Afghanistan, alla vigilia delle elezioni
Scritto da Barbara Schiavulli in data Ottobre 19, 2018
Afghanistan, Giorno 3 – Domani si vota, tra insicurezza, minacce, speranze e desideri. La gente ci racconta perché ha deciso di andare o di non andare. In ogni caso è un momento importante, dove i giovani chiedono spazio e gli anziani sgomitano. E tra i litiganti, il terzo gode: le donne sono pronte a cambiare l’Afghanistan. Barbara Schiavulli da Kabul per Radio Bullets
Sicurezza è la parola che si sente più spesso. Scivola tra le labbra degli afgani che cercano di trattenerla perfino quando ne parlano. Che si tratti di un poliziotto, di un politico, di un candidato o di una persona qualunque. La desiderano, la vogliono, la chiedono. Qualcuno fa anche di tutto per distruggerla. Questo è l’Afghanistan alla vigilia delle elezioni parlamentari. L’ultimo giorno per i candidati che ammettono di essere esausti: per settimane hanno parlato, siglato accordi, coordinato, fatto di tutto per guadagnarsi uno di quei 249 posti – di cui 68 riservati alle donne – che in 2.500 anelano. C’è anche chi crede che tutto sia già stato deciso, che i brogli siano già cominciati e che sia inutile andare a rischiare la vita per recarsi ai seggi. Perché le elezioni di domani non solo decideranno il Paese che sarà, ma anche quanto gli afgani siano disposti a non avere paura, a uscire di casa e, nonostante le minacce dei talebani, a votare.
A Kandahar, dove ieri si è consumato un attacco che ha sconvolto il Paese con la morte del capo della polizia, di quello dell’intelligence e del governatore, le elezioni sono state sospese. Erano stati allestiti 7.000 seggi in diverse province, non verranno neanche aperti. I talebani sembrano divisi: quelli afgani hanno alzato i toni scagliandosi contro chiunque, ma il Consiglio di Quetta, in Pakistan (il gruppo originario dei talebani) ha diffuso una lettera del Mullah Mohammad Yaqob Omari, il figlio del Mullah Omar che comandava i talebani prima dell’invasione americana nel 2001, dove dice ai suoi militanti di sostenere il processo elettorale nelle aree sotto il loro controllo e di fermare gli attacchi ai centri di voto.
Queste elezioni erano attese. Si sarebbe dovuto votare tre anni e mezzo fa, dopo le elezioni presidenziali, ma state rimandate. Sono anche importanti perché sono le terze elezioni parlamentari dal 2001 e le prime da quando le truppe della Nato hanno drasticamente ridotto i loro contingenti quattro anni fa.
“Vorrei votare per una persona che lavori per questo Paese, non come hanno fatto quelli prima che hanno lavorato per se stessi. Quindi voterò qualcuno di giovane e istruito”, ci dice Shabnan, 24 anni che all’inizio era restia a parlare con noi e ora non si ferma più. E se i talebani che già controllano tra il 60 e il 70 per cento del Paese, tornassero? , le chiediamo. “Non è possibile, non li vuole nessuno. Ho studiato, mi sono diplomata, non voglio stare a casa, non possono intimidirci più di quanto hanno fatto finora”.
Gli afgani vogliono una vita migliore, vogliono lavoro, vogliono che la guerra con i talebani finisca ma soprattutto istruzione.
“Domani se Dio vuole andrò a votare, per una donna naturalmente, perché dobbiamo essere rappresentate, perché i tempi sono cambiati ed è il nostro momento. Bisogna che tutte le ragazze studino. Senza istruzione siamo in trappola, non possiamo lavorare, non possiamo scegliere”. A parlare è Manana, che a 20 anni vende vestiti da donna mentre studia alla facoltà di Giurisprudenza.
“E’ importante che le nuove generazioni abbiano il loro spazio, c’è bisogno che ci sia gente più giovane in parlamento”, dice Munir Amin, 35 anni, insegnante. “Ci sono molti problemi, alcuni esterni, altri interni come la sicurezza, i signori della guerra, la mancanza di lavoro, ma anche l’istruzione. Mio figlio, che ora ha tre anni, spero possa diventare un maestro come me e che il suo futuro sia radioso”.
Le elezioni saranno anche un banco di prova per l’esercito afgano e per la polizia che ogni giorno è sotto attacco dei talebani.
