Germania dell’est-remismo
Scritto da Paola Mirenda in data Agosto 31, 2019
Il primo settembre la Sassonia e il Brandeburgo voteranno per eleggere i loro nuovi parlamenti regionali. Il 27 ottobre sarà il turno della Turingia. I populisti della destra estrema hanno trovato in Alternative für Deutschland il loro partito di riferimento e volano nei sondaggi. Ma formare un governo non è solo questione di numeri.
Quando il prossimo 9 novembre si festeggerà il trentennale della caduta del Muro di Berlino, a celebrare l’anniversario potrebbe esserci, nel Land da cui tutto è partito, un esponente dell’estrema destra. “Potrebbe”, ma quasi sicuramente non ci sarà: non perché Alternative für Deutschland non possa vincere le elezioni del 1 settembre in Sassonia, ma perché finora nessun altro partito si è detto disposto a governare insieme a loro.
I sondaggi, a pochi giorni dalle elezioni e qualunque sia il metodo di rilevazione, sono concordi: la Cdu resta in testa con circa il 30 per cento dei consensi, ma il secondo partito – il primo in moltissime città sassoni – è Alternative für Deutschland, che alle scorse consultazioni regionali non arrivava nemmeno al 10% e che ora è accreditato a un buon 25%. Lontanissimo è l’Spd, che a luglio sembrava non dovesse riuscire a superare la soglia di sbarramento ma che ora può sperare nell’8% dei consensi.
Il declino del partito guidato da Andrea Nahles prosegue di elezione in elezione e i voti persi non vanno a partiti ritenuti più di “sinistra”, ma direttamente alla destra. Lo mostrano i dati: Die Linke, primo partito a Lipsia, è al terzo posto nei sondaggi regionali, in calo di quasi cinque punti percentuale, i Verdi conservano un dieci per cento circa. Gli unici a crescere, risultati recenti (politiche ed europee) e sondaggi attuali alla mano, sono gli elettori di AfD. E crescono anche parecchio.
Il “caso Görlitz”
Görlitz, ai confini della Polonia e non lontano dalla frontiera con la Repubblica Ceca, è finita di recente sulle pagine dei principali quotidiani per essere stata tra le città con il maggior numero di consensi, in termini percentuali, per l’estrema destra alle elezioni europee: oltre il 32%, un exploit che si è ripetuto con egual fragore a Bautzen (32,1%), a Meißen (31 %), nella Svizzera Sassone (Sächsische Schweiz-Osterzgebirge, 32,9 %).
Non sono casi isolati: AfD è risultata il primo partito in 9 dei 13 distretti elettorali della Sassonia. In Brandeburgo, altro Land che andrà al voto il primo settembre, Alternative für Deutschland è al primo posto in 11 distretti, in due è a pari merito, nei restanti cinque è comunque sopra il dieci per cento. Non è stata una sorpresa, perché la tendenza era chiara da tempo.
Nel distretto di Görlitz alle ultime elezioni del Bundestag, nel 2017, la Cdu ha perso in media 17 punti percentuali, l’Spd 5, la Linke 9. Hanno perso tutti, Verdi compresi. Il Nationaldemokratische Partei Deustchland (Npd, sempre sul filo dell’apologia del nazismo) è scomparso. Alternative für Deutschland ha avuto un balzo di oltre 24 punti percentuali che l’ha portato a essere il primo partito sia nel voto uninominale sia in quello di lista.
Quando si è trattato di eleggere il nuovo sindaco a maggio, in concomitanza con le elezioni europee, il candidato di AfD ha preso più voti di tutti (il 36 per cento). Non erano abbastanza perché Sebastian Wippel fosse eletto al primo turno. Ma solo una coalizione amplissima e un forte movimento sociale, che ha coinvolto anche organizzazioni al di fuori della Sassonia, hanno fatto prevalere Octavian Ursu, candidato della Cdu. Contro Wippel, che avrebbe avuto il risultato storico di essere il primo sindaco AfD in tutta la Germania, ci si è messa anche Hollywood: attori e registi che nella cittadina sassone hanno trovato l’ambientazione per i loro film hanno sottoscritto un appello per invitare la gente a non consegnare Görlitz all’estrema destra.
