Essere donna in Azerbaigian
Scritto da Julia Kalashnyk in data Settembre 3, 2019
Azerbaigian
Nigar è una madre, una giornalista realizzata, una donna la cui voce è avvolta dall’amore infinito per la cultura e le tradizioni della propria terra. E’ fortemente convinta che le tradizioni siano fondamentali nella formazione delle generazioni future, che sostengono una persona nelle diverse fasi della sua vita.
Ci racconta che nella cultura e nelle tradizioni azare, la figura di una donna gode il rispetto assoluto, quasi sacrale. Lei è una madre, una moglie, una figlia, una sorella.
“Una donna fuori dalle mura di casa viene chiamata “Hanum” o “Badji”, che vuol dire padrona o sorella. E’ questo mostra il sentimento della riverenza che ogni uno qui sente verso una donna, anche estranea. Qui aiutano sempre le donne con bambini, cedono loro il posto sui trasporti pubblici e non usano mai espressioni forti con una donna accanto”, ci racconta orgogliosamente Nigar.
Secondo lei donne azara hanno percorso molta strada per conquistare le proprie libertà e partecipare attivamente alla vita politica.
La memoria collettiva ricorda ancora donne diplomatiche, artiste – tutte quelle figure femminili che hanno lasciato un segno profondo nella storia. L’Azerbaigian nel 1918 divenne poi il primo paese nel mondo musulmano a cui alle donne fu concesso il diritto del voto.
Una società patriarcale
“Ma questo è un lato della medaglia, e in tutta onestà vale la pena mostrare l’altra e raccontare cosa significa essere donne in Azerbaigian ora. Non è un segreto che quella azera è una società patriarcale, e lo è sempre stata. E questo dice tutto”, continua rammaricata Nigar.
Anche se è molto rispettata e amata, una donna per la mentalità locale deve fare solo le cose che tradizionalmente spettano alle donne. E un’uomo, invece, da secoli riveste il ruolo del capo della famiglia, senza il quale non viene presa nessuna decisione importante.
E poi la valanga di parenti, più che altro quelli del marito – nonni, nonne – che ingombrano con la propria presenza lo spazio privato di una giovane famiglia. Si intromettono nella scelta di nomi per bambini, nel dove acquistare meglio una casa o altro ancora.
Naturalmente, ciò che è permesso a un ragazzo non è permesso ad una ragazza.
Passo dopo passo si lotta contro questi stereotipi, sebbene siano ancora molto rilevanti nella società azara. La giornalista sottolinea che è inutile negarlo, sebbene si osservino cambiamenti.
“Se ci voltiamo indietro ad osservare la realtà azera, quella di 10-15 anni fa, è impossibile non notare il fatto che la situazione è cambiata molto”, ci racconta Nigar.
Ora una donna azara guida sempre di più la macchina, si siede a un tavolo di trattative al lavoro, viaggia sempre più da sola, occupa una posizione professionale di rilievo e guadagna. L’indipendenza economica e tante opportunità le permettono di sostenere la sua famiglia senza un uomo. Esistevano anche prima queste cose, ma ai giorni nostri si stanno diffondendo sempre di più.
Nigar sottolinea che la società non è omogenea, e la realtà che vivono le donne nelle regioni del paese si differenziano dalla realtà della capitale. A giudicare dalle storie che si sente raccontare, la situazione nelle regioni va molto peggio che a Baku, la capitale di Azerbaigian. I matrimoni si concludono per decisione di famiglia, la figlia viene data via il più presto possibile, considerata una bocca in più da sfamare, un peso. Le violenze domestiche, il desiderio di avere soli figli maschi, la sottomissione al marito – tutto questo è più tipico nelle regioni che nella capitale.
Aborto Selettivo
“Sì, questa è la nostra stridente realtà. Avere un bambino maschio diventa una fissazione: persino durante un matrimonio alla sposa si augura un figlio maschio. La situazione diventa allarmante quando in una famiglia nascono più femmin, e succede che l’ultima bambina viene chiamata con un nome che significa “abbastanza” o “basta”. E’ una specie di superstizione, un augurio che la prossima volta in famiglia nasca un maschio – spiega Nigar – Gli aborti selettivi sono vietati, ma nonostante questo siamo nella lista dei paesi in cui questo problema si sente molto. Qui una donna diventa responsabile della nascita di una bambina indesiderata, la società la ritiene colpevole”.
Alla fine, ci soffermiamo sul destino delle donne divorziate. La giornalista ci spiega che qualche decina di anni fa il divorzio era una cosa impensabile, un tabù. Ora sono avvenuti dei cambiamenti, che accadano pero a determinate condizioni. Una donna che è economicamente dipendente dovrà sopportare tradimenti e maltrattamenti dal marito. Resterà nella situazione logorante per il bene dei propri bambini e, semplicemente perché non ha nessun posto dove andare. Ancora oggi in Azerbaigian i genitori tradizionalisti non sempre comprendono e accettano una figlia divorziata.
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