Elon Musk ha comprato Twitter

Scritto da in data Novembre 29, 2022

Chi è il nuovo proprietario di Twitter? Ritratto di un imprenditore visionario.

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L’acquisto di Twitter

Una delle notizie economiche più rilevanti delle ultime settimane è che Elon Musk avrebbe sborsato ben quarantaquattro miliardi di dollari per comprarsi Twitter, che, al cambio attuale − quasi alla pari tra dollaro statunitense ed euro − si traducono in quarantaquattro miliardi di euro, non tutti sborsati da Musk, aiutato da investitori statunitensi ma anche cinesi, sauditi e del Qatar, come anche da un prestito fornito da banche come Morgan Stanley. Uno dei più importanti social media è stato così acquistato da uno degli uomini più ricchi del pianeta, che ha subito terremotato la società di cui è diventato proprietario. Ha iniziato decapitando i vertici aziendali, ha poi licenziato con una semplice email circa la metà dei settemilacinquecento dipendenti, mentre diversi dirigenti hanno rassegnato le dimissioni. Poi si è accorto che erano state licenziate anche figure tecniche di fondamentale importanza per il funzionamento dell’attività, e le ha richiamate in servizio. Ha eliminato lo smart working, così d’ora in poi chi vuole lavorare per Twitter dovrà recarsi in ufficio.
Fin qui potremmo dire che si tratta di una classica ristrutturazione aziendale in stile americano, con i dipendenti che vengono messi alla porta dalla sera alla mattina e  che escono dall’ufficio con gli scatoloni dei loro effetti personali. Metodi spicci che fanno un po’ inorridire gli europei, ma va detto che gran parte di quei lavoratori troveranno in breve tempo un altro impiego nel sempre vivace mercato del lavoro statunitense
In questa partenza frizzante Elon Musk ha esordito anche con una proposta inaspettata, quella di far pagare un abbonamento per l’accesso alla piattaforma. Era partito sparando una cifra di venti dollari al mese, per scendere poi a otto.
D’altronde, come ha spiegato lo stesso Musk, Twitter perde quattro milioni di dollari al giorno, il che si tradurrebbe in un anno in una perdita di quasi un miliardo e mezzo di dollari: i costi dell’energia sono sempre più elevati per tutti anche per i social media. Inoltre, i governi introducono normative sempre più restrittive sull’utilizzo e la protezione dei dati personali e questo è un altro fattore che sta facendo crescere i costi aziendali.
La proposta di trasformare il social da piattaforma gratuita per la condivisione in un vero e proprio servizio è oggettivamente interessante, e per certi aspetti rivoluzionaria. Si pagherà anche per avere la possibilità di pubblicare testi più lunghi e video.
Occorrerà avere un profilo verificato e, quindi, si farà una selezione eliminando tutta una serie di profili fasulli e di cosiddetti troll che distorcono i dati. Ci sarebbero indubbi vantaggi per quel che riguarda la tutela della privacy, la verificabilità degli utenti e la trasparenza. L’accesso ai social a pagamento sarebbe un accesso più consapevole e meno patologico.
Se Musk riuscisse in questo suo intento, l’intero mondo dei social potrebbe subire una rivoluzione copernicana.
Il problema esiste da quando è stato inventato il web: su internet tutto deve essere gratis oppure bisogna pagare?
È evidente che, dopo aver abituato per decenni gli utenti ad avere tutto gratis, non sarà facile introdurre il principio che per avere qualcosa bisogna pagare, un concetto basilare nel mondo reale ma scarsamente applicato nel mondo virtuale. In realtà, il principio del “tutto è gratis” è servito a favorire l’ascesa dei colossi del cosiddetto “Big Tech”, le grandi piattaforme tecnologiche, quelle grandi aziende, in prevalenza americane e in parte minore cinesi, che dominano la rete, che si accaparrano gran parte degli introiti pubblicitari e che non lasciano spazio ai concorrenti più piccoli, inesorabilmente cannibalizzati. Grandi aziende, con grandi dotazioni di capitali, possono permettersi di fornire gratis o a prezzi molto bassi i loro servizi anche per diversi anni, finché non sono riuscite a conquistare una posizione dominante, e a quel punto possono far pagare o possono aumentare i prezzi sfruttando la propria posizione dominante. Nel mondo reale questa strategia commerciale si chiamerebbe dumping o, per dirla in italiano, vendita sottocosto e rappresenta una pratica sanzionata dalle regole del commercio internazionale. Nel mondo virtuale, invece, sappiamo che le regole sono facilmente aggirabili, il dumping è lecito, le tasse si possono evadere e via di seguito.
Nei prossimi mesi si capirà se questa nuova avventura di Elon Musk sarà un successo o se finirà in bancarotta, ma vediamo di capire chi è questo imprenditore genialoide, eccentrico, visionario coraggioso o forse temerario, o invece, come sostiene qualche suo detrattore, semplicemente un pazzo molto fortunato che, essendo ancora abbastanza giovane − ha poco più di cinquanta anni − ci riserverà ancora diverse sorprese.

