MaderaSucia, gli ultimi alberi dell’Amazzonia

Scritto da in data Ottobre 6, 2018

Se siete in una casa o in un ufficio guardate se ci sono dei mobili, dei mobili di legno. Non mi ero mai chiesta da dove provenisse la materia prima di cui sono fatti i mobili, ma se sono stati costruiti in Cina o negli Stati Uniti, magari avete accanto un enorme cedro dell’Amazzonia sottoforma di tavolino. Il 30% del legno in commercio in tutto il mondo è illegale. Nel 2016, il legno “sporco” ha mosso tra i 50 e i 152 miliardi di dollari. Il termine legno sporco, che non suona molto in italiano, è stato scelto per dare il nome al reportage che sette media di cinque paesi latinoamericani hanno costruito per spiegare come lavora il traffico del legname dall’Amazzonia al mercato mondiale. Ce lo racconta Stefania Cingia su Radio Bullets

Alberi

Osservate il posto in cui state adesso. Se siete in una casa o in un ufficio o in un posto chiuso, guardate se ci sono dei mobili, dei mobili di legno. Non mi ero mai chiesta da dove provenisse la materia prima di cui sono fatti i mobili, ma se sono stati costruiti in Cina o negli Stati Uniti, magari avete accanto un enorme cedro dell’Amazzonia sottoforma di tavolino.

Che rumore fa un albero immenso che cade quando viene tagliato? Questo……, che, insieme a questo ……… porta a questo ………, ovvero alla distruzione dell’Amazzonia.

Il 30% del legno in commercio in tutto il mondo è illegale. Nel 2016, il legno “sporco” ha mosso tra i 50 e i 152 miliardi di dollari, segnando un aumento rispetto al 2014. Il termine legno sporco, che non suona molto in italiano, è stato scelto per dare il nome al reportage che sette media di cinque paesi latinoamericani hanno costruito per spiegare come lavora il traffico del legname dall’Amazzonia al mercato mondiale. Il lavoro di giornalismo investigativo ha coinvolto i giornalisti di Ojo Público e di Mongabay Latam, in collaborazione con El Espectador, Semana, CONNECTAS, El Deber, Revista Vistazo e InfoAmazonía. I paesi sede di questi media sono Perù, Ecuador, Bolivia, Brasile e Colombia.

#MaderaSucia, gli ultimi alberi dell’Amazzonia

In agosto, i membri della comunità indigena Shawi della zona nord orientale dell’Amazzonia in Perù hanno convocato un’assemblea per decidere cosa fare di fronte al gruppo di taglialegna stranieri che tagliavano gli alberi più antichi della loro foresta. I trafficanti, nome che si addice loro visto che non avevano i regolari permessi per tagliare gli alberi, portavano fuori dalla foresta i tronchi su enormi camion che distruggevano la vegetazione circostante. Gli Shawi hanno deciso di organizzare un punto di controllo sulla via e di fermare il transito di questi camion. Da lì in poi, la comunità indigena ha subito minacce violente, rivolte soprattutto ai leader indigeni. Hanno fatto quello che lo stato peruviano non riesce a fare: controllare le vie del traffico di legno.

Quante volte abbiamo sentito parlare di traffico di droga, traffico di organi, traffico di esseri umani, traffico di donne, traffico di schiavi (vi viene in mente il nome tratta, vero?)… ma traffico di legno?

Settembre 2014: un gruppo di taglialegna illegali uccide Edwin Chota, Leoncio Quinticima, Jorge Ríos e Francisco Pinedo, membri della comunità Saweto, situata a Ucayali vicino alla frontiera con il Brasile. Chota era il leader della comunità e da dodici anni denunciava il traffico di legname dalla sua terra, senza che nessuna autorità gli prestasse ascolto. A quattro anni dall’omicidio, la giustizia peruviana non è riuscita a trovare gli assassini, né a garantire un livello di sicurezza accettabile per gli altri leader ambientali del paese, né a ridurre il traffico illegale di legno.

