La luce di Mursal

Scritto da in data Gennaio 19, 2023

KABUL − Quella di quattro giorni fa è stata una delle notti più fredde degli ultimi decenni in Afghanistan, -22. Verso le tre di notte la signora Nabizada si è svegliata di soprassalto al rumore di alcuni spari. È scesa di corsa dal terzo piano dove dormiva, al secondo da dove proveniva il trambusto. Mai avrebbe potuto aspettarsi di vedere quello che le si è parato di fronte come un incubo dal quale non poteva svegliarsi: riversata a terra c’era la sua dolce Mursal senza vita, non troppo lontano il fratello ferito, mentre un piano più sotto c’era la guardia del corpo morta. Una scena che non potrà mai cancellare dalla testa. Poi è tutto confuso, polizia, ospedale, gente per casa, il funerale, la famiglia, chi è venuto a porgerle le condoglianze. Una casa traquilla, su una grande strada, un cancello coperto da un telo verde, si accede da un piccolo cortile all’entrata principale dove c’era un ufficio e poi i due piani superiori dove viveva con il resto della famiglia.

In casa, quella notte, c’erano sette persone. Mursal Nabizada, ex parlamentare afghana di 29 anni, conosciuta e amata da tutti, era stata uccisa a colpi d’arma da fuoco. La notizia corre veloce, non sempre in modo corretto, il giorno dopo si parla di una guardia del corpo fuggita, persino di una lite interna, dell’Isis che ha rivendicato ma la realtà è che lei aveva una guardia del corpo, ed è morta. Non si sa se  lui fosse con qualcuno a quell’ora della notte, perché a volte riceva ospiti in un grande stanzone nel seminterrato, dove anche Mursal incontrava persone che durante il giorno venivano a chiederle aiuto e consiglio. L’altra certezza è che un portagioie è sparito, qualche oro, ma sicuramente non abbastanza da pensare che il movente potesse essere un furto.

La mamma di Mursal, che una volta faceva l’insegnate ed è rimasta con quattro figli, ci accoglie nella sua casa, confortata dalla figlia sposata, Shabnan, ex consigliera di un ministero e che controlla quello che dice la madre come se volesse trattenerla, sono sotto shock, ma soprattutto hanno paura di poter essere ancora in pericolo. Ci sono anche i cugini, che cercano di gestire la situazione in una famiglia dove tutto è andato in pezzi. «Era una ragazza gentile, sempre premurosa, voleva solo far del bene alle persone». Nel 2019 venne eletta in parlamento, insieme a quelle sessantacinque donne che avevano scelto di provare a fare la differenza in un paese dove essere donna non è affatto facile.

«Aveva una luce dentro. Mursal aveva il dono di riuscire a risolvere i problemi, perfino i leader comunitari venivano a chiederle consiglio, era forte, coraggiosa, come un uomo», dice la mamma, in un mondo dove i maschi sono la risorsa principale della famiglia.  Con l’arrivo dei talebani nel 2021, il parlamento si è dissolto e la maggior parte delle parlamentari hanno trovato rifugio all’estero. Ma lei non era voluta andar via. «Gli afghani hanno bisogno di me», diceva e non aveva dubbi, aveva ripreso a lavorare per la Ong per cui operava prima di entrare in politica e aveva smesso solo un paio di settimane fa, quando i talebani hanno ordinato, per poi parzialmente cambiare idea, alle operatrici umanitarie donne di non lavorare.

Poi il 15 gennaio. Un proiettile alla testa e al cuore per Mursal, tre proiettili nella gamba per il fratello che oggi ha subito la seconda operazione. Madre e figlia tengono duro. Sono composte, un po’ confuse, preoccupate: «Non avrei mai pensato di sedermi qui senza mia sorella, è una cosa che non riesco ad accettare», mormora Shabnat che ha 35 anni. «Non so se mia sorella avesse in programma di lasciare il paese, so che le era stato chiesto più volte, ma lei non voleva andarsene, voleva aprire un orfanotrofio e prendersi cura di chi aveva bisogno». Una donna che faceva politica e sicuramente era stata esposta prima, all’epoca del governo precedente, e non a caso aveva dodici guardie del corpo, ora forse nel mirino di chi non ama le donne che non rientrano nell’idea di donna che molti conservatori hanno. Si era espressa sulla situazione delle donne, ma aveva anche tenuto un profilo abbastanza basso da non dare troppo fastidio per poter continuare a lavorare.

Sulla sua morte la polizia ha aperto un’indagine e spetta all’Emirato scoprire cosa sia veramente successo. Eppure, si ha la sensazione che nessuno scoprirà mai veramente la verità. Shabnana prende tra le mani la foto della sorella con dietro la vecchia bandiera della Repubblica. Me ne mostrano altre, con le mani tremanti, il loro unico segno di emozione. Mi sorprende quella fragile compostezza. Poi ci alziamo e per la prima volta mi avvicino, la mamma di Mursal mi prende la mano e mi stringe in un abbraccio come se mi conoscesse da tanto, e scoppia in lacrime: «Fai che la mia Mursal non venga dimenticata, grazie per essere venuta, sei molto coraggiosa» e mi stampa un bacio sulla guancia come se volesse trasferirmi qualcosa di lei. «Mursal non sarà dimenticata perché continua a vivere dentro di voi», le sussurro e lei sorride tra le lacrime, si mette una mano sul cuore che ha continuato a tenere anche dopo che sono scomparsa dalla loro vista.

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