Biografia di Elon Musk

Elon Musk nasce nel 1971 a Pretoria, in Sudafrica, da una famiglia benestante. Il padre è un ingegnere elettronico mentre la madre è una modella di origini canadesi.
È  un bambino sveglio e molto intelligente, portato per lo studio, si potrebbe dire il classico secchione, con una grande passione per la tecnologia, e infatti a soli dodici anni realizza Blastar, un videogioco per computer. Durante l’adolescenza viene preso di mira da alcuni bulli della sua scuola che lo scaraventano giù dalle scale e lo mandano in ospedale con il setto nasale rotto.
All’età di diciotto anni si trasferisce in Canada per gli studi universitari, iscrivendosi alla Queen’s University nello stato dell’Ontario.
Ma decide presto di spostarsi negli Stati Uniti, dove consegue una laurea in fisica all’Università della Pennsylvania e una seconda laurea in economia alla Wharton School of Business, una delle più prestigiose facoltà di economia del pianeta.
Inizia anche un dottorato in Scienza dei materiali alla Standford University, ma abbandona poi gli studi per dedicarsi all’attività imprenditoriale.
Nel 1995 fonda, isieme al fratello Kimbal, Zip2, un’azienda che realizzava guide delle città online e che fu venduta qualche anno dopo alla società AltaVista. Con il ricavato della vendita, più di trecento milioni di dollari, fondò un’altra azienda, X.com, una società che forniva servizi finanziari online e che nel 2000 si fuse con un’altra società che consentiva di fare pagamenti via email: la nuova società nata da quella  fusione si chiamò Paypal. Come tutti sappiamo, oggi Paypal è diventato uno dei sistemi di pagamento più diffusi e conosciuti nel mondo.
Nel 2002 Paypal viene venduta a Ebay, altro colosso delle nuove tecnologie, e da quella vendita Musk ricava un miliardo e mezzo di dollari, ottenendo anche una grande notorietà internazionale. Il ricavato lo reinveste in un altro suo progetto visionario, SpaceX, una società che dovrebbe occuparsi di trasporti nello spazio progettando e costruendo razzi e veicoli spaziali. L’obiettivo è quello di consentire il trasporto di massa delle persone e delle merci nello spazio impiegando moduli di trasporto riutilizzabili. Quella società ha progettato un razzo che oggi viene utilizzato per i rifornimenti alla stazione spaziale internazionale e che si chiama Falcon Heavy; nell’aprile del 2021 il primo equipaggio della Crew Dragon, una navicella della SpaceX, è attraccata alla stazione spaziale internazionale. L’obiettivo dichiarato da Elon Musk è quello di arrivare a conquistare pianeti lontani, un passo fondamentale per garantire nel futuro la sopravvivenza della razza umana.
Nel 2003 Musk fu anche tra i fondatori di Tesla Motors, una casa automobilistica che avrebbe dovuto rivoluzionare il settore dell’automobile puntando sulla produzione di macchine a basso impatto ambientale, utilizzando energie rinnovabili ma senza rinunciare a prestazioni e velocità. Nacquero così le nuove auto elettriche. Oggigiorno di auto elettriche se ne parla quotidianamente e già cominciamo a vederne girare diversi modelli nelle nostre città, ma vent’anni fa l’auto elettrica era ancora una chimera, un sogno impossibile ma non per Elon Musk. Il primo modello si chiama Tesla Roadster, utilizza batterie elettriche a ioni di litio, ha prestazioni da auto sportiva e un design accattivante.
Ma l’ingegnoso imprenditore ha contribuito alla creazione di numerose altre aziende, per esempio SolarCity nel 2006, specializzata nel fotovoltaico, OpenAi nel 2015, che si occupa di intelligenza artificiale, Neuralink nel 2016, che si occupa di sviluppare interfacce neurali, in pratica sistemi per collegare il cervello umano all’intelligenza artificiale. Ma si possono ricordare anche Halcyon Molecular, un’azienda che si occupa di biotecnologie con l’obiettivo di sconfiggere le malattie incurabili, oppure Hyperloop, un progetto futuristico per il trasporto veloce di persone e merci.
Nel 2022 il suo patrimonio, secondo la rivista americana Forbes dovrebbe attestarsi sui duecentodiciannove miliardi di dollari contendendo a Jeff Bezos, il fondatore e proprietario di Amazon, il primato di uomo più ricco del mondo.