I calcoli del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente evidenziano che questo commercio illegale supera i 50miliardi di dollari e potrebbe rappresentare il 30% di tutto il legno che si vende nel mondo.

Come funziona?, vi chiederete, visto che, banalizzando ai massimi livelli, 3 prodotti di legno su 10 potrebbero venire da un albero dell’Amazzonia che doveva restare in vita e un albero non ha esattamente misure piccole per portarlo fuori dal paese senza essere notato. Il processo che consente di esportare legno tagliato dalle foreste proibite si ripete uguale in tutti i paesi amazzonici. I documenti ufficiali vengono contraffatti e non esiste un sistema di controllo e vigilanza da parte delle autorità di ciascun paese coinvolto. Semplice no? Poco controllo e documenti falsi e il legno è pronto per il mercato statunitense e cinese. Tutti i casi elencati dal reportage confermano che il metodo utilizzato dalle mafie del legno è la dichiarazione falsa scritta nei documenti ufficiali. Significa che, nella maggior parte dei casi, il legno di origine illegale si vende con documenti che dicono che gli alberi sono stati tagliati da una zona autorizzata, quando in realtà sono stati portati via da zone protette o da terre appartenenti alle comunità indigene.

Brasile

Il Brasile è il primo paese al mondo per esportazione di legno. Un’inchiesta di Greenpeace pubblicata a marzo 2018 spiega come si inventano i documenti che certificano l’origine del quotato legno Ipe. Il legno Ipe è uno dei più nobili, affidabili e pregiati legni per uso esterno, più duro del Teak e costa circa 2.500 dollari al metro cubo. Un’indagine sul campo nel sud-ovest dello stato di Pará ha mostrato che gli ingegneri forestali corrotti possono falsificare gli inventari forestali identificando erroneamente gli alberi indesiderabili come specie di valore commerciale, sovrastimando i volumi di alberi preziosi o semplicemente elencando esemplari inesistenti. Sulla base di questi inventari fraudolenti, le agenzie statali rilasciano crediti per la raccolta e la movimentazione di legname inesistente. Questi crediti vengono poi usati per “confezionare i libri” di segherie che lavorano alberi che sono stati illegalmente registrati dalle foreste su terre indigene, aree protette o terre pubbliche.

In Bolivia, i trafficanti modificano i Certificati Forestali di Origine per portare fuori i carichi di legname e commercializzarli. Secondo i calcoli del ministero dell’Ambiente colombiano, il 47% del legname che si vende in questo paese è illegale. Il commercio illegale del legno può muovere fino a 750 milioni di dollari all’anno, quasi un terzo di quello che muove il narcotraffico.

In Perù, l’Organismo di Supervisione delle Materie Forestali, in sigla Osinfor, ha scovato piani forestali approvati dai governi regionali che vogliono dimostrare di avere un numero precisissimo di alberi in una determinata zona o di avere alcune piante nei letti dei fiumi. Falsi, quindi. Tra ottobre 2017 e agosto 2018, Osinfor ha quantificato l’estrazione illegale di legno in 274 mila metri cubi del valore di 30 milioni di dollari, equivalente al carico di 5 mila camion. La maggior parte del legno tagliato in Perù finisce in Messico e poi negli Stati Uniti. L’81% del legno commercializzato proviene da aree proibite.

L’impresa di legname che più esporta dal Perù è la Maderera Bozovich S.A.C. Secondo la organizzazione non governativa Environmental Investigation Agency, che lotta contro la deforestazione e il taglio illegale di legno, la Bozovich è in cima alla lista delle aziende che esportano legno di possibile origine illegale, fino al 45% del totale. Drago e Ivo Bozovich, i proprietari del legname, appaiono nei Panama Papers e hanno creato 10 compagnie offshore.

Il gioco si fa grande. Tutto porta in Perù. Dalla Colombia, Ecuador e Brasile, il legno tagliato viene mandato nell’Amazzonia peruviana, dove viene “pulito” (ossia reso legale) e commercializzato.

E poi?

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