Afghanistan: talebani pigliatutto. Via il presidente Ghani

Scritto da in data Agosto 15, 2021

La prima notizia della mattina è che i talebani hanno circondato la capitale dell’Afghanistan, Kabul, che era rimasta l’unica città importante ancora non caduta nelle mani degli “studenti”, che tutto hanno meno le caratteristiche delle persone che passano le giornate a studiare sui libri. Nel giro di dieci giorni hanno cambiato la storia di 20 anni di guerra, prendendosi tutto quello che neanche quando controllavano il paese negli anni Novanta avevano, come il nord o come parte del Panshir e Bamyan.

Sono arrivati senza colpo ferire, poi hanno subito parlato ad Al Jazeera, la tv del Qatar dove hanno il loro ufficio politico e dove sono in corso consultazioni tra talebani e governo afghano. In pratica hanno detto che non attaccheranno Kabul se il presidente Ashraf Ghani, insieme al suo governo, si arrenderà. Se si permetterà l’avvio di un processo di transizione che porterà alla formazione di un nuovo esecutivo.
Sono momenti frenetici, con il traffico che impazzisce nella capitale, le gente che assalta le banche, il fumo che sale dall’ambasciata americana dove stanno bruciando i documenti mentre gli elicotteri vanno avanti e indietro per evacuare le persone. Inglesi, italiani, canadesi, tedeschi, tutti se ne stanno andando, tutti presi dalla frenesia di fuggire senza guardare indietro un paese che per 20 anni ha creduto che niente di quello che sta accadendo in queste ore sarebbe potuto succedere. Le donne si nascondono, gli uomini non si capacitano. E il presidente Ghani se ne va. Così si conclude la missione americana che, tanto ha specificato il presidente Biden, non era per costruire un paese ma per liberarsi dei terroristi. Missione incompiuta. Ora quelli che fino a ieri chiamavano tutti i “terroristi talebani” si fanno i selfie in piazza, entrano alla guida dei mezzi sequestrati all’esercito afghano, dettano le regole del nuovo scacchiere geopolitico.

E mentre tutti se ne vanno, i russi dicono che non chiuderanno l’ambasciata e gli iraniani ricevono e ascoltano i consigli dei talebani che fanno una capatina nella loro ambasciata.

Barbara, conosci donne ad alto rischio? Una voce che arriva da lontano. Una persona che conosco mi dice che stanno organizzando una lista di donne afghane, attiviste, giornaliste, per evacuarle e salvare loro la vita. E la mia casa, da postazione di partenza con la valigia rosa aperta, la borsa del computer pronta, si trasforma in un’unità di crisi. Bisogna contattare le ragazze, farsi dare le foto dei documenti, dire loro di restare accanto al telefono nella speranza che questo spalanchi le porte di una nuova vita al sicuro. Poche ore per decidere di lasciare tutto, un tutto che ormai non sa più di niente se non fosse che è tutto quello che conoscono. Con le famiglie, i papà, le mamme e gli amici, che le devono lasciare andare perché l’Afghanistan non sarà più un posto per i sogni delle donne. Ed è forse questo il tradimento più grande di questa storia, il tradimento morale di un popolo e di un genere che ci aveva creduto. A tutto il resto, se non si muore si sopravvive.

E così la giornata di srotola tra le notizie a Kabul delle autorità afghane che si consegnano, tra chi fugge, tra chi negozia, tra chi salva il salvabile e manda in malora tutto il resto. I talebani sono penetrati fino al palazzo presidenziale. Gli Emirates sospendono i voli da domani, per ora la mia compagnia aerea ancora regge. Ora tutto quello che conta sono queste donne che stiamo cercando di fare uscire perché abbiamo insinuato loro la speranza e non possiamo dare loro anche questa delusione.

Intanto Kabul è più tranquilla di quanto ci si aspettasse, si pensava che avrebbe venduto cara la pelle invece niente è accaduto, probabilmente non serviva, la regina ormai era circondata e non c’era più un pezzo bianco sulla scacchiera che potesse aiutare il presidente Ghani, che alla fine come nelle peggiori telenovele è salito di nascosto su un aereo ed è scappato in Tagikistan: qualcuno lo ricorderà per aver lasciato per impedire l’assedio dell’Afghanistan, qualcun altro per essere fuggito abbandonando il popolo al suo destino, qualcun altro ancora per essere stato abbandonato da quelli che lo avevano voluto lì. Il sociologo, che tutti dicevano fosse troppo intellettuale per un paese come l’Afghanistan, non ce l’ha fatta. Non ce l’hanno fatta gli americani che si sono dimostrati i peggior nemici di chi li credeva amici.

Ma ci sono altri fattori importanti, l’Afghanistan non è stato riconquistato dai talebani perché sono forti, ma perché alle spalle avevano la regia dei servizi segreti pakistani e perché la corruzione e la competenza all’interno dell’amministrazione afgana a tutti livelli, ma soprattutto quelle della leadership è stato come un esercito di tarli che ha rosicato tutto. E forse, azzardando, aggiungerei che per gli Stati Uniti forse, oggi, un Afghanistan instabile che tiene impegnati russi e cinesi, è più importante dei diritti della gente e di tutte le parole che riguardavano la democrazia di cui si sono riempiti la bocca per vent’anni.

Adesso che cosa accadrà? Oggi è il tempo della confusione ma nei prossimi giorni si farà la Storia: i talebani se vogliono sedersi sulle poltrone e formare un nuovo governo devono conquistarsi la legittimità internazionale. Come farlo? Come in un matrimonio: qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio e qualcosa di prestato. Devono creare un esecutivo inclusivo che non possa far storcere il naso a tutti, ma con chi? I traditori Signori della Guerra? Abdullah Abdullah che ha seguito i negoziati? Un ritorno del presidente Karzai? Sempre che ci si possa fidare di quello che dicono i talebani. E invece non facciano, come molti pensano, che abbiano giocato ai negoziatori per prendersi tutto. Mentre nel frattempo il segretario americano Blinken dice semplicemente che «le forze armate non sono state in grado di difendere il paese». E la gente si chiede cosa accadrà loro, soprattutto se le donne torneranno murate nelle case e sotto i burqa. Gli artisti con le tele nascoste. Gli atleti con le ginocchia spezzate. C’è già chi copre le foto dei manifesti pubblicitari che mostrano i volti sorridenti di belle donne che pubblicizzano shampoo o parrucchieri. Meglio prevenire. Tanto lo sanno cosa li aspetta domani.

La sera arriva. Il buio cala ed è molto più pesante di ogni altra calda sera afghana. Perché alla fine, chi doveva salvarsi si è salvato, chi ha vinto ha vinto. A essere schiacciata resta come sempre la gente, quella che non ha potuto reagire, quella che ora non può più parlare, quella che è dovuta fuggire e quella che continuerà a morire perché crede nella libertà.

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Opinioni dei Lettori
  1. Roberto Patruno   On   Agosto 15, 2021 at 6:43 pm

    Come sempre lucida ed essenziale nel suo raccontare senza inutili fronzoli. Le parole scritte, quelle di Barbara Schiavulli, corrono nella grande tradizione del giornalismo di guerra e colpiscono come proiettili, tutti al centro del bersaglio. Altro che esperti del nulla, opinionisti lontani dalla realtà, giornalisti logorroici innamorati di se stessi e della poltrona su cui sono seduti! Andate sul campo, rischiate la pelle e raccontateci la verità, altrimenti zittitevi e lasciate che siano Barbara e quelle/quelli come lei a raccontare.

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