 alle 5 nei fine settimana. I negozi resteranno chiusi e saranno sospese anche le preghiere del venerdì. La decisione è stata presa poiché i nuovi casi giornalieri hanno superato quota 1.000. Esclusa per ora la possibilità di lockdown.

Benin

Il Benin non è più nella lista dei paesi sicuri, secondo l’Ufficio francese per la Protezione dei rifugiati e degli apolidi, che valuta le richieste di asilo in Francia. La decisione viene motivata dalla «situazione delle libertà pubbliche e politiche nel Paese». Secondo l’organismo, il Benin non può più essere classificato come “paese d’origine sicuro”, a causa delle riduzioni dello spazio politico registrate dopo le elezioni legislative dell’aprile 2019, seguite da forti contestazioni, e a qualche mese dalle presidenziali, che si terranno nel 2021. Diversi gli oppositori costretti a lasciare il Paese.
Era dal 2015 che il piccolo paese dell’Africa occidentale era stato incluso nell’elenco di sedici paesi “sicuri”, fra i quali si trovano, fra gli altri, Ghana, Mauritius, Senegal e Capo Verde. In nessuno degli altri stati si sono registrati peggioramenti.

Guinea

Il presidente della Guinea-Bissau, Umaro Sissoco Embalo, ha  reagito manifestando profondo stupore alla decisione unilaterale, presa una settimana fa dalle autorità della Guinea Conakry, di chiudere le proprie frontiere con il Senegal, la Guinea-Bissau e la Sierra Leone. A dieci giorni dalle presidenziali del prossimo 18 ottobre, la Guinea chiude i confini senza fornire spiegazioni. Ma soprattutto, li chiude con solo tre dei sei paesi confinanti. Una decisione quanto meno singolare, che l’eterno presidente Alpha Condé ha motivato col timore di manipolazioni elettorali, mentre si prepara per dare battaglia ai suoi sfidanti.

Kenya

Era il 21 settembre 2013 quando il mondo restava col fiato sospeso davanti all’assalto islamista al Westgate shopping Centre di Nairobi, che – dopo un assedio di quattro giorni – si concluse con 67 vittime. Ora, un tribunale della capitale kenyota ha riconosciuto due imputati colpevoli di sostegno ad al-Shabaab, rilasciandone un terzo.
La sentenza è stata tuttavia accolta con scetticismo, poiché nessuna indagine più approfondita è stata svolta e nulla si sa a oggi non solo dei mandanti e degli organizzatori dell’assalto, ma nemmeno degli esecutori, fuggiti. Le due condanne sono solo per fiancheggiatori. Al-Shabab aveva rivendicato il crimine, come vendetta per il coinvolgimento dell’esercito kenyota nelle incursioni nel sud della Somalia contro i miliziani di al-Shabaab.

Sudan

Sei artisti, che erano stati arrestati in agosto, sono stati liberati martedì. Erano accusati di disturbo dell’ordine pubblico. Il loro arresto aveva provocato forti proteste, poiché i sei avevano partecipato alle proteste che nel 2018 avevano portato alla caduta del regime di Omar al-Bashir. E intanto Alaa Salah, la giovane manifestante che era stata ribattezzata Nubian Queen, divenuta famosa in tutto il mondo per alcuni scatti che la ritraevano, in abito tradizionale, mentre arringava la folla durante le proteste contro al-Bashir, divenendo così l’icona simbolo della rivoluzione sudanese, è stata nominata come possibile aspirante al Nobel per la Pace.

Algeria

Foto: Guérin Nicolas/ Wikimedia

Effetti del lockdown: la genetta, specie minacciata, è ricomparsa in Algeria, in una foresta della regione di Orano, nordovest del Paese.
Non la si avvistava da tempo. Mammifero carnivoro e notturno, di media taglia, con pelo maculato e lunga coda. Secondo Ilham Kerboua, responsabile della fauna e della flora alla Direzione Generale delle Foreste (GDF), «in un modo o nell’altro il lockdown ha fatto sì che la biodiversità, la natura riprendesse un po’ i suoi diritti. La fauna ama la tranquillità».
Si tratta della terza specie minacciata di estinzione che ricompare in Algeria negli ultimi mesi: oltre alla genetta, il ghepardo del Sahara e la iena striata.

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