Il voto regionale
La storia si ripete anche adesso, in vista del voto regionale. “Nessun voto ai fascisti”, recitano molti cartelli elettorali in giro per la Sassonia, firmati da associazioni, movimenti e gruppi sociali. “Non fare cazzate con la tua croce”, dice un manifesto di Die Partei, il partito satirico che difficilmente entrerà in parlamento ma che non rinuncia a fare campagna. Il movimento “Zukunft” (Futuro), che già alle elezioni europee si era mobilitato contro l’estrema destra, ha posto una domanda chiara ai 60 candidati della Cdu in Sassonia: “Siete disponibili a un’alleanza con AfD?”.
In quarantaquattro hanno risposto “no”, ma di altri sedici non c’è traccia. Un sondaggio online – dunque senza pretesa scientifica – mostra però come per la maggior parte dei partecipanti un’alleanza tra AfD e Cdu sia un’alternativa più “naturale” di una coalizione in cui Linke e Cdu fossero insieme. Ma la scelta è del tutto ipotetica: Michael Kretschmer, attuale presidente della Sassonia nonché candidato Cdu, lo ha spiegato chiaramente: mai con l’estrema destra, mai con l’estrema sinistra – cioè Die Linke.
Ipotesi di coalizioni
Oggi la Sassonia ha un governo che replica quello federale, con un presidente conservatore e vice presidente socialdemocratico, ma se le previsioni della vigilia fossero rispettate i due partiti insieme non sarebbero più maggioranza. Già si ipotizza una Kenya Koalition (aggiungendo i Verdi) o una Jamaica Koalition (Cdu e Verdi, con la presenza dei liberali, che dovrebbero poter superare la soglia di sbarramento tornando quindi in parlamento), oppure una Deutschland Koalition, come quella che dal 6 settembre governerà Bremerhaven e che vede insieme conservatori, socialdemocratici e liberali. Altre maggioranze in Sassonia non ce ne sono, se si vuole escludere Alternative für Deutschland dal governo.
Eppure la tentazione di allearsi con l’estrema destra è presente in alcuni politici. Hans-Georg Maaßen, ex capo dell’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV, servizi segreti interni) e considerato vicino ad alcuni ambienti della scena di destra, ha preso in considerazione tale possibilità, sposando tra l’altro molte delle tesi usate da Alternative für Deutschland. La sua presenza ingombrante ha spinto Michael Kretschmer a chiedergli di non fare più campagna elettorale per la Cdu in Sassonia. Maaßen ha obbedito “col cuore pesante”, come ha scritto su Twitter, e ha spostato le sue attenzioni altrove. Anche per evitare ulteriori imbarazzi parlando di immigrazione cattiva, frontiere da chiudere, alleanze a sinistra da evitare, tutte opinioni che hanno portato la leader Cdu Annegrete Kramp-Karrenbauer a chiedersi cosa diamine colleghi davvero Maaßen con il partito da lei guidato.
Per altre ragioni però l’idea di un governo con AfD si affaccia anche tra i socialdemocratici. In Brandeburgo, dove ora l’Spd governa con Die Linke, il candidato Udo Wernitz ha preso in considerazione seriamente la possibilità: “Non possiamo trascurare il 20 per cento dell’elettorato”, ha detto in un’intervista. Immediata la presa di distanza dei vertici del partito: “Non è la nostra visione”. Ma il fatto è che quel venti per cento dell’elettorato brandeburghese, e quel 30 per cento dell’elettorato sassone, una visione ce l’ha. E trova in Alternative für Deutschland una corrispondenza.