Il caso Tesla

Tra le tante iniziative imprenditoriali di Elon Musk, la Tesla probabilmente è la più straordinaria. In soli vent’anni, partendo da zero, da un’idea, Musk e i suoi soci sono riusciti a costruire uno dei più importanti gruppi automobilistici del pianeta.
Il settore automobilistico è uno dei comparti industriali più rischiosi e complessi, ma anche uno dei più maturi e consolidati, dominato ormai da pochi grandi gruppi che operano a livello globale, hanno decine di migliaia di dipendenti, impianti produttivi enormi, brevetti industriali, tecnologie sperimentate e  movimentano centinaia di miliardi. Nel 2003, quando Musk e i suoi soci fondano la Tesla, avevano soltanto un sogno, quello di realizzare delle auto elettriche, quindi ecologiche, che avrebbero aiutato a ridurre l’inquinamento del pianeta. Ma quelle auto avrebbero dovuto competere con quelle tradizionali, dotate di motori endotermici che utilizzavano combustibili fossili, sul piano delle prestazioni e anche del design. La società Tesla Motors era stata fondata nella Silicon Valley, in California, dove si è sviluppato tutto il settore delle start up informatiche diventate negli anni le grandi piattaforme tecnologiche che oggi dominano il web. Ma un conto è creare una start up  che deve progettare software, altra cosa è mettere in piedi un’azienda che deve produrre automobili, mezzi di trasporto complicati, costituiti da centinaia di componenti, con problematiche di sicurezza, consumi, prestazioni, materiali, organizzazione logistica. Oltre al fatto che una volta costruite quelle auto vanno vendute e, quindi, occorrerà creare una rete distributiva, inoltre, utilizzando batterie elettriche occorrerà anche predisporre una rete di stazioni di ricarica sul territorio, altrimenti in pochi le compreranno. Inutile dire che per affrontare tutte queste problematiche occorreranno capitali, molti capitali, e quindi occorrerà convincere banche, fondi d’investimento, capitalisti privati, fondi di venture capital a investire su questa nuova idea. Pensare di entrare in competizione con aziende automobilistiche che erano sul mercato da decenni, e alcune da più di un secolo, sfidandole sul loro stesso terreno, oggettivamente era un’idea folle. E nel 2003, che Elon Musk fosse un pazzo scatenato o un ciarlatano, lo pensavano in molti.
Contrariamente a tutte le aspettative, Musk e i suoi soci hanno vinto la propria scommessa. Investendo tutti i loro capitali, arrivando diverse volte a un passo dalla bancarotta, sono riusciti in vent’anni a diventare uno dei più importanti gruppi automobilistici del pianeta. Tesla oggi ha un valore di borsa di poco inferiore ai seicento miliardi di dollari. Nel 2021 ha venduto poco meno di un milione di veicoli, ha realizzato un fatturato di circa cinquantaquattro miliardi di dollari e un utile di circa cinque miliardi e mezzo. La scommessa dell’auto elettrica è stata vinta, e ormai tutte le grandi aziende del settore stanno investendo in questa direzione sfornando sempre nuovi modelli, e anche i governi spingono sempre più verso il passaggio accelerato all’elettrico per contrastare gli effetti nocivi dell’inquinamento. Nessuno dà più del matto a Elon Musk, che ormai è diventato un anticipatore, un visionario e uno degli uomini più ricchi del mondo.

