Bistecche spaziali
Scritto da Raffaella Quadri in data Maggio 11, 2022
Il cibo di domani potrebbe sorprenderci sotto aspetti che neanche avevamo considerato. La carne di cui ci nutriamo si potrebbe ricavare, per esempio, non dall’allevamento bensì da metodi di coltura. All’ESA – l’agenzia spaziale europea – stanno pensando proprio a questo.
Ascolta il podcast
Alimentazione e auto sussistenza nello spazio
Come molto spesso accade, le innovazioni studiate per una missione spaziale sono destinate a cambiare anche la vita sulla Terra. Non solo gli esperimenti che si svolgono in condizioni di microgravità diventano fondamentali per comprendere le dinamiche di quanto accade sul nostro pianeta, ma idee nate per agevolare l’esplorazione spaziale trovano importanti applicazioni persino nella vita di tutti i giorni.
Gli ambiti di studio sono i più disparati, dagli innumerevoli aspetti della tecnologia, alla biologia e alle biotecnologie. Ne sono un esempio gli studi degli effetti, sul corpo femminile, della permanenza nello spazio che condurrà sulla Stazione spaziale internazionale (ISS) l’astronauta italiana dell’ESA Samantha Cristoforetti, durante la sua missione Minerva iniziata il 27 aprile 2022.
A impegnare ingegneri e scienziati, oltre agli esperimenti che si svolgono in orbita, vi sono anche tutti gli aspetti legati alla vita nello spazio, che devono essere previsti, studiati e debitamente organizzati. Tra questi anche le necessità primarie, come il cibo.
Come avere la carne anche in orbita? Basta coltivarla
Nello spazio non ci sono le pillole immaginate dalla fantascienza, capaci di condensare al proprio interno un intero pranzo, dall’antipasto al dolce, ma neanche la possibilità di cucinare, come sulla Terra, tra pentole e padelle. E il problema dell’alimentazione, lontano – così lontano – da casa, resta.
Per alcuni alimenti si possono creare le condizioni per l’auto sostentamento. Un esempio tipico sono le verdure, che possono essere coltivate anche in condizioni proibitive.
A questo proposito è tutto italiano il progetto di Greencube, studiato da Enea – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – e Università Federico II di Napoli, insieme all’Università La Sapienza di Roma, che coordina il progetto in accordo con ASI – Agenzia Spaziale Italiana.
Greencube non è altro che un micro-orto di 30 x 10 x 10 cm progettato per coltivare verdure fresche con un sistema idroponico a ciclo chiuso, che permette quindi una coltivazione senza suolo e in cui l’acqua e i nutrienti vengono reimmessi in circolo.
Tuttavia, se è possibile far crescere delle verdure, è impensabile a oggi immaginare missioni di esplorazione spaziale a lungo termine, o addirittura colonie umane al di fuori della Terra, che possano dedicarsi all’allevamento del bestiame.
Come garantire, quindi, nell’alimentazione dei futuri conquistatori dello spazio l’apporto di alimenti di origine animale, tra cui anche la carne? Esattamente nello stesso modo utilizzato per i vegetali: coltivandoli.
L’idea di un progetto in merito è venuta a Paolo Corradi, un ingegnere dell’ESA, che l’ha proposta su OSIP, la piattaforma istituita dall’agenzia per dare spazio a idee innovative da sviluppare.
Produrre carne con l’agricoltura cellulare da cellule staminali
L’idea vuole applicare la già conosciuta biotecnologia dell’agricoltura cellulare alla coltivazione di proteine animali nello spazio. Questo consentirebbe di produrre carne e derivati di origine animale in base alle necessità e, soprattutto, direttamente sul posto, senza però che ci sia bisogno della presenza degli animali.
Tutto passa attraverso il ricorso alle cellule staminali muscolari. Queste sono prelevate dall’animale, con una tecnica indolore, e inserite in un bioreattore che ha il compito di innescare la generazione cellulare, attraverso stimoli biochimici e meccanici.