Le cause
Si dice “la crisi”, “le speranze deluse”, la povertà. Ma no, non è una giustificazione. Görlitz, mi racconta Silke che lì è nata, è una città tutto sommato ricca, anche se non ha più i vecchi splendori. Però è piena di anziani, i giovani sono andati via, negli animi c’è più risentimento che speranza. Il fiume Neiße la divide da Zgorzelec, Polonia. Cinquemila polacchi attraversano il ponte ogni giorno per venire a lavorare qui, c’è un senso di benessere, di vecchia e solida borghesia. Ma protestano per i fondi europei, per la gente dell’Ovest, per il governo che non si interessa abbastanza alle zone rurali e che concentra tutto il suo intervento nelle grandi città. Il governo che “pensa agli immigrati e non ai tedeschi dell’Est”, che lascia gli “Ossi” al loro destino, che li ha annessi e non unificati, che si è preso fabbriche e vita.
AfD ha condensato tutti questi sentimenti in un concetto che oggi è il leit motiv della loro campagna: “la rivoluzione del 1989 non è compiuta, finiamo quel che avevamo iniziato”. Wende 2.0, lo chiamano, il livello avanzato della “Wende”, la svolta. Contro quella che giudicano una “appropriazione indebita” si sono mossi i 110 intellettuali, artisti, politici che hanno firmato un manifesto per dire che non permetteranno ad AfD di mistificare la storia. “Wir sind das Volk”, lo slogan urlato nelle manifestazioni del 1989, non è roba loro, come non lo era per Pegida, il movimento anti immigrati e anti musulmani da cui ha attinto militari ed elettori proprio AfD.
Curiosamente i maggiori leader di Alternative für Deutschland sono nati e cresciuti nell’Ovest, alcuni dei membri di spicco del partito hanno un passato da funzionari della Ddr (e della Stasi, la polizia segreta), ma ai loro sostenitori poco importa la contraddizione. Come poco gli importano i legami acclarati con esponenti neonazi e con movimenti sciolti per apologia di nazismo. La “freundlichen Revolution” nelle urne è uno slogan che suona bene, che restituisce il senso di potenza che c’era trent’anni fa. O più semplicemente restituisce l’illusione di essere ancora giovani. Perché l’elettorato medio di AfD è “adulto”: secondo un’analisi del quotidiano Leipziger Volkszeitung “il tipico elettore è un maschio, tra i 50 e i 65 anni, che vuole limitare l’immigrazione, ha molta paura del crimine e ha l’orgoglio sassone più pronunciato tra tutti gli intervistati”. Degli altri temi della campagna elettorale si interessa poco. Anche se la protezione ambientale è la preoccupazione principale per il 24 per cento degli elettori in Sassonia (secondo un sondaggio realizzato da infratest-dimap per Mdr) questo non incide sulla scelta del tipico votante di AfD, che anzi è per lo più convinto che si tratti di un falso problema, usato solo per rovinare le aziende dell’Est e bloccare lo sviluppo della regione.
Oggi la politica tedesca si ritrova a fare i conti con questo elettorato e ad affrontare – ed era ora che venisse fatto – il problema di una Germania dell’Est che la considera, nel migliore dei casi, matrigna e non madre. Certo, la Sassonia non è tutta nera (per meglio dire “azzurra”, che è il colore di AfD) ma pure se lo fosse solo parzialmente, quella “questione di identità” non può essere ignorata. Perché c’è un modo democratico e inclusivo di porre il problema, dicono le migliaia di persone che hanno manifestato in queste ultime settimane a Wurzen, Dresda, Plauen, Postdam, Lipsia. C’è una possibilità di criticare gli errori del governo federale da “sinistra” (non a caso Die Linke è considerata dal 24 per cento delle persone il partito che più si occupa degli “Ossi”, contro appena il 16 per cento che si affiderebbe a AfD). E in ogni caso, comunque vada, non perdere mai l’ottimismo dell’89. Come ha scritto un commentatore, se il 30 per cento vota AfD, questo significa che i due terzi delle persone sono contrarie. Da questo si può ripartire.
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