Coronavirus in Siria nord-occidentale: altri 18 casi, metà sono medici

Scritto da in data Luglio 22, 2020

La pandemia di Coronavirus va ormai avanti da quattro mesi. E si sta facendo strada anche in Siria nord-occidentale, con – dice oggi una nota di Medici Senza Frontiere – altre 18 persone risultate positive dopo il primo caso confermato il 9 luglio scorso. Si tratta, in più della metà dei casi, di operatori sanitari al lavoro nei pochi ospedali ancora funzionanti.

“Il fatto che i primi casi confermati di Covid-19 provengano dalla comunità medica è preoccupante, e ancora di più in un posto come la Siria nord-occidentale”, dice Cristian Reynders, coordinatore per le operazioni di MSF in Siria nord-occidentale. “Avere anche pochi medici lontani temporaneamente dal lavoro per via dell’isolamento può fare una grande differenza per l’accesso alle cure mediche della popolazione. Anche prima del Covid-19 le risorse umane erano molto limitate nel settore sanitario: molti medici sono fuggiti dalla guerra e gli ospedali spesso devono condividere il personale medico per rimanere aperti e in funzione”.

Ospedali e servizi medici

Due degli ospedali recentemente visitati da alcuni dei medici contagiati, hanno temporaneamente chiuso e a tutto il personale medico di queste strutture è stato chiesto di auto-isolarsi a casa o di rimanere in quarantena negli ospedali stessi, dice MSF. Nel frattempo, i servizi medici sono stati ridotti anche in altri ospedali della Siria nord-occidentale. Le autorità sanitarie locali hanno infatti chiesto agli ospedali di sospendere temporaneamente le attività ambulatoriali e i servizi di chirurgia non essenziale.

“Già dall’inizio della pandemia, alcuni reparti ambulatoriali sono stati chiusi per settimane in risposta a rischi o timori legati al Covid-19”, dice Reynders di MSF. “Naturalmente è importante prendere misure precauzionali, ma questa regione non ha a disposizione una capacità medica supplementare ed è essenziale considerare l’impatto sulla possibilità di fornire regolare assistenza medica alla popolazione. All’inizio eravamo preoccupati per le potenziali conseguenze del Covid-19 a Idlib. Ma il fatto che i servizi essenziali siano stati temporaneamente chiusi o ridotti, e che ci siano ancora meno risorse umane disponibili rispetto a prima della pandemia, è estremamente preoccupante”.

MSF/L’infermiera di MSF, Umm Ahmad, controlla la pressione a una donna sfollata a causa del conflitto nel nord-est della Siria.

I medici contagiati lavoravano in strutture sanitarie in diverse località – distretti di Azaz, Sarmada e Ad-Dana – nei governatorati di Aleppo e Idlib: il virus, avverte la ong, potrebbe essersi già spostato da quello che sembrava un cluster localizzato a un’area più estesa.

“In Siria nord-occidentale c’è un serio problema di capacità diagnostica. Pochissimi test sono stati resi disponibili e, dopo i casi confermati, i kit disponibili stanno rapidamente diminuendo. Se si esauriscono, c’è una possibilità di diffusione rapida nei campi che sarà impossibile individuare e fermare. E questa prospettiva pone conseguenze allarmanti per le persone più vulnerabili – anziani e persone con malattie croniche – che devono avere la priorità nella distribuzione di kit igienici e per tutte le misure di protezione dal virus”, dice Reynders.

In copertina Idlib, Siria / MSF

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