Schumpeter e lo sviluppo capitalistico

Joseph Schumpeter è stato uno dei più importanti economisti della prima metà del Novecento, anche se è poco conosciuto al grande pubblico. Nato nell’ex impero austro-ungarico dopo la Prima Guerra Mondiale, fu anche ministro delle Finanze della neonata Repubblica austriaca e nel 1932 si trasferì negli Stati Uniti per insegnare all’Università di Harvard. Nei suoi studi si occupò molto di sviluppo economico e del ruolo fondamentale che in un’economia capitalistica svolgeva l’imprenditore come propulsore dell’innovazione. Per Schumpeter i due motori dello sviluppo economico sono innanzitutto l’imprenditore, che sfrutta le innovazioni tecnologiche, inventa nuovi prodotti, scopre nuovi mercati, crea nuovi modi per organizzare la produzione; in secondo luogo i capitali, quindi i soldi, che devono essere messi a disposizione dell’imprenditore da parte del sistema bancario, per consentire lo sviluppo dell’economia. Le innovazioni, però, non vengono introdotte nel sistema economico dagli imprenditori in maniera continuativa e lineare, ma si possono concentrare in un determinato periodo e ridursi in altri periodi. Questo fatto spiega i cicli economici, cioè l’alternarsi di periodi di crescita e di periodi di crisi, fasi di espansione si alternano a fasi di recessione. Tutto ciò accade perché lo sviluppo capitalistico è un processo di “distruzione creatrice”, le innovazioni introdotte nel sistema economico dagli imprenditori creano nuovi prodotti e nuove aziende che rendono obsoleti i vecchi prodotti e le vecchie aziende, che scompaiono. Lo sviluppo capitalistico è in pratica un processo di selezione, anche brutale, che fa emergere nuovi imprenditori, fa morire vecchie aziende, ne trasforma altre e ne fa nascere di nuove.
L’analisi di Schumpeter, ancor oggi valida in quanto spiega bene come funzionino certe dinamiche dell’economia capitalistica, si adatta pienamente a personaggi come Elon Musk, l’imprenditore che sfrutta le innovazioni tecnologiche per creare nuovi prodotti e aprire nuovi mercati. Inoltre, Musk ha trovato negli Stati Uniti un contesto favorevole dove poter trovare i capitali necessari a sviluppare i suoi progetti. Al di là del giudizio che si può avere su un personaggio, anche controverso, come Elon Musk, le sue capacità imprenditoriali sono indiscutibili anche se forse una delle sue armi segrete, quel qualcosa in più che lo ha sempre caratterizzato, è stata la capacità di far sognare i propri interlocutori, che fossero soci, collaboratori, dipendenti, investitori, clienti. Musk  è riuscito a condividere con loro i suoi sogni, trasmettendo il suo entusiasmo, quasi infantile, per un futuro che non soltanto si può immaginare ma si può anche realizzare, per un futuro che non può che essere migliore. Credere che ci possa essere e si possa realizzare un futuro migliore è sempre stata, nel corso della storia, la motivazione fondamentale che ha spinto gli esseri umani a realizzare enormi imprese, e riuscire a trasmettere questa fiducia in un mondo migliore è sempre stata la forza dei grandi imprenditori, come anche dei grandi leader politici.

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