Iniezioni in pillole
Scritto da Raffaella Quadri in data Febbraio 20, 2019
Due prestigiose università, un ospedale e una casa farmaceutica hanno unito le forze nello studio di un prototipo che potrebbe migliorare la vita di pazienti costretti a iniettarsi ogni giorno dosi di farmaci. Siamo di nuovo negli Stati Uniti per scoprire come funzionano le iniezioni che si ingeriscono. E non solo…
Raffaella Quadri per Radio Bullets. Musiche di Walter Sguazzin.
Photo credits: Felice Frankel – Mit
La scoperta di cui voglio parlarvi oggi, oltre a essere utile per molti, farà piacere ai più, perché toglierà di mezzo una delle pratiche più odiate di tutti i tempi: la famigerata iniezione!
Certamente un conto è la necessità di fare ogni tanto delle iniezioni, ben altro discorso invece è quando si parla di cure che devono essere somministrate quotidianamente, come accade, per esempio, per i diabetici con l’insulina. È proprio pensando a questi pazienti che un gruppo di scienziati sta conducendo negli Stati Uniti una ricerca davvero promettente.
Si tratta di un team variegato, di cui fanno parte scienziati del Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, dell’Harvard Medical School, del Brigham and Women’s Hospital e della casa farmaceutica Novo Nordisk, che stanno lavorando alla progettazione di una siringa che si può ingerire.
Non si tratta di un pericoloso gioco di prestigio, bensì di piccola capsula farmacologica dotata di un minuscolo ago fatto di insulina liofilizzata e compressa – i ricercatori spiegano che l’ago è realizzato con lo stesso metodo che si utilizza per produrre le compresse. Raggiunto lo stomaco, la capsula vi si posiziona sul fondo e l’ago viene spinto all’esterno da una molla che si attiva non appena si scioglie il disco fatto di una sostanza zuccherina che ha il compito di mantenerla all’interno della capsula. Una volta attivata, quindi, la molla spinge l’ago che penetra nella parete dello stomaco rilasciando l’insulina di cui è composto.
Il resto della capsula è formato da materiali polimerici biodegradabili, che si sciolgono nell’organismo, e da componenti in acciaio inossidabile che vengono invece espulsi e che i test hanno dimostrato non avere alcun impatto negativo.
L’innovazione della capsula è data anche dal fatto di essere in grado di posizionarsi correttamente sul fondo dello stomaco, garantendo così la buona riuscita dell’iniezione. Tale capacità è dovuta alla sua speciale conformazione, appositamente studiata dai ricercatori che hanno preso a modello una specie di tartaruga africana: la tartaruga leopardo.
L’animale è in grado di auto orientarsi, ed è proprio questa caratteristica che è stata imitata dai ricercatori tanto che, non a caso, hanno soprannominare la capsula Soma (self-orienting millimeter-scale applicator) ovvero “applicatore auto orientante in scala millimetrica”.
La tartaruga è dotata di un guscio a forma di cupola appuntita nella parte superiore che le consente di riuscire sempre a raddrizzarsi, anche qualora si ribaltasse. Il principio della capsula Soma è il medesimo e le permette, all’interno dello stomaco, di posizionarsi sempre con la base – da cui poi fuoriesce l’ago di insulina – verso il basso, garantendone così il contatto sicuro con la parete dello stomaco. In sostanza cade sempre in piedi.
Già in passato erano state realizzate delle pillole di insulina che però non erano efficaci, tanto che il contenuto finiva per non essere assorbito adeguatamente dallo stomaco e per essere espulso. Questa particolare conformazione garantisce invece che venga sempre iniettato nell’organismo.
Soma, dunque, potrebbe rendere più facile la vita di molti diabetici che nel mondo sono sempre più numerosi. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – World Health Organization (Who), nel 2016 gli adulti diabetici nel mondo erano 422 milioni, in pratica una persona su undici, mentre i decessi dovuti a complicanze causate da questa malattia hanno riguardato 1,5 milioni di malati. Numeri impressionanti che fanno del diabete una vera emergenza sanitaria mondiale.
Soma però non è pensato solo per i diabetici: è stato studiato sì per l’insulina, ma in realtà è adattabile anche ad altri tipi di farmaci o di vaccini. Ha quindi un potenziale maggiore e potrebbe essere un passo avanti importante in campo medico.
Gli scienziati del Mit stanno lavorando però anche a un’altra ricerca: la pillola a espansione controllata. Di nuovo si parla di stomaco e di imitazione della natura, perché se per Soma è stata presa a modello la tartaruga leopardo, a ispirare il funzionamento di questa pillola è stato il pesce palla.
La pillola è formata da due tipologie differenti di idrogel – polimeri e acqua –, morbide ma resistenti. La parte esterna le permette di non essere assorbita dai succhi gastrici, mentre quella interna ha la capacità di gonfiarsi come il pericolo pesce e garantisce così la permanenza della struttura all’interno dello stomaco.
Lo scopo è trasportare sensori per il monitoraggio continuo di parametri quali la temperatura, i segni vitali o alcune condizioni patologiche di cui il paziente soffre, e rimanere nello stomaco per un periodo di tempo prestabilito relativamente lungo – al momento si è giunti a un massimo di 30 giorni.
Una volta espletato il compito, il paziente bevendo una soluzione a base di calcio avvierà il processo di riduzione del gonfiore delle particelle di idrogel permettendo alla pillola di essere così facilmente espulsa dal corpo proteggendo i sensori.
Un passo avanti per la cosiddetta elettronica da ingerire e per il monitoraggio interno di funzioni fisiologiche o di condizioni patologie più o meno gravi. Secondo i ricercatori un utilizzo potenziale di questa pillola è anche quello di controllo della dieta. Dunque un’altra idea molto interessante per la nostra salute.
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