Il sassolino di Wally

Scritto da in data Luglio 21, 2021

Nel giorno del 52° anniversario del lancio dell’Apollo 11 verso il nostro satellite, Mary Wallace Funk si prende la propria personale rivincita. Ci sono voluti 60 anni per levarsi quel fastidioso sassolino dalla scarpa, ma finalmente Wally ci è riuscita.

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Astronauta a ottant’anni

Mary Wallace Funk, detta Wally, è una ragazza di 82 anni con un sorriso disarmante, secondo solo alla sua grinta. Aviatrice dell’aeronautica statunitense ormai in pensione, ha sempre avuto la passione per il volo, tanto da fare di questo profondo amore il lavoro della propria vita.
Una donna per questo fortunata, eppure non del tutto. Perché se è vero che per i suoi tempi è riuscita a ricoprire ruoli generalmente preclusi alle donne, è indubbio che nel cassetto dei desideri ha dovuto lasciare quello a cui forse teneva di più: essere un’astronauta.
Almeno fino al 20 luglio 2021. Una data che non dimenticherà.

Blue Origin. Wally Funk all’uscita dal modulo.

Deve ringraziare Jeff Bezos – il papà di Amazon – che l’ha voluta al proprio fianco per il primo storico volo commerciale nello spazio di Blue Origin.
A prendere posto sulla capsula spinta oltre i confini dell’atmosfera sono stati in quattro:

  • Mary Wallace Funk
  • Oliver Daemen
  • Mark Bezos
  • Jeff Bezos.

Perché dissero di no a Wally

Bezos è stato battuto sul tempo solo da quello che, in tema di avventure visionarie e milionarie, è il suo storico rivale, Richard Branson, il patron di Virgin Group, che l’ha anticipato di qualche giorno con il primo volo turistico spaziale della sua Virgin Galactic.
Ma forse poco importa a Wally, che con Bezos ha potuto rivalersi sui quei signori della Nasa che nel 1961 le dissero di no.
Nonostante avesse superato gli stessi test previsti per il reclutamento di astronauti del programma Mercury con i voti migliori di tutti – colleghi maschi compresi – le fu preclusa ogni possibilità di diventare astronauta. A lei, come del resto a tutte le altre donne che parteciparono ai test.
Ci provò e riprovò, racconta lei stessa, presentandosi all’agenzia spaziale statunitense per ben quattro volte, ma nulla da fare. La Nasa al tempo era impegnata proprio al programma Mercury (1958-1963), ma per quanto fossero brave e preparate le pilote non furono mai prese in considerazione.
La ragione di questi reiterati “non si può fare”? Il fatto di essere donna e di non essere laureata. Ragioni che a qualunque logica di oggi come di ieri dovrebbero apparire semplicemente assurde, ma che sono state sufficienti perché Wally dovesse attendere il 2021 per diventare ciò che avrebbe sempre dovuto essere: un’astronauta.

L’era del turismo spaziale

Quella di Blue Origin non è stata una missione spaziale come siamo abituati a considerarle, bensì un volo suborbitale che ha oltrepassato però la linea di Von Kármán – quell’orizzonte posto a oltre 100 km di quota e che separa idealmente l’atmosfera terrestre dal resto dello spazio. E tanto è bastato per rendere i quattro fortunati protagonisti del volo, astronauti a tutti gli effetti.

Il volo è durato solo pochi minuti: da quando si sono accesi i motori del razzo New Shepard dalla rampa di Van Horn in Texas – in Italia erano le 15:12 – all’atterraggio della navicella, sono trascorsi poco più di 10 minuti.
L’altitudine raggiunta ha permesso ai passeggeri di vedere dai finestrini il profilo della Terra e di muoversi liberamente nella navicella in apparente assenza di gravità – alla quota raggiunta la forza gravitazione del nostro pianeta, in realtà, è ancora presente.

La tecnologia di Blue Origin

Il razzo New Shepard:

  • è dotato di un motore a idrogeno e ossigeno liquidi
  • porta in quota il buster con i passeggeri a bordo per poi sganciarsi e rientrare
  • è dotato di GPS che lo guida fino all’atterraggio
  • velocità raggiunta 3.600 km/h
  • voli sinora eseguiti 3.

Il booster passeggeri:

  • il modulo può trasportare fino a 6 persone
  • ha uno spazio di 15 metri cubi totali
  • è dotato di 6 paracadute per il rientro, 3 guida e 3 principali.

L’era del turismo spaziale

Per quanto breve, il volo del 20 luglio resta un’esperienza storica − non solo per chi l’ha vissuta in prima persona − perché a essere testata è la tecnologia stessa di Blue Origin. Tecnologia che, proprio come il volo della Virgin Galactic, che però è rimasta entro i confini dell’atmosfera, ha dato il via al cosiddetto turismo spaziale. E in effetti i passeggeri nella capsula spinta in orbita dal potente razzo New Shepard – che poi è rientrato a Terra – non hanno avuto alcun ruolo né nel lancio né durante il volo. Tutto è avvenuto in gestione completamente autonoma: nessun pilota a bordo, nessun comando da Terra.

Dunque il battesimo del turismo spaziale è avvenuto, il resto della storia è tutta da scrivere. Fa piacere, però, pensare che un capitolo così bello porti anche il nome di Mary Wallace Funk, astronauta.

Musica: “That don’t impress me much” – Shania Twain
Foto di copertina: qimono – Pixabay

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