Il viaggio di Dario

Scritto da in data Gennaio 21, 2022

Perché viaggiamo? A cosa serve partire? E perché non si torna mai da un viaggio? Valentina Barile su Radio Bullets parla del lungo viaggio di Dario Nisivoccia da Baja California al Sudamerica, raccontato anche nel suo libro autoprodotto “In viaggio col sorriso”.

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L’idea del viaggio

Molto spesso, durante un viaggio, si riflette su ciò che si sta facendo e, nella maggior parte dei casi, viene voglia di scrivere ogni cosa, dalle nuvole che attraversano il cielo al fischiettio di un passante, alle voci dei bambini che giocano in un campo di calcio sconquassato. Perché? Dario Nisivoccia: «L’idea del libro mi è venuta man mano durante il viaggio, ma è diventata realtà soltanto alla fine. Durante il viaggio scrivevo sempre, ho sempre avuto l’abitudine di scrivere i miei pensieri, i miei ricordi… delle cose che mi erano successe da sempre quindi tornato a casa, questa idea mi è balenata in testa e, siccome avevo anche voglia di tornare a visitare quell’associazione di Medellín che sto aiutando “Sembradores de la 13” e aiutare quei bimbi, ho detto perché non fare un libro, lasciare qualcosa di me stesso agli altri, qualcosa del mio viaggio; da lì è venuta l’idea di scrivere il libro e di legarlo all’associazione, il 60% del ricavato andrà questa associazione dove io tornerò nei prossimi mesi. Quindi è stato un modo per condividere, che una parola che amo particolarmente, e il mio libro ha proprio lo scopo di condividere parte della mia esperienza con gli altri».

Raccontare i giorni

Quando i libri sono autoprodotti, tendenza molto diffusa negli Stati Uniti d’America, sono necessarie figure esterne che diano una mano al progetto che sta per venire alla luce. Dario Nisivoccia racconta come è nato il suo progetto: «In realtà il mio è davvero un libro, non è proprio un diario di viaggio, è un libro che ricalca cronologicamente il viaggio, però nel libro c’è molto di più… un cambio di orizzonti, un cambio di maniera di vivere, di modo di vivere con lo sfondo il viaggio perché nel libro ci sono degli estratti del mio diario, ma alla fine è un libro che ho scritto dopo, quindi col ricordo, ci sono tanti momenti anche prima del viaggio, quindi di come sono arrivato a voler fare questo viaggio. C’è il ricordo del mio primo cammino di Santiago che è stato un po’ uno spartiacque tra la vita di prima e la vita di dopo, c’è la mia vita di prima in cui vivevo a Parigi e poi c’è anche l’idea del ritorno. Per quanto riguarda il libro ho avuto soltanto un aiuto alla fine da una un’amica che lavora nell’editing, che mi ha aiutato con le correzioni semplicemente anche se la struttura è rimasta la mia, il modo di scrivere è rimasto il mio».

Raccontare un viaggio

I viaggi servono a cambiare idea sul mondo e le cose. È viaggiando che si distruggono i luoghi comuni. Zaino in spalla, l’essenziale che serve al cammino e via! Dario Nisivoccia conclude su Radio Bullets: «Raccontare un viaggio di quattordici mesi è davvero difficile, quindi spesso mi è stato chiesto qual è il posto più bello che hai visto, è impossibile rispondere. Quando ti presenti con un sorriso, che forse è un linguaggio universale che tutti possono parlare, spesso ti vengono aperte le porte e a me è successo così. Io ho scelto il Centro e il Sudamerica perché avevo bisogno di sentirmi attorniato da persone, proprio quello che ho trovato l’umanità delle persone, quindi tra le tante cose che ho visto, tra i tanti posti, ricordo e ricorderò sempre soprattutto la gente. Anche quando un posto era bellissimo ricordo le persone con le quali ci sono stato: forse questo è l’elemento caratterizzante del mio viaggio».

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