Pietre preziose
Scritto da Raffaella Quadri in data Gennaio 13, 2021
Arrivati sulla Terra il 16 dicembre 2020, i campioni lunari prelevati durante la missione spaziale cinese Chang’è 5 devono ora essere analizzati e studiati. L’obiettivo è capire meglio come si sia formato il nostro satellite e aiutare la scienza a ricostruire la storia della Luna e dell’intero sistema solare. Per il futuro occorrerà invece regolamentare le missioni a livello internazionale.
Musica: “Le pietre preziose” – atto III da “La bella addormentata” op. 66 – Petr Ilic Cajkovskij
Foto di copertina: David Schwarzenberg da Pixabay
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L’ha fortemente voluta, progettata nei dettagli e realizzata. La Cina ha compiuto e portato a termine una pietra miliare nel proprio programma spaziale. E adesso le restano altre pietre… da studiare. Ben due chilogrammi di campioni lunari che, si spera, rivelino qualche segreto del nostro sistema solare.
I 2 kg di campioni lunari della Cina
Iniziata a fine novembre e conclusasi con il rientro della capsula il 16 dicembre scorso, la missione spaziale esplorativa Chang’è 5 − “Lunga Marcia 5” − dell’agenzia spaziale cinese CNSA (China National Space Administration) ha compiuto il proprio dovere. Al suo atterraggio dopo 23 giorni di missione, la capsula di rientro ha portato con sé i campioni rocciosi prelevati dalla superficie lunare.
Secondo quanto riferito dalla stessa agenzia spaziale cinese, la capsula una volta prelevata nel sito di atterraggio in Mongolia è stata trasportata a Pechino e il contenitore con i quasi due chilogrammi – per la precisione 1,731 kg – di campioni lunari è stato conservato presso alcuni laboratori realizzati appositamente per effettuarne analisi e test. L’obiettivo è studiare la composizione delle pietre e della polvere per capire come si siano formate, aiutando gli scienziati a ricostruire la storia del nostro satellite e cercando di comprendere meglio anche quella dell’intero sistema solare.
Il prelievo di pietre e polvere
Ma come sono state ricavati in loco questi importanti campioni? Una volta allunato, come da programma, il lander del modulo lunare ha iniziato il proprio compito, facendo uso degli strumenti di cui è dotato. Utilizzando un trapano, ha ricavato 500 grammi di campioni sotterranei mentre con un braccio escavatore ha raccolto circa 1,5 chilogrammi di polvere superficiale. I campioni sono stati poi riposti in un contenitore sottovuoto. Nel contempo il braccio meccanico si è occupato anche di piantare sul suolo lunare la bandiera della Repubblica Popolare Cinese.
Le successive operazioni sono state gestite dal modulo di ascesa, che insieme al lander costituisce il modulo lunare e che ha portato i campioni verso l’orbiter rimasto ad attendere il prezioso carico in orbita attorno al satellite. Da lì la direzione è stata casa, dove l’orbiter è giunto il 16 dicembre.
Alle operazioni di localizzazione della capsula una volta toccata terra ha partecipato anche l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, che ha aiutato l’agenzia cinese a individuare il velivolo poi recuperato.
L’importanza della missione: ricerca, ingegneria, divulgazione
Ora non resta che attendere i risultati delle analisi scientifiche. Si studieranno le caratteristiche geologiche e la struttura dei minerali raccolti, e le loro proprietà chimico-fisiche per conoscere meglio l’origine e l’evoluzione della Luna. Ma anche per sapere di più del lato del satellite che non è mai visibile dalla prospettiva terreste. Il cosiddetto “Oceano delle Tempeste”, dove è atterrato il modulo cinese, è infatti un luogo che sinora era rimasto inesplorato.
La ricerca non è però l’unico obiettivo di questa storica missione, la quinta con una sonda Chang’e, la prima sonda fu lanciata nell’ottobre del 2007, ma servirà anche per verificare tutti gli aspetti di ingegneria spaziale. La Cina sta già pensando alla missione numero 6 per il 2023. Un altro obiettivo della missione è accrescere presso l’opinione pubblica, soprattutto la più giovane, l’interesse per la scienza. Tanto è vero che una parte dei campioni è stata destinata a essere esposta al pubblico.
I prossimi allunaggi? Che siano sostenibili
Per il futuro sono già previste, entro in prossimi tre anni, nuove missioni esplorative a opera di diversi Paesi – Cina, Stati Uniti, Russia, Giappone e India – e si sta seriamente pensando a come gestire questo impatto sul satellite. Proprio come si fa sulla Terra per le esplorazioni delle aree ancora incontaminate, si deve procedere con un piano che sia sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
Secondo la rivista Nature – citata anche da Ansa – sulla Luna ci sarebbe già troppo… traffico. Un’eccessiva presenza umana sul suolo lunare potrebbe mettere a rischio l’integrità delle riserve d’acqua ghiacciata che si trovano ai poli. Riserve preziose sia per le future missioni – soprattutto in vista della realizzazione di insediamenti umani permanenti – sia per lo studio di campioni incontaminati che molto potrebbero dirci dell’origine della Luna e della Terra. Dovremo quindi regolare le future visite. Cospar, il Comitato per la ricerca spaziale (Committee on space research), sta pensando alla realizzazione di linee guida apposite, una sorta di “buone pratiche” con valore internazionale, per gestire le missioni sulla Luna.
Intanto, pensando sempre in chiave sostenibile, in Giappone nasce LignoSat. Si tratta di un’innovazione spaziale in versione eco-compatibile: il primo satellite artificiale in legno. Lo racconta l’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica) spiegando come il progetto faccia parte di un più ampio programma per spingere all’utilizzo del legno come materiale da costruzione da sfruttare sulla Terra e naturalmente nel cosmo. Il nuovo satellite dovrebbe essere lanciato nel 2023.
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