Iran: secondo manifestante giustiziato per le proteste
Scritto da Radio Bullets in data Dicembre 12, 2022
Oggi un secondo detenuto iraniano è stato giustiziato per reati legati alle proteste che, ormai da quasi tre mesi, sfidano la teocrazia del paese. Lo hanno impiccato pubblicamente a una gru edile come raccapricciante avvertimento per gli altri.
L’esecuzione di Majidreza Rahnavard è avvenuta a meno di un mese dal suo arresto, secondo le autorità avrebbe accoltellato a morte due membri di una forza paramilitare dopo essersi ribellato per l’uccisione di manifestanti da parte delle forze di sicurezza.
Il processo
Non lo ha mai visto neanche un avvocato. Il processo è stato veloce ed è abbastanza chiaro che queste condanne siano una sorta di deterrente per tutti gli altri. Almeno una dozzina di persone sono state condannate a morte in udienze a porte chiuse. I tribunali iraniani sono stati criticati a livello internazionale per non aver permesso agli imputati di scegliere i propri avvocati, o addirittura di visionare le prove contro di loro. Rahnavard è stato condannato con l’accusa di moharebeh, una parola farsi che significa “fare guerra a Dio”. Tale accusa è stata imposta contro altre persone nei decenni successivi alla rivoluzione islamica del 1979, e comporta la pena di morte.
Almeno 488 persone sono state uccise dall’inizio delle manifestazioni a metà settembre, secondo Human Rights Activists in Iran, gruppo che sta monitorando le proteste. Altre 18.200 persone sono state arrestate dalle autorità. L’agenzia di stampa statale Mizan, che segue la magistratura del paese, ha pubblicato un collage di immagini di Rahnavard appeso alla gru, mani e piedi legati, e un sacco nero sopra la testa.
L’accusa
Membri delle forze di sicurezza mascherati facevano la guardia davanti a barriere di cemento e metallo che trattenevano la folla riunitasi questa mattina presto nella città di Mashhad. Mizan ha riferito che Rahnavard aveva pugnalato a morte due membri delle forze di sicurezza lo scorso 17 novembre a Mashhad, ferendone poi altri quattro. Secondo Mizan si tratta di personale Basij, volontari paramilitari sotto l’autorità della Guardia rivoluzionaria iraniana.
I Basij sono schierati nelle principali città, attaccano e arrestano i manifestanti che in molti casi reagiscono. Un servizio televisivo, evidentemente modificato, andato in onda dopo l’esecuzione di Rahnavard, mostra filmati dello stesso in aula. Mizan scrive che Rahnavard avrebbe tentato di fuggire in un paese straniero dopo essere stato arrestato.
Mashhad, città santa sciita, si trova a circa 740 chilometri a est della capitale iraniana, Teheran, come si legge su AP.
Le esecuzioni condotte in pubblico con le gru sono state rare negli ultimi anni, sebbene l’Iran abbia già utilizzato questo tipo di impiccagione per reprimere disordini seguiti alle contestate elezioni presidenziali del 2009 e alle proteste del Movimento dei Verdi. In genere, i condannati sono vivi mentre la gru li solleva da terra.
In passato gli attivisti hanno esercitato pressioni sulle aziende che forniscono gru all’Iran, avvertendo che queste possono essere utilizzate per le esecuzioni.
La reazione europea
Da Bruxelles, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno espresso sgomento per questa ultima esecuzione. Il blocco europeo approverà oggi una nuova serie di sanzioni contro l’Iran per la sua repressione dei manifestanti, e anche per la fornitura di droni alla Russia da utilizzare nella guerra contro l’Ucraina, ha affermato il capo della politica estera della UE, Josep Borrell.
Borrell ha riferito di aver parlato con il ministro degli Esteri iraniano e che «non è stata una conversazione facile». «Approveremo un pacchetto di sanzioni molto, molto duro», ha aggiunto Borrell ai giornalisti appena arrivato per presiedere la riunione ministeriale a Bruxelles. Anche il ministro degli Esteri finlandese ha riferito di aver chiamato l’omologo iraniano, mentre il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha descritto l’esecuzione come «un palese tentativo di intimidazione» verso gli iraniani. «Stiamo chiarendo di essere al fianco delle persone innocenti in Iran», ha aggiunto Baerbock al suo arrivo all’incontro di Bruxelles. «Un sistema che tratta i suoi cittadini in questo modo non può aspettarsi di continuare ad avere rapporti normali con l’Unione Europea».
La pena di morte in Iran
L’Iran è uno dei principali esecutori del mondo, e in genere giustizia i prigionieri per impiccagione. Il primo prigioniero arrestato per le proteste è stato ucciso giovedì scorso. Quest’anno sono stati giustiziati oltre cinquecento prigionieri finora, il numero più alto in cinque anni, come riporta il gruppo Iran Human Rights con sede a Oslo. «In assenza di misure serie per dissuadere la Repubblica islamica dall’esecuzione dei manifestanti, dovremo affrontare crimini ancora più orribili dell’esecuzione di massa di prigionieri politici negli anni Ottanta», ha dichiarato il gruppo. Ciò si riferisce alle esecuzioni del 1988, in parte supervisionate dall’attuale presidente della linea dura dell’Iran, Ebrahim Raisi, che secondo gli attivisti hanno visto mettere a morte fino a cinquemila detenuti.
Amnesty International ha affermato di aver ottenuto un documento, firmato da un alto comandante della polizia iraniana, nel quale si chiede che l’esecuzione di un prigioniero, sia «completata nel più breve tempo possibile e che la sua condanna a morte sia eseguita in pubblico come un gesto che scaldi il cuore verso le forze di sicurezza».
Come se non bastasse, l’Iran è anche colpito da una crisi economica che ha visto la valuta nazionale, il rial, scendere a nuovi minimi rispetto al dollaro statunitense.
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