Hamad Zia Entesar, 52 anni, da 29 in polizia, da poco fa parte di una nuova élite afgana che si occupa della criminalità organizzata. “Quando vedo questi volti nei manifesti elettorali non vedo nessuno che mi ispira. Non andrò a votare. Certo, ci sono i giovani super istruiti, ma non vinceranno, ci sono ancora troppe persone potenti capaci di vincere comprando voti, minacciando”. Come è la situazione riguardo alla sicurezza?, gli chiediamo. “Al 60 per cento”, risponde. “Ci sono zone dove si combatte. Temo che domani ci possano essere attacchi. Dieci candidati sono già stati uccisi, non lo so, vedremo”.
“Certo che andrò a votare, è una delle nostre responsabilità. Non vi dirò chi voto, ma sono giovane e voterò un giovane”, ci confida Heikmatullah, 24 anni, che vende abiti casual per uomini. “La prima cosa che si deve realizzare è la pace in tutto il Paese, poi il resto verrà”, dice convinto. Migliaia di poliziotti sono stati dispiegati per domani e dopodomani, quando le schede verranno raccolte. Ci sono almeno tre cordoni di sicurezza, il primo dei quali intorno ai seggi. Per la prima volta gli elettori non saranno liberi di votare ovunque, come accadeva prima, ma dovranno andare nei posti dove si sono registrati. Tre saranno i risultati disponibili: uno preliminare, uno di mezzo e quello finale. Quest’ultimo non arriverà prima del 20 dicembre prossimo, perché raccogliere le schede non è un lavoro affatto facile in un Paese dove molte zone sono sotto il controllo dei talebani. Durante tutto questo tempo, chi pensa di aver visto o subìto brogli avrà tempo di denunciarli. D’altra parte nessuno si aspetta che le elezioni in Afghanistan siano completamente limpide: in ben cinque province il numero delle persone registrate erano superiori di quelle attualmente residenti.
“No, non voto anche se ci sono nuove facce, anche se hanno fatto promesse e parlato con la gente, tanto dopo pochi mesi diventeranno come tutti gli altri, non mi fido”, ci spiega Mohammad Tamim, 24 anni, manager di un locale dove si gioca a bowling e che a tempo perso fa il modello per le pubblicità televisive. “Mi piaceva il generale Rezaq, era un eroe, un uomo che amava questo Paese, eppure per quanto fosse potente è stato ucciso. Diciamoci la verità: è già stato tutto deciso”.
“L’Afghanistan ha bisogno di persone che conoscono e capiscono questo Paese”, dice Neiman. “Ci sono tre tipi di afgani. I primi sono quelli più vecchi, che hanno lavorato per il Paese, che hanno esperienza, che sono sempre stati qua. Poi ci sono quelli che hanno abitato all’estero, si sono arricchiti e ora vogliono far sì che il Paese diventi come quelli in cui hanno vissuto. Poi ci sono i giovani ed è a loro che spetta il Paese, perché vogliono veramente che migliori”. Neiman è un pilota dell’aviazione afgana, che è stato addestrato negli Stati Uniti. Ha 21 anni, è militare da due. “Domani voterò una persona che ha studiato, un uomo, ma non c’è differenza: che sia un uomo o una donna, noi abbiamo bisogno di qualità”.
Solo uno su 10 dei candidati avrà un posto. Non c’è un sistema politico basato sui partiti, sono tutti indipendenti anche se alcuni hanno legami con gruppi politici o etnici. Alcuni sono signori della guerra o figli dei signori della guerra. In una provincia un’intera famiglia si è candidata, mentre almeno tre padri e figli concorrono insieme. A Kabul ci sono 800 candidati per 33 posti. Nove di questi spettano alle donne.
Una di loro non ha dubbi: “Sono stanchissima, sono stati giorni difficili e tesi, ma voglio essere in parlamento per fermare le ruberie che finora ci sono state”, ci dice Suhala Sahar, una candidata di 25 anni, che mentre ci parla è circondata da decine di uomini indaffarati. Preside di una scuola e attivista per i diritti delle donne, il posto in parlamento lo vuole proprio. “La prima cosa da fare è migliorare la legge contro la violenza sulle donne, poi bisogna che i giovani abbiano un lavoro e non siano costretti ad andarsene. Questo farò”. Se vince. “Certo che vincerò”, ci risponde con una fragorosa risata.
Questo reportage è stato realizzato grazie al sostegno di ascoltatori e ascoltatrici, amiche e amici di Radio Bullets