Akhenaton: versi e calligrafia araba
Scritto da Valentina Barile in data Aprile 23, 2021
La storia di un faraone raccontata attraverso l’ironia delle strofe di Dorothy Porter, l’autrice di “Akhenaton”, romanzo in versi pubblicato in Italia da Fandango Libri con traduzione di Maurizio Bartocci. Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con Amjed Rifaie, maestro di calligrafia araba.
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Chi è Akhenaton?
«Akhenaton fu re d’Egitto dal 1378 a.C. al 1362 a.C. Lo vidi per la prima volta nel 1976, in un museo di Berlino Ovest. Ero andata a visitare il famoso busto di sua moglie, Nefertiti, ma fu verso il volto stranamente bello, distorto e sorridente di Akhenaton che si allungarono i tentacoli della mia immaginazione. Strana confessione per una poetessa femminista. Akhenaton avrebbe rappresentato un’anomalia per la storia di qualsiasi paese. Gli si attribuisce il merito di aver fondato la prima religione monoteistica del mondo: il culto di Aton, raffigurato dal Disco Solare. Era un poeta e un visionario. Per celebrare la rivoluzione religiosa di cui era stato artefice, diede inizio a un’avventura artistica altrettanto audace. Era un egocentrico, esteticamente consapevole della sua unicità. La sua vita privata, compreso il suo amore per Nefertiti, le sue sei figlie e suo fratello minore Semenkhkara, venne testimoniata per tutto l’Egitto dalla pittura, dalle iscrizioni e dalla scrittura. Per un popolo profondamente conservatore come gli antichi Egizi, a proprio agio solo con una cultura relativamente ferma da migliaia di anni, fu davvero troppo» – da “Akhenaton”, Dorothy Porter.
Per noi, su Radio Bullets, Amjed Rifaie: «L’Egitto è il primo paese arabo che ha avuto l’industria cinematografica, i più famosi film antichi, i più famosi film moderni sono egiziani. L’Egitto è un paese che è riuscito a diffondere la sua cultura e la sua arte attraverso la televisione, la musica, il cinema, i film, le serie televisive. Consideriamo che la maggior parte dei popoli arabi conosce il dialetto egiziano, capisce il dialetto egiziano. Se uno va, adesso, in Tunisia e in Marocco, in Iraq, in Giordania o in qualsiasi paese del mondo arabo, si rende conto che capiscono il dialetto egiziano, e questo grazie al cinema egiziano. Per cui è molto presente la cultura egiziana nel mondo arabo. Ci sono anche delle icone della musica araba, tipo Abdel Halim Hafez, Umm Kulthum: sono cantanti che credo che il mondo arabo non dimenticherà mai perché hanno lasciato un’impronta nella musica araba».
Come scrivevano i faraoni?
Secondo la mentalità egizia, studiando si poteva anche ambire ad arrivare ai piedi di un faraone. La scuola e la carriera erano importanti, infatti le scuole si trovavano nelle vicinanze del palazzo del re. Ma i faraoni sapevano scrivere? In una società burocratizzata come l’antico Egitto l’alfabetizzazione era molto diffusa. Il faraone sapeva leggere e scrivere, ma nel mondo antico non era affatto scontato.
Amjed Rifaie: «La calligrafia araba è stata ed è ancora l’arte più importante del mondo arabo. Esistono altre tipologie d’arte nel mondo arabo, tra cui la scultura, la pittura e molti altri tipi di arte, però la calligrafia araba è stata sempre l’arte principale del mondo arabo. Si crede che è un’arte risalente al settimo secolo e finora è ben vista e ben diffusa nel mondo arabo, e piano piano adesso si è diffusa in tutto il mondo, non solo nei paesi arabi. È un’arte che è nata forse a scopo religioso all’inizio, con la nascita dell’Islam e la diffusione del Corano, i testi sacri del Corano, ma piano piano è diventata un’arte universale usata ovunque nella moda, nel commercio, e anche come mezzo di comunicazione e di bellezza estetica. Ha inoltre un alfabeto abbastanza elastico, di ventotto lettere. Le lettere cambiano le loro forme in base al posto all’interno della parola: abbiamo lettere iniziali, mediane, finali che cambiano le loro forme, in più la calligrafia araba ha sette stili artistici. Questo vuol dire che una parola può essere scritta in sette stili diversi, sette modi diversi».
L’etimologia del verbo scrivere richiama altri significati originari come raschiare, incidere, scavare. E poi ancora grattare, scalfire, scolpire. Proviene dal latino scríbere, scriptus che in origine significò “segnare lettere e parole con lo stilo sopra le tavolette incerate”. Una vera e propria arte. Amjed Rifaie conclude: «La nostra missione è diffonderla e farla conoscere anche in Italia, diciamo che gli italiani la apprezzano, ha il suo valore. La cosa che vorrei aggiungere, in realtà, è il legame e la presenza, o l’importanza, del lato spirituale in quest’arte della calligrafia araba. Noi studiamo la calligrafia, insegniamo la calligrafia per diversi motivi: il motivo più conosciuto è quello artistico, poi c’è il motivo linguistico, culturale, ma c’è il più importante che è quello spirituale. C’è tanta spiritualità in questa arte, c’è un legame forte tra il sofismo e l’arte della calligrafia. C’è tutto il discorso di scaricare lo stress, di conoscere sé stessi e di avere quella pace interiore scrivendo, usando il calamo di bambù fatto a mano dal settimo secolo fino a oggi usando la pergamena, usando l’inchiostro».
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