Guida per galassie politicamente corrette

Scritto da in data Settembre 8, 2018

IN COPERTINA – Mike Pence, vice presidente degli Stati Uniti

Parlare non è mai stato tanto scorretto: un universo che va dall’espressione “Hey, guys!” ai discorsi di Mike Pence sulla conquista dello spazio. A cura di Cardiopoetica su Radio Bullets
Musica: Mina, La banda

Ci siamo chiesti se per la nuova trasmissione di Sguardi InVersi non fosse preferibile adottare il silenzio. In fondo è un altro tipo di linguaggio, anzi fa parte del linguaggio, non come assenza di parola, ma come ulteriore elemento e non necessariamente inteso come pausa. John Cage ha scritto un’intera partitura sul silenzio. Vederlo suonare (o alcuni direbbero in modo grossolano ma comprensibile non suonare) davanti a un pianoforte per 4 minuti e 33 secondi, sfogliando lo spartito e rispettando le pause del silenzio stesso appare ai più, oggi, una scena surreale. Se dovessimo immaginarci un’apocalisse finale, essa corrisponderebbe più o meno alla fine di ogni rumore. Ci resterebbero molti altri mezzi per comunicare, e la parola sarebbe semplicemente scritta. C’è nella parola scritta più suono di quanto ne susciti quella parlata, sussurrata, urlata. Ma a livello di linguaggio, che sia scritto o che sia verbale, alcuni problemi resterebbero immutati.

È il caso dell’espressione anglofona “Hey Guys”, che potremmo tradurre più o meno con “Ehy, ragazzi”. Nella lingua d’oltreoceano l’espressione equivale a un modo abituale di rivolgersi a una certa comunità, a prescindere dal sesso delle persone cui ci si rivolge. Il problema non è di poco conto e non è squisitamente teorico o accademico, tutt’altro: esso coinvolge ampie fasce di popolazione e ha a che vedere con una sensibilità che è mutata nel corso del tempo. Molti si stanno confrontando con la problematica di genere che suscita l’uso del termine “ragazzi”, considerato non inclusivo rispetto alla totalità degli orientamenti sessuali. Brad Ward, consulente universitario in una scuola superiore di Atherton, in California, ha ammesso “Come donna transgender, ho consapevolmente iniziato a cercare di smettere di usare ragazzi qualche anno fa”. Persino l’app di messaggistica Slack dispone di una rilevazione automatica che suggerisce in sostituzione della parola guys la parola all, cioè tutti. Nel corso dei suoi 400 anni di vita, il significato del termine è già cambiato più volte, diventando meno specifico col passare del tempo. All’inizio , la definizione della parola era piuttosto ristretta: Guy si riferiva ad un effigie di Guy Fawkes, il cospiratore inglese che tentò e fallì nell’attentato a Giacomo I facendo saltare in aria le Camere del Parlamento nel 1605. La maschera del noto film V per Vendetta si ispira proprio a questo personaggio. Da lì il termine ha assunto via via una funzione sempre più inclusiva e neutra, pur conservando un sapore maschile a parere di McWhorter, linguista della Columbia. assunto un significato maschile nell’Inghilterra settentrionale e in Scozia, assumendo un significato femminile in altri dialetti inglesi, e poi per lo più convergono nuovamente su un significato neutro. Inoltre la parola ha assunto un significato maschile nell’Inghilterra settentrionale e in Scozia, assumendo invece un significato femminile in altri dialetti inglesi, e poi convergendo nuovamente su un significato neutro.

La problematica esiste ma è relativa, forse accentuata da una retorica politicamente corretta di cui è intrisa buona parte del linguaggio di massa, sebbene molti capi di governo stiano invece facendo meno di quella che inizialmente è stata considerata come una democratica evoluzione della parola.

Anzi se guardiamo alle recenti dichiarazioni di Donald Trump e soprattutto del suo vice Mike Pence scopriamo che l’evoluzione della parola si fa repubblicana. Ma il termine repubblicano è soggetto a una discrasia, vista la distanza siderale tra l’attuale Presidente degli Stati Uniti e John McCain, il senatore da poco deceduto che ha sempre richiamato a un certo rispetto reciproco e democratico dei ruoli di opposizione e di governo. Con Mike Pence l’evoluzione della parola è intrisa di un certo richiamo religioso, quasi divinatorio. Il che non suonerebbe così strano come di fatto suona negli annunci che riguardano le attività della NASA o della Space Force da poco inaugurata come nuova forza militare. Lo spazio è inteso come ultima frontiera da conquistare cui l’America è ovviamente destinata! Nessun leader prima di Pence aveva mai iniettato questa retorica religiosa nei discorsi sul programma spaziale. Joshua Ambrosius, un professore di scienze politiche all’Università di Dayton, che studia la confluenza tra viaggi spaziali e l’uso della religione, giustifica tutto ciò dicendo che semplicemente Donald Trump delega a Mike Pence determinati compiti, e Pence esegue adottando lo stesso linguaggio che adotta in ogni altra area. Il problema anche qui si fa più delicato ma riguarda sempre l’inclusione: come reagirebbe un musulmano o un buddhista al tenore di questi discorsi così proiettati verso la fede ma che riguardano tuttavia un’area rigorosamente scientifica? Vero che il fattore divino (ci perdoni Dante!) non è estraneo a questi discorsi: era la vigilia di Natale del 1968 e gli astronauti dell’Apollo 8 nei pressi della luna leggevano a turno alcuni passi della Genesi. Qualcuno sostiene che Pence usi quel linguaggio in quanto provenendo da una comunità di evangelici poco interessati a tali temi riesca in questo modo ad intrigarli sull’argomento e, in un certo senso, ad ottenere il loro sostegno.

E il linguaggio poetico? Esiste un linguaggio poetico? E qual è l’ultima frontiera di una poesia? Noi ci teniamo sulla poesia di montaliana memoria: non domandarci la formula che mondi possa aprirti.

Da Cardiopoetica per Sguardi InVersi è tutto. Linea a Radio Bullets e…Hey Guys, ad astra!

Fonti:

https://www.theatlantic.com/science/archive/2018/08/mike-pence-nasa-faith-religion/568255/

https://www.theatlantic.com/family/archive/2018/08/guys-gender-neutral/568231/

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