La dittatura della bellezza
Scritto da Barbara Schiavulli in data Ottobre 25, 2018
Sono giovani, vogliono sentirsi belle e spesso nascondere i lineamenti della propria etnicità. Le donne afgane si rivolgono al chirurgo plastico perché la bellezza consente di trovare un marito migliore. Anche i maschi ci vanno, ma per tutt’altro motivo. Barbara Schiavulli da Kabul per Radio Bullets
Niente è più importante della bellezza per una donna che crede che il mondo si guardi attraverso gli occhi degli uomini. E’ il suo lasciapassare per un buon matrimonio, è quello che le permetterà di trovare un lavoro migliore anche se ha studiato ed è più brava di un collega maschio. Alle donne belle vengono aperte le porte, si parla con ammirazione, le si vuole intorno. E ora che i burqa stanno cadendo quelle donne che una volta, devastate da innumerevoli parti, invecchiavano precocemente, ora cercano alternative.
Ma non solo, ci sono anche fattori etnici, sociali, mediatici. In Afghanistan una donna bella ha un viso ovale, gli occhi grandi, il naso medio, un corpo fine, un sedere prominente. Guardano i film indiani quindi il loro modello sono le attrici di Bollywood, quelle delle pubblicità pakistane o libanese. Le occidentali non scuotono molto, per molte sono tutte ragazze un po’ facili che appartengono a un emisfero ricco, l’occidente è più un posto dove aspirare ad andare, non a diventare.
E poi ci sono quelle che vogliono cambiare il loro aspetto perché la loro etnia da secoli viene umiliata, perseguitata, presa in giro, le ragazze con gli occhi a mandorla dell’Afghanistan non piacciono a tutti, sembrano cinesi, filippine, spesso per questo vengono prese in giro, sono le azara, la comunità sciita che rappresenta il 9 per cento del popolo afgano, hanno gli occhi allungati, i nasi piccoli, il volto tondo. Il fatto che sia un’etnia considerata intelligente, gentile e discenda direttamente da Gengis Khan poco importa. Sono anche diventati uno degli obiettivi principali degli attentati dell’Isis che li considera il lato sbagliato dell’Islam, hanno colpito moschee, quartieri, perfino un centro sportivo.
E così basta recarsi nella prima clinica di chirurgia estetica di Kabul per vedere che c’è un mondo di ragazze in attesa, che spera che occhi più grandi le facciano vivere in un mondo migliore. Samira ha 22 anni, è carina, è dolcissima ed è azara. E’ venuta nell’ospedale del dottor Ahmadzai quattro mesi fa per sollevare le palpebre e allargare lo sguardo. Ora è passata per un controllo e il dottore è fiero della sua opera.
“Sono felice, ora mi sento bella, lo volevo da tanto tempo, ho chiesto il permesso alla mia famiglia e loro mi hanno detto sì”, ci racconta, “tutti i miei amici dicono che sono più bella”, ripete forse non del tutto conscia che l’approvazione delle persone che circonda qualsiasi donna in Afghanistan, è più importante della propria. Si fa molto se non tutto per quello che dicono o non si vuole che gli altri dicano.
La vita della gente è gestita dalle dicerie, dalle invidie, da quello che si mostra. Per esempio se sei un uomo e incontri un amico a spasso con la moglie, fingi di non vederlo, e se proprio lo vuoi salutare, fai in modo di non guardare mai lei, in segno di rispetto al tuo amico. E lui non ti parlerà mai con la moglie accanto, ma la relegherà da qualche parte con i bambini restando in attesa che il marito si baci e si abbracci con il suo vecchio amico. Poi quando gli si chiede, ma scusa perché tutto questo? “Per rispetto, ti dicono, perché così si fa, perché se c’è un parente o un conoscente che guarda non può dire niente”. Ma che rispetto è ignorare una persona? Che bene è non mostrare la propria moglie a un amico. E nessuno ti sa veramente rispondere. E’ la tradizione, dicono, inscalfibile, che però nessuno ti sa spiegare. E’ così, è stato così e sarà sempre così. Ovviamente le regole le fanno gli uomini e le donne le tramandano ai figli. Quindi la bellezza è riservata ai mariti che saranno.
“Vengono molte ragazze giovani, sempre di più, quando ho messo su la clinica nel 2012 nessuno pensava che avrebbe avuto successo, invece adesso siamo pieni di richieste”, ci spiega il dottore che è un noto dermatologo, nella cui clinica, oltre alle malattie della pelle e alla chirurgia di ricostruzione, molto spazio viene dedicato alla chirurgia estetica.
Si entra in un palazzo buio, fatiscente, con delle scale che sembrano quelle di un vecchio condominio di periferia, agli infissi delle finestre non è stato tolto il nastro adesivo che lo proteggeva, così le finestre durano di più. Ci sono varie salette d’aspetto, una segretaria, donne che parlottano, al piano di sopra le sale operatorie e quelle di degenza. Il dottor Zalman Khan Ahmadzai ha un sorriso accogliente, forse un po’ troppo interessato a tutte queste ragazze che vogliono farsi tagliuzzare nonostante molte non ne abbiano veramente bisogno. “Non possiamo dire di no, vogliono sentirsi belle, socialmente accettate, facciamo di tutto per aiutarle”. Anche perché la chirurgia estetica costa, non quanto in Italia, ma sicuramente molto in un paese dove lo stipendio medio mensile è di 250 dollari. Una rinoplastica ne costa 500. “Facciamo pagare chi ha i soldi il prezzo pieno e a chi non può permetterselo veniamo incontro”, ci spiega il medico, nessuno va a casa scontento, perché le lacrime saranno solo di gioia dopo che vedranno l’esito dell’operazione.
Poi c’è la ricostruzione che in Afghanistan non è una cosa scontata con le persone che saltano quotidianamente sulle mine, che si ritrovano ustionati negli attentati o che hanno cicatrici lasciate dalla leishmaniosi, malattia endemica trasmessa dai pappataci che di solito colpisce i cani e che molti vogliono farsi togliere anche se sono tantissimi i marchi sui volti degli afgani che si vedono in giro.
Il direttore della clinica ci presenta uno dei suoi chirurghi che sta visitando una donna seduta con il burqa sollevato, il marito siede accanto al medico e controlla tutto quello fa. Mustafa Ajmal ci ricorda che non ci sono solo le donne a ricorrere alla chirurgia, naturalmente non estetica, gli uomini possono essere tranquillamente brutti, ma ricostruttiva, e non solo per le bombe o le punture di insetti. “Da un po’ di tempo c’è un fenomeno nuovo in corso, vengono molte vittime di litigi che finiscono con uno che perde un orecchio perché qualcuno glielo morde e noi cerchiamo di risistemarlo”. Insomma agli afgani non basta la guerra, le mine o gli attentati, non gli basta neanche rompersi un naso in una scazzottata, ora si staccano le orecchie a morsi, poi però a casa avranno una bellissima moglie che li aspetta.
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