Lo strano caso del maratoneta scomparso

Scritto da in data Giugno 8, 2019

Un record imbattibile

54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti, 20 secondi e 3 decimi. A detenere questo primato è il maratoneta giapponese Shizō Kanakuri, protagonista dell’affascinante storia di una corsa durata più di mezzo secolo e per raccontarla dobbiamo tornare al 14 luglio del 1912 a Stoccolma, sede della quinta edizione delle Olimpiadi moderne.

Sono le 13:48 e sta per partire l’evento principe dei giochi: la maratona. Fa caldo, tremendamente caldo, la colonnina di mercurio segna 33 gradi. Senza contare che il percorso, che parte dalla capitale svedese per arrivare a Sollentuna e poi tornare indietro, è ostico: nessuna pavimentazione e tanta polvere lungo il percorso. Sono 40,2 km di sudore e fatica, in condizioni climatiche difficili e inusuali per la Svezia.

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La prima volta del Giappone ai Giochi

Fra i 69 corridori c’è Shizō Kanakuri uno dei soli due atleti giapponesi presenti alle Olimpiadi. In quegli anni, infatti, l’interesse per lo sport in Giappone è molto scarso tant’è che prima del 1912 nessun giapponese ha mai partecipato ai giochi olimpici. In seguito alla richiesta d’invito del barone de Coubertin, nel 1909 Jigoro Kano, educatore e padre del Judo, creò l’Associazione Giapponese di Sport Amatoriali, con l’obiettivo di reclutare e addestrare gli atleti selezionati per partecipare alle Olimpiadi. Vennero pubblicati annunci sui giornali e, su novantadue aspiranti atleti, soltanto Yahiko Mishima e Shizō Kanakuri furono ritenuti idonei. Kanakuri, ventenne giapponese, è uno dei favoriti. È primatista mondiale della specialità con un tempo di 2 ore, 32 minuti e 45 secondi, realizzato nella primavera antecedente i Giochi. Solo che le Olimpiadi non si svolgono proprio dietro l’angolo e siamo nel 1912: la facilità e i costi di spostamento non sono minimamente paragonabili a quelli attuali. Per affrontare quello che assomiglia molto ad un viaggio della speranza, ecco che la Tokyo Normal Higher School, l’università in cui Shizo studia, presieduta da Kano, organizza una raccolta fondi a cui partecipano studenti, ex studenti e professori. La raccolta fondi è proficua: vengono raccolti oltre 2000 yen (circa 153.000€ attuali). Il 16 maggio Kanakuri e Mishima cominciano il loro viaggio in treno e il 2 giugno, dopo 18 giorni di viaggio, passando da un mezzo di trasporto all’altro, i due giapponesi arrivano a Stoccolma pieni di sogni, speranze ma soprattutto riconoscenti verso tutte le persone che hanno permesso loro di partecipare alle Olimpiadi.

Il precedente – La squalifica a Dorando Pietri

Intanto per la maratona, l’organizzazione ha deciso di togliere i punti di ristoro e di impedire a chicchessia di avvicinarsi agli atleti: niente ciclisti al seguito, nessun massaggiatore o dirigente ai bordi della strada. Tutto questo per evitare che si ripeta quanto accaduto a Londra, quattro anni prima, a Dorando Pietri, il maratoneta italiano squalificato perché, mentre era in testa, a poche centinaia di metri dal traguardo e in netto vantaggio rispetto agli inseguitori (era già dentro lo stadio, dove entrò sbagliando strada, in evidente stato confusionale per capirci), aveva ricevuto soccorsi in seguito a quattro cadute, dovute all’incredibile sforzo fisico. La leggenda narra che fu aiutato da Sir Arthur Conan Doyle, che poi scrisse la cronaca della gara per il “Daily Mail” concludendola in questo modo:

La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”.

Squalificato.

La gara

Ma torniamo a quel caldo pomeriggio del 1912. Le condizioni climatiche – come detto – sono proibitive tanto che, poco prima del 29esimo chilometro, un portoghese, Francisco Lazaro, si accascia al suolo su una collinetta, colto da una insolazione e, come da regolamento, i soccorsi non arrivano. Lo ritrovano alcuni connazionali qualche ora dopo, in preda a febbre e convulsioni;  il mattino seguente muore in ospedale. Prima della partenza, il giovane di Lisbona ha pensato bene di cospargersi il corpo di cera per prevenire le ustioni, peccato che la sostanza applicata sulla pelle ne ha impedito la regolare traspirazione. Ad ulteriore testimonianza dell’estrema difficoltà della gara, basti pensare che dei 69 atleti partenti, ben 52 non tagliano il traguardo. Tra questi anche Shizo Kanakuri che non si trova: Kanakuri è scomparso. Dopo diverse ore dalla fine della gara verrà anche allertata la polizia ma inutilmente: di Kanakuri non c’è traccia. Scomparso, volatilizzato, evaporato.

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Chi l’ha visto?

Cosa è successo a Kanakuri? Perché non ha terminato la gara? Ma soprattutto dov’è finito? Queste domande resteranno senza risposta per cinquant’anni fino a quando nel 1962, in occasione del cinquantenario dalle Olimpiadi svedesi, il direttore di un giornale di Stoccolma decide di inviare un suo reporter in Giappone alla ricerca del maratoneta scomparso.

Shizo è tornato a casa a Tamara ed è diventato un professore di geografia. Ed è grazie al suo stesso racconto che possiamo ricostruire quello che avvenne quel luglio di 50 anni prima:

Siamo intorno al trentesimo chilometro, Kanakuri è nelle prime posizioni, ma non si sente bene e soffre tremendamente: decide di abbandonare momentaneamente il percorso accettando l’invito a bere un bicchiere di succo di lampone – alcuni diranno arancia, altri limone – da parte di uno spettatore che stava guardando la gara dal proprio giardino. Solo che il divano o la poltrona sul quale si accascia per bere quel succo doveva essere particolarmente comodo, perché Shizo si addormenta per svegliarsi solo molte ore dopo, a gara ormai finita. Rimasto ospite in casa dello spettatore, torna in Giappone qualche settimana dopo, in nave e in incognito, senza dire niente a nessuno. Delusione, vergogna, rimpianto, non sappiamo quale di questi o se sono altri i sentimenti che spingono il giovane atleta nipponico a darsi alla macchia ma così fa.

Il lieto fine

Nel 1967, cinque anni dopo essere stato ritrovato dal giornalista svedese, ormai 76enne, Kanakuri viene invitato in Svezia per completare la maratona: portato allo stadio Olimpico, incitato da una folla in tripudio, taglia il traguardo dopo 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti, 20 secondi e 3 decimi. Il vincitore, il sudafricano Kennedy McCarthur, ci aveva messo 2 ore, 36 minuti e 56 secondi.

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