Luisa Pece: “Chi ha cucinato l’ultima cena?”
Scritto da Valentina Barile in data Novembre 19, 2021
Quando comincia la storia delle donne, delle battaglie per i loro diritti? Rosalind Miles, scrittrice e critica letteraria inglese, racconta la sua ricerca storica in “Chi ha cucinato l’ultima cena?”, tradotto in Italia da Luisa Pece per Fandango. Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con la traduttrice.
Ascolta il podcast
La donna è la storia
Cosa è cambiato dal passato a oggi: quali direzioni ha preso il femminismo? Ha ancora senso quella comunicazione o è necessario lavorare su altri criteri e metodi? Luisa Pece: «Negli anni Sessanta io ero adolescente, giovane adulta, in una famiglia molto, molto tradizionale e vedevo il femminismo come l’emanazione di un mondo alieno. Ciò detto, credo che il femminismo abbia svegliato le coscienze, abbia raccolto anche messi copiose per quel che riguarda i diritti delle donne. Allora era un movimento estremo ed estremista, oggi mi sembra più – non so come dire – forse istituzionalizzato. Tuttavia sono convinta che abbia ancora una sua utilità e che dovrà esserci finché ci saranno ancora medici, sedicenti obiettori, disparità salariali, femminicidi, stupri orribilmente attribuiti al modo in cui una donna si veste o si muove. La comunicazione per slogan credo abbia fatto il suo tempo pur essendo molto aggregante, e penso anche che sia dal basso, dalle piccole donne che occorre partire con una nuova modalità di educazione».
La donna fa la storia
«Chi ha cucinato l’ultima cena? Se si fosse trattato di un uomo, non gli sarebbe stato assegnato un proprio santo, con un suo devoto seguito di chef famosi? Domande come questa mi crearono dei problemi fin dall’inizio della mia vita scolastica, perché sembrava che tutta la storia, come qualunque altra cosa esistente al mondo, appartenesse agli uomini. Su tutti i cartelloni che alle scuole elementari illustravano “La nascita della civiltà”, l’uomo primitivo procedeva risoluto a grandi passi verso il futuro e non si vedeva mai una donna». – da “Chi ha cucinato l’ultima cena? Di Rosalind Miles (Fandango).
Luisa Pece: «Chi ha cucinato l’ultima cena? È una bellissima domanda, ma all’inizio dei tempi la grande madre, ovviamente, non si occupava di queste cose, ci pensavano altri, o meglio altre, fossero sacerdotesse o schiave. Per tornare alla provocazione del titolo, nel Vangelo non ci viene svelato chi effettivamente ha preparato la cena, ma credo che non sia difficile scoprirlo. I discepoli andarono e prepararono la Pasqua, ma questi pescatori, esattori delle tasse, predicatori certamente non erano in grado di farlo e quindi alle donne si torna, costrette allora forse come adesso, a un’esistenza secondaria travestita da indispensabilità materna o coniugale che non è sparita, anzi, a cucinare quella che vorrebbero fosse davvero l’ultima cena del loro uomo ci sono le spose bambine, le donne violate, violentate, le ragazze costrette a matrimoni forzati, e così via. Però, per tornare ai Vangeli, non dimentichiamo che Gesù fu, come molti hanno già detto, femminista, pensiamo all’adultera, a Marta e Maria, la sua stessa madre, e forse oggi l’ultima cena la cucinerebbe una chef stellata senza perdere tempo in questioni di genere».
Tradurre la storia
Cosa vuol dire tradurre la storia quando è fatta di discipline che si intrecciano e si diramano in ogni direzione? Quali sono le tappe principali del tradurre e qual è l’aspetto fondamentale da tenere come bussola durante il viaggio? Luisa Pece conclude su Radio Bullets: «La traduzione di questo volume, come succede con tutte le traduzioni di opere complesse dove c’è storia, antropologia, osservazione della società, un grande senso dell’umorismo, non è stata una passeggiata ma all’epoca della prima stesura ho avuto la grande fortuna di lavorare a diretto contatto con l’autrice per cui i problemi, le varie perplessità e le incertezze venivano risolte subito, essendosi anche creata una certa empatia fra di noi. Il libro è in linea di massima tosto, è duro, alcune sezioni come, per esempio, quella sulle mutilazioni genitali femminili, mi hanno creato molti problemi non per la scrittura o per la difficoltà professionale, ma per il tema in sé come peraltro l’accenno storico a Ipazia di Alessandria. Ma questo libro mi ha decisamente entusiasmata, l’ho tradotto con grande partecipazione emotiva e c’ero anch’io in quelle pagine, e penso che tutte le donne dovrebbero leggerlo».
Ascolta/leggi anche:
- Ilide Carmignani: cosa vuol dire tradurre?
- Enaiatollah Akbari, andata e ritorno
- Lourdes de Armas, “Marx i miei mariti”
- “Bianco intorno”, tradurre un fumetto
- I ragazzi hanno grandi sogni
- Malala, la ragazza che voleva andare a scuola
- Donna, un viaggio nelle etimologie
- Geografie: Antonella Anedda racconta
- Hagard, tradurre una parola
- “A casa”: speranze alla deriva
- Detenuto palestinese da 41 anni in carcere senza appello
- Afghanistan: 100 giorni con i talebani
- Un lento planare
- Sentirsi a casa. Il servizio dei Centri Antiviolenza
- L’inviato speciale USA per l’Afghanistan incontrerà i talebani
- Isole Salomone, le radici profonde di un conflitto
E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta dai posti, potete sostenerci andando su Sostienici