Iran: tre motivi che rendono le proteste di oggi diverse da quelle passate

Scritto da in data Ottobre 10, 2022

Non è la prima volta che assistiamo a un Iran nel bel mezzo di sconvolgimenti politici e disordini.
Le ultime proteste sono state innescate dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini, dopo il suo arresto da parte della polizia morale, ormai quasi un mese fa. Da quattro settimane migliaia di persone sono scese in piazza in tutto il paese, ma anche nel mondo. Si parla di centottantacinque manifestanti e quattordici addetti alla sicurezza morti, secondo i dati di Iran Human Watch che ha sede ad Oslo. Tra le vittime anche ventidue minori.

Che cosa c’è di nuovo?

Il sostegno appare più diffuso e racchiude fasce di popolazione più ampie. Al centro delle ultime manifestazioni c’è la polizia iraniana che si occupa della moralità, con il compito di far rispettare rigidi codici di abbigliamento e comportamento. La polizia della moralità ha arrestato Mahsa Amini dicendo che indossava l’hijab troppo liberamente. Successivamente la giovane è morta. La famiglia ha detto che è stata picchiata, affermazione respinta dal governo e dalla polizia che ha diffuso i risultati dell’autopsia che parlano di disfunzione cardiaca.

Qualunque cosa sia successo, il caso Amini ha innescato un’ondata di rabbia pubblica attorno

Mahsa Amini

al comportamento della polizia morale, con i manifestanti che invocano il diritto di scegliere cosa indossare. La rabbia di questo gruppo eterogeneo vuole che il governo non interferisca con le scelte personali delle persone e, in questo caso, ha trovato una sponda adeguata nelle proteste a cui stiamo assistendo e partecipando.

Mahsa Amini: “Gridate il suo nome”

Dall’inizio degli anni Ottanta, quando il clero al potere ha consolidato la propria autorità eliminando i gruppi di opposizione, la regolamentazione sociale e le rigide regole sullo stile di vita hanno costituito il punto cruciale delle loro politiche. L’ingerenza del governo nella vita privata dei cittadini era una volta molto più pervasiva, estesa e rigorosa. Per esempio, le case venivano perquisite alla ricerca di videoregistratori e antenne paraboliche.

Col tempo tali restrizioni sono state allentate (in una certa misura). Per le donne, invece, le regole restano fortemente discriminatorie. Le cose da fare e da non fare imposte dal governo sono ancora fortemente applicate. Il governo iraniano insiste nel negare alle donne i diritti fondamentali e il dibattito sul velo e sull’abbigliamento femminile ne è solo una manifestazione visibile.

Oltre a essere umilianti e degradanti, queste regole rendono estremamente difficile la vita quotidiana a un gran numero di donne che non sono d’accordo con il clero. Oggi è difficile trovare qualcuno in Iran che non sia stato molestato o quantomeno infastidito, almeno una volta, dal clero al potere. Anche per questo, rispetto alle precedenti manifestazioni in Iran, il numero di persone che sostengono le proteste in corso appare piuttosto importante. Le proteste sono in corso nelle grandi e nelle piccole città, nei quartieri ricchi e poveri.

Le proteste sono guidate dalle donne

A differenza delle precedenti proteste in Iran, le donne sono in prima linea nelle manifestazioni. I diritti delle donne sono al centro delle proteste, mentre le proteste precedenti erano concentrate maggiormente su questioni economiche o politiche più ampie.

L’intrusione del governo nella vita privata dei cittadini, in particolare in quella delle donne, è la fonte di queste ultime manifestazioni. Finora si è rivelato difficile per il governo spiegare le proprie politiche in modo convincente.

Il coraggio mostrato in queste proteste non ha precedenti

Durante qualsiasi  protesta si corrono rischi enormi, soprattutto quando si tratta di scendere in piazza all’interno di un regime. Ma in queste ultime i manifestanti − gli iraniani e soprattutto le iraniane − hanno fatto cose insolitamente coraggiose. Un coraggio che non ha precedenti. Alcune donne si sono tolte il velo per strada e lo hanno bruciato. Alcune si sono tagliate i capelli in pubblico. Altre hanno urlato alle autorità di andarsene. Perfino il telegiornale è stato hackerato per alcuni secondi. Molti video mostrano la polizia antisommossa che non riesce a disperdere la folla, e persino manifestanti che in diverse occasioni respingono la polizia. L’entità delle manifestazioni e il grado di rabbia è decisamente diverso dal solito, il che le rende straordinarie.

Ci saranno cambiamenti?

È troppo presto per dirlo. I leader iraniani hanno dimostrato più e più volte di non essere interessati a cedere alle richieste popolari. La leadership iraniana potrebbe temere che placare o assecondare i manifestanti potrebbe incoraggiare solo ulteriori richieste con il rischio di innescarne la caduta. Le proteste si diffondono, comunque, in maniera piuttosto sparpagliata e non vi è alcuna garanzia che possano fondersi attorno a un unico movimento coerente. Sono inoltre ostacolate dall’assenza di una leadership coesa e, sembrerebbe, da un qualsiasi tipo di organizzazione metodica. Senza contare che il governo blocca Internet a intermittenza, impedendo alla gente di organizzarsi e a chi sta fuori di sapere cosa accade.

Tuttavia, indipendentemente dal fatto che queste manifestazioni si traducano in un cambiamento significativo, hanno avuto indubbiamente un costo per il clero al potere in Iran. E il più significativo è quello che tali proteste hanno già avuto sulla diminuzione della legittimità della Repubblica Islamica, sia a livello nazionale che internazionale.

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