Saranno poi le stesse cellule a dare il via al processo di differenziazione che porta alla formazione di diverse fibre muscolari. Si genereranno così i tessuti finalizzati, in questo caso, al consumo umano.
Un progetto con due team
Il progetto presentato sulla piattaforma OSIP ha ottenuto il finanziamento e sono stati selezionati due diversi team che collaboreranno. Una squadra è formata da due realtà tedesche, l’Università di Reutlingen e un’azienda nata solo nel 2019, yuri, che si occupa di applicazioni commerciali nell’ambito della microgravità. Il secondo team invece è formato da tre aziende inglesi: Kayser Space che produce hardware per la ricerca scientifica e tecnologica nello spazio, la startup Cellular Agriculture, che lavora nel settore delle proteine coltivate, e Campden BRI che svolge analisi e ricerche per l’industria del settore alimentare.
Dopo avere analizzato i valori nutrizionali delle proteine coltivate e averli confrontati con gli alimenti proteici pensati per applicazioni spaziali, i due team dovranno stabilire i requisiti per la procedura di coltivazione nello spazio. Per fare questo si baseranno sulle linee guida nutrizionali studiate per gli astronauti e per le future missioni spaziali, e saranno affiancati dagli esperti in materia dell’ESA.
Ne nascerà alla fine un progetto preliminare per la realizzazione di un sistema di produzione di carne in coltura per applicazioni spaziali, analizzandone in ultimo la fattibilità, anche commerciale.
Proteine animali a basso impatto anche sulla Terra
Gli studi sono condotti guardando al cielo ma pensando anche alla vita sul nostro pianeta.
Le nuove tecniche con cui ricavare tessuti e proteine nutrizionali, attraverso le biotecnologie cellulari e la genica, troverebbero applicazioni interessanti anche sulla Terra. Gli scienziati ritengono che l’agricoltura cellulare potrebbe essere una delle soluzioni per ridurre il consistente impatto ambientale provocato dall’allevamento intensivo. Non solo, costituirebbe un domani anche un ottimo modo per garantire proteine animali a popolazioni che non possono fare affidamento sull’allevamento o, ancora, una soluzione per affrontare il problema della crescita della popolazione mondiale prevista per i prossimi decenni, che renderà insostenibile la produzione di carne con i metodi che noi oggi utilizziamo.
Sviluppi di certo interessanti ma ancora lontani dal divenire realtà. Il processo al momento è difficilmente riproducibile in scala, ha costi troppo elevati e deve essere migliorato sotto diversi aspetti, sia pratici del processo in sé, sia di regolamentazione. Senza dimenticare la non trascurabile parte legata all’accettazione da parte dei consumatori.
Resta comunque un’ottima soluzione per migliorare la nutrizione di chi si avventura a chilometri di distanza dal nostro pianeta. E c’è da scommettere che – come già accaduto in passato – le idee nate per lo spazio troveranno posto anche sulla Terra.
Musica: “La Da Dee” (soundtrack Piovono polpette 2) – Cody Simpson.
Foto in copertina: Le razioni di cibo per gli astronauti della Soyuz – ESA
Ascolta/Leggi anche:
- La geopolitica delle stelle
- “Servizi” orbitanti
- L’orticello del vicino
- Le ali di cera
- Israele e Palestina: uccisa giornalista di Al Jazeera
- Porto Rico: salvataggio di migranti in mare
- Somalia: Hassan Sheikh Mahamud eletto presidente per un secondo mandato
- L’inquinamento uccide 9 milioni di persone all’anno
- Editoria indipendente e femminismo – in una parola: Frisson
- Afghanistan: alle giornaliste in tv ordinato di coprirsi il viso
- Ritorno alla Luna
- Artemis 1: la Luna può attendere
- Freddo sicuro
- Un cocktail per Giove
- Commerciali ma non troppo
E se credi in un giornalismo indipendente, serio e che racconta il mondo recandosi sul posto, puoi darci una mano cliccando su Sostienici