Il virus e quei numeri leggeri

Scritto da in data Agosto 24, 2020

Un dato preso da solo è un numero. Un dato messo in relazione con un altro può diventare  informazione, spunto di ragionamento, conoscenza. Cominciava così, quattro mesi fa, il nostro primo approfondimento della serie EstraDati (anche se ancora non si chiamava così) su RadioBullets.  E così proseguiva:  la gran parte dei cittadini della gran parte dei paesi del mondo recepisce giornalmente nuovi dati legati al Covid-19, in particolare su 4-5 ordini di grandezze: numero di contagi, ricoveri in terapia intensiva (o dimissioni), decessi, guarigioni. Questi dati di per sé possono dire poco o tanto, ma sono molto più significativi se messi in relazione con altri dati pertinenti.

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Foto di copertina: William Iven on Unsplash

Notavamo all’epoca, in particolare, come il dato sul numero di contagi di un determinato giorno rischia di esser poco significativo (o addirittura fuorviante) se non è messo in relazione con il numero di test (tamponi) condotti in quello stesso giorno, oppure nelle altre nazioni con cui ci interessa fare un confronto.

Esempio a portata di mano: il 22 agosto l’Italia è tornata a superare la soglia di 1.000 nuovi contagi (1.071, per l’esattezza). Il dato è ben visibile nel bollettino emesso in quella data dal Ministero della Salute (fino al 25 giugno il compito era svolto dalla Protezione Civile). Come già accadeva in primavera, non è però altrettanto evidente il rapporto tra i nuovi contagi rilevati e l’incremento delle attività messe in atto per rilevarli, ovvero i test. Lo stesso bollettino del 22 agosto ci dice, infatti, che rispetto al giorno prima sono stati effettuati 77.674 tamponi in più, ma non ci informa su quale sia l’incidenza dei casi rilevati rispetto al numero totale di tamponi effettuati nello stesso giorno.

Come già in primavera, c’è però tutt’ora chi sta aggregando dati per permettere di leggere meglio questo e tanti altri indicatori legati al virus. Dalla mappa interattiva di Ourworldofdata possiamo recuperarli giorno per giorno per tutto il periodo dell’epidemia, sia pure con un ritardo di 48 ore. Vediamo così che il 20 agosto il rapporto italiano tra positivi e testati era pari all’1,6%: superiore allo 0,9% del 19 giugno, ma ancora sotto la soglia del 2% toccata il 17 agosto, e ampiamente superata in primavera (il 26 aprile era sopra il 7%).

Nella stessa mappa possiamo anche confrontare “day after day” lo stesso indicatore su scala europea, o mondiale: vediamo allora che attualmente Ucraina, Romania e Spagna sono gli stati del continente dove l’incidenza dei positivi sui testati è più alta (Intorno a Kiev il 20 agosto era l’8,4%), o che un mese e mezzo prima anche la Svezia presentava un valore elevato (6,7% il 7 luglio).

Scorrendo altri diagrammi disponibili, notiamo che sempre il 20 agosto Malta risultava essere la nazione europea dove i test sono più capillari; all’opposto l’Ungheria. E, restando in Italia, che il numero di test è di nuovo fortemente cresciuto dal 16 agosto;

o che il “case fatality rate” (il rapporto tra decessi e contagiati) resta in calo, come gradualmente rilevato dalla fine di giugno.

Potremmo continuare, ma ci fermiamo qui: troppi dati rischiano di confondere. Resta il fatto che di  questa contestualizzazione non c’è traccia nei bollettini quotidiani del Ministero della Salute. E che, uno su tutti, manca il rapporto tra variazione nei test condotti e variazione di positivi, ovvero un dato che aiuti il cittadino a “pesare” quanto realmente sono da considerare preoccupanti quei 1.071 contagiati, per restare al dato del 22 agosto. L’effetto indotto è che la gran parte dei media rilanciano il dato parziale  senza aiutare a leggerlo, o piuttosto accompagnandolo con frasi che accentuano la confusione: ad esempio, quella diffusa dall’Istituto Superiore della Sanità sempre il 22 agosto, che recita testualmente: “l’indice di contagiosità Rt potrebbe sottostimare leggermente la reale trasmissione del virus a livello nazionale in quanto il suo valore attuale, pari a 0,83 relativamente al periodo compreso fra il 30 luglio e il 12 agosto 2020, è stato calcolato sui soli casi sintomatici”.

È tutt’altro che il momento di abbassare la guardia, di fare a meno di mascherine e altre misure precauzionali. Ma se stimoliamo nel prossimo una collaborazione più consapevole, e meno dettata da ansia o ignoranza, forse ci aiutiamo tutti un po’ meglio.

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