La storia di Emil

Scritto da in data Agosto 21, 2019

In una scena del film sovietico degli anni ottanta “La parentela” – girato dal regista russo Nikita Mikhalkov – c’è una  scena epica dove la protagonista, una volta trovato un uomo nella cuccetta del treno su cui doveva viaggiare, è corsae verso la cuccettista urlando: “Come, non avete i posti per sole femmine sul treno?”. La realtà in Azerbaijan non è molto diversa: Emil, un giornalista, compra il biglietto per l’autobus che va da Baku a Tbilisi, sale e si ritrova in una scena surreale dove come nel film, il protagonista maschile è proprio lui.
A cura di Julia Kalashnyk da Kiev per Radio Bullets
FOTO: Una donna azera – Ana Flasker / Shutterstock

Azerbaijan

Emil Abbasov, un giornalista dell’Azerbaigian, aveva deciso di recarsi da Baku a Tbilisi in autobus. Aveva comprato in anticipo il biglietto e il giorno della partenza è giunto in stazione.
Non poteva sapere che sull’autobus si sarebbe ritrovato al centro di un strana manifestazione del femminismo al rovescio.

Non appena salito sul bordo, il giornalista si è avvicinato al suo posto provando ad accomodarsi e proprio in quel momento una donna seduta accanto ha cominciato a strillare:“Come hanno potuto venderti il biglietto? Loro sanno che sono una donna! Vai via da qui!”.

Lui ha timidamente ribadito che quello era il posto assegnatogli al momento dell’acquisto del biglietto in cassa, tra l’altro in largo anticipo. E allora la donna ha ribadito con un bellicoso: 

“Quelli delle casse dovrebbero sapere già dove si sederà un uomo e dove una donna! E se vogliono comportarsi in una maniera indecente allora che lo facciano in Giorgia!”.

Emil ha preferito tacere. In quel momento gli è venuta in mente la marcia delle femministe a Baku, o meglio il momento in cui sono state attaccate dalle donne di pulizie. Queste ultime sapevano che non ci sarebbe stata nessuna conseguenza per loro comportamento perciò avevano riversato la loro rabbia contro i manifestanti. Non è consuetudine nella società azera litigare o discutere con una donna di un’età che potrebbe essere quella della propria madre, e non importa quanto riescano ad essere offensive e umilianti le loro parole.
Questo intimoriva Emil e per questo non ha reagito.

La donna ha cominciato a chiamare a gran voce l’autista e subito dopo si è avvicinato  un assistente della guida.

“O si alzi o paghi per i due posti”, ha tuonato l’uomo, dopo aver ascoltato la donna.

Lei ha rifiutato ribadendo: “Lei vuole che questo uomo che pesa centocinquanta chili si metta vicino a me?”

Emil avrebbe voluto risponderle che non pesava centocinquanta chili e che lei sicuramente aveva superato i duecento da un bel po’. Però sapendo che è inconcepibile biasimare una donna per il suo peso, ha sorriso e ha taciuto di nuovo. Voleva evitare un prevedibile: “Vai a parlare con tua madre in questo modo!”

Non esiste poi una risposta giusta a questo genere di attacchi perché tutto ciò che riguarda la madre intacca l’onore dell’uomo azero. Solitamente in queste situazioni, la gente trattiene fiato e aspetta di sentire la replica: e sarà educato e gentile allora non è un’uomo vero e, invece, se la sua risposta sarà dura e concisa allora si trasforma subito in un’aggressore.

L’assistente alla guida in preda al panico ha chiesto alle donne presenti sull’autobus a scambiarsi di posto con Emil, senza successo. Si è girato verso il calmo e composto Emil e gli ha proposto di dormire sul suo letto, un apposito posto dove l’equipaggio può riposare.

Da una parte, per Emil è stata una vittoria: ha potuto dormire tranquillamente quasi per tutto il percorso. D’altra, era un po’ a disagio, proprio perché non riusciva a capire quale parte della mentalità azera l’aveva strappato dal suo legittimo posto sull’autobus. Forse era quella che aveva il timore quasi reverenziale dell’età in una società patriarcale come la sua, oppure era quello verso una sorta del strano femminismo al rovescio, quando le donne difendono il “codice d’onore” medievale, oppure semplicemtente quella che aveva paura di litigare?

Alla fermata dell’autobus Emil ha chiesto all’assistente del conducente:

“Lei avrebbe potuto farla scendere, vero? Aveva il diritto di farlo?”

“Certo che avevo”, ha risposto orgogliosamente l’uomo.

 “Perché non l’ha fatto allora?”

“Oh, l’hai vista? Quelle come lei è meglio lasciarle stare, altrimenti sono solo i problemi”

Emil ha sorriso e non ha risposto niente.

Questa storia raccontata da Emil stesso è stata pubblicata su JAMnews, e noi la raccontiamo autorizzati dalla redazione.

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