Il virus e l’insostenibile leggerezza dei numeri
Scritto da Massimo Sollazzini in data Aprile 18, 2020
Un dato preso da solo è un numero. Un dato messo in relazione con un altro può diventare informazione, spunto di ragionamento, conoscenza. Da quando è cominciata l’emergenza Covid-19, la gran parte dei cittadini della gran parte dei paesi del mondo recepisce giornalmente nuovi dati su 4-5 ordini di grandezze in particolare: numero di contagi, ricoveri in terapia intensiva (o dimissioni), decessi, guarigioni. Questi dati di per sé possono dire poco o tanto, ma sono molto più significativi se messi in relazione con altri pertinenti.
Ad esempio: io posso essere più allarmato o confortato se giorno dopo giorno vedo crescere gli indicatori negativi (contagi, ricoveri, decessi) o quelli positivi (dimissioni, guarigioni) relativi al territorio in cui vivo. Ma l’allarme o il conforto possono essere amplificati o sminuiti se ho modo di confrontare questi indicatori con gli stessi misurati in altri territori. E se i criteri di misurazione sono attendibili, e omogenei.
Prendiamo una delle grandezze in questione: i contagiati totali.
A metà aprile 2020, questa era la situazione italiana messa a confronta con il resto dell’Europa (fonte World Health Orgnization – Europe):
I dati resi noti alla stessa data dall’ European Centre for Disease Prevention and Control, e aggregati da Ourworldindata, evidenziano però che non tutti i paesi fanno tests (tamponi) con la stessa intensità. Anzi: in Norvegia, Germania e Italia la densità di test ogni 1000 abitanti, ovvero il tracciamento dei contagi risulta molto più intenso che nel resto dei paesi europei:
E’ evidente che ai nostri occhi (di chi li legge) i dati assoluti sul contagi assumono un valore diverso, se siamo a conoscenza o meno di questo aspetto.
Eppure i bollettini quotidiani sono diramati senza esser corredati sistematicamente di queste avvertenze:
Anche le altre grandezze che quotidianamente vengono aggiornate andrebbero probabilmente corredate di specifiche avvertenze, per la loro corretta interpretazione. Non entriamo per il momento nel loro merito, e ci fermiamo qui, lasciando uno spunto di riflessione per chi ci legge: come altri hanno scritto in questi giorni (ad esempio Daniele Frongia sul Fatto Quotidiano, il 16 aprile), non sarebbe il caso di coinvolgere maggiormente esperti nella lettura di dati (tipo i sistemi statistici nazionali) e nella loro comunicazione? E non sarebbe il caso di armonizzare realmente questi dati su scala internazionale, vista la loro rilevanza per l’opinione pubblica?
Photo by Mohammad Fahim on Unsplash
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