Il ritorno del gigante preistorico
Scritto da Raffaella Quadri in data Settembre 22, 2021
La tecnologia non è fatta solo di microchip e robot, vi è anche la tecnologia biologica e genetica. Proprio di questo parleremo oggi, con un progetto davvero singolare.
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Per capire di cosa si tratti innanzitutto bisogna procurarsi un mammut o almeno quello che ne rimane, estrarne i frammenti di DNA sopravvissuti all’incombere dei millenni, e mischiarli con il DNA dell’elefante asiatico. Si otterrà così un esemplare simile, con caratteristiche di entrambi.
La domanda che sono certa vi stiate ponendo è la stessa che mi sono fatta anch’io quando mi sono imbattuta nella notizia di questa ricerca: perché?
Ci arriveremo più avanti. Iniziamo intanto a capire l’antefatto.
La ricerca genetica di cui stiamo parlando nasce in realtà anni fa – se ne parlava già nel 2017 – dagli studi condotti da un gruppo di scienziati guidati dal genetista George Church, presso la Harvard Medical School.
Un progetto che ora però pare possa essere portato avanti grazie alla società di bioscienze e genetica che lo stesso Church ha fondato insieme all’imprenditore Ben Lamm e che finanzierà il progetto per il quale saranno stanziati ben 15 milioni di dollari – in euro siamo poco sotto ai 13 milioni. Colossal, questo il nome della società, è stata fondata proprio al fine di sostenere questo progetto definito di de-estinzione.
Come riportare in vita il mammut
Gli scienziati si avvarranno di una tecnologia di ingegneria genetica già nota.
Si tratta di mischiare due diversi DNA per ottenere un esemplare che abbia caratteristiche simili ai due di partenza. Nel caso specifico saranno combinati il DNA di un mammut lanoso, scomparso 4.000 anni fa, e di quello di un elefante asiatico.
Mentre la sottospecie scelta che, eventualmente, dovrà fungere da genitore surrogato – in cui quindi saranno impiantati gli embrioni ibridi di mammut ed elefante asiatico – sarà quella dell’elefante africano. L’idea primaria è di fare ricorso a un utero artificiale.
Il codice genetico del mammut lanoso e quello dell’elefante asiatico, si è detto, sono diversi ma molto simili: pare che i due animali condividano il 99,6% del patrimonio genetico. Gli scienziati di Colossal quindi ricostruiranno lo 0,4% mancante ricorrendo alla tecnica dell’editing del genoma, chiamata CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats).
Questo sistema permette di modificare la sequenza di un gene attraverso il ricorso a proteine capaci di tagliare il DNA e di modificare in parte il genoma di una cellula.
La stessa tecnica con cui si stanno studiando modifiche agli organi di alcuni animali per poterli rendere compatibili con l’organismo umano.
Secondo quanto spiegato dal ricercatore a CNN pare che le modifiche necessarie al codice genetico saranno oltre cinquanta.
Il risultato è un animale molto simile all’elefante asiatico, ma con le caratteristiche del mammut:
- piccole orecchie, adatte a sopportare il freddo
- spessa pelliccia
- strato di grasso isolante di 10 centimetri
Il loro obiettivo è avere i primi esemplari entro i prossimi quattro o sei anni.
Il mammut e la lotta ai cambiamenti climatici
Ma ritorniamo alla domanda di partenza, che dopo tutta questa spiegazione, non solo rimane tale, ma si rafforza pure: perché? Qual è il senso di questo progetto genetico?
Secondo Church e i suoi, sarebbe la lotta ai cambiamenti climatici.
Il nuovo mammut-elefante aiuterebbe a ridare vita e preservare il proprio habitat naturale, ovvero la tundra artica. Distese di terreni perennemente ghiacciati – il permafrost – che hanno il preziosissimo compito di assorbire e trattenere il carbonio. La presenza di mammut e di altri animali al pascolo in queste praterie ha consentito nei millenni di evitare lo scioglimento del permafrost − che invece ora si sta verificando − soprattutto per effetto del riscaldamento globale, con la conseguenza di aumentare i livelli di CO2 emessi in atmosfera.
L’idea dei ricercatori della Colossal è quindi quella per cui, ripopolando queste zone anche con il mammut-elefante, si possa ridare vigore alle praterie e contribuire a fermare lo scioglimento del permafrost.
Nel mondo scientifico, intanto, pare che non tutti siano concordi con la scelta di portare avanti questa ricerca, anche dal punto di vista etico. Mentre è diverso e positivo il giudizio sul ricorso all’ingegneria genetica quando sia rivolta alla conservazione di specie animali che rischiano di estinguersi. Inoltre pare che non ci sia garanzia che il ritorno del mammut o di altri mammiferi nell’Artico possa davvero avere un impatto positivo sul clima.
Ai posteri – e ai mammut – l’ardua sentenza.
Musica: “Walk the Dinosaur” (soundtrack “Ice Age: Dawn of the Dinosaurs”) – Queen Latifah
Foto di copertina: George Church – Colossal
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