Altro che furia iconoclasta sulle statue: la “rabbia è un dono”

Scritto da in data Giugno 21, 2020

“Furia iconoclasta? Rispondiamo citando Malcom X: Anger is a gift”. E cioè: la rabbia è un dono. La rabbia del buttare giù le statue, e quella dietro alla rivendicazione della pioggia di vernice rossa sull’effigie del giornalista Indro Montanelli a Milano.

Parola di Hogre, street artist romano noto per i suoi interventi di subvertising sui manifesti pubblicitari. O meglio, di Bess Komentarza e Doublewhy del collettivo Special Patrol Group, che rispondono a queste domande per (e con) Hogre che “è una maschera trogloditica analfabeta e pertanto incapace di esprimersi in un linguaggio verbale”.

Hogre/Flickr | La campagna “Fintissimi” del 2017

Il Subvertising

Subvertising, si diceva. Si tratta di un movimento artistico-politico che consiste nella “vandalizzazione creativa” degli spazi pubblicitari. Prende le immagini pubblicitarie, insomma, e le “sovverte”, rendendole magari grottesche, mostrando in pubblico quell’azione di critica. Suona famigliare?

Un esempio è quello della campagna pubblicitaria Fintissimi, che riprendeva qualche anno fa una contestata pubblicità di Intimissimi in cui la modella Irina Shayk veniva rappresentata in irreale, ostentata perfetta fisicità. Oppure quella volta in cui H&M è diventato l’acronimo delle iniziali di Adolf Hitler e Benito Mussolini.

Social Patrol Group/Facebook

Cosa ne pensa allora Hogre del dibattito, arrivato dagli Stati Uniti con il movimento sceso in piazza per la morte di George Floyd fino all’Italia e al cuore di Milano su statue, bandiere confederate, arte, memoria e storia? Tu cosa faresti con la statua di Indro Montanelli a Milano?

Sembrerebbe che Indro Montanelli non amasse le statue celebrative, per questo si merita di avere una statua che lascerei coperta con una secchiata di vernice rosa e una scritta a spray che lo descrive per quello che era: un razzista stupratore. La divisione che si è creata nei confronti della proposta di levare la statua di Montanelli porta in primo piano una divisione interna storica profonda tra un’Italia che ripudia il fascismo a parole ma che ama profondamente quello spirito gregario legato al nazionalismo, quella sicurezza infantile nel delegare alla figura di riferimento al comando e un’Italia che vorrebbe superare questa attrazione per l’autoritarismo e sviluppare uno spirito critico indipendente.

Vernice rosa come quella che aveva usato Non Una Di Meno per imbrattare la statua un anno fa. Ora quella rossa rivendicata dagli studenti.

Il primo un gesto spontaneo, autentico, bello. Il secondo una reiterazione necessaria.

È necessario contestualizzare l’azione di Montanelli, si dice. È possibile contestualizzare quello che il giornalista racconta di aver fatto icon una bambina di dodici anni in Eritrea

Fu uno stupro che, certo, va inserito nel contesto di un’occupazione coloniale. E ciò lo carica di molteplici e ulteriori dinamiche di violenza. Per esempio il fatto che quest’individuo non abbia mai espresso un ripensamento rispetto alla violenza commessa è una legittimazione dell’intera dinamica coloniale. Ancora oggi metà dell’Italia è dimentica del suo ruolo di carnefice, ieri nelle colonie in Africa come oggi nei terreni agricoli dove regna il caporalato.

E di questa pulsione a tirare giù le statue? Pulsione che, tra l’altro, non è esattamente una novità…

Abbattere o rovesciare un simbolo, per quanto possa essere un espressione estetica utile all’autodeterminazione, non dovrebbe essere il fine ma l’inizio della contestazione.

In che senso?

Il movimento in Italia è molto, troppo carezzevole. Ricordiamoci che l’Italia ha primati da incubo: è per esempio il primo paese ad aver usato gas nervino sulle popolazioni indigene in Etiopia. A Rodolfo Graziani, responsabile di questo crimine di guerra, nel 2012 è stato intitolato un sacrario nel comune di Affile. Oggi i Centri di identificazione ed espulsione, Cie, sono campi di concentramento, dove le persone sono incarcerate a causa di un razzismo endemico. Lo stesso che ha ucciso Mohammed Ben Alì quqlche giorno fa (il bracciante rimasto ucciso in un incendio qualche giorno fa in una baracca a Borgo Mezzanone, ndr), che chiude i porti, che vende armi ma “ripudia la guerra”.

Posted by Takoua Ben Mohamed on Saturday, June 13, 2020

Ci sono altri modi, magari più efficaci, di sovvertire i simboli? La critica è chiara: col buttare giù una statua si rischia di rimuovere la storia, dice chi non è d’accordo.

«La storia è una narrazione che ha ben poco a che fare con la realtà dei fatti. Un monumento ai caduti per esempio si erige per giustificare una strage: non contribuisce a formare una memoria per prevenire un’altra carneficina, ma ci illude sull’utilità delle morti in guerra dando un senso ad una sofferenza senza senso. Il problema dunque non è se rimuovere o no la storia, ma quale storia vogliamo raccontare. Forse è questo che volevano esprimere i ragazzi che qualche settimana fa nel comune di Cerchio hanno sostituito il tricolore di un monumento ai caduti con una bandiera pirata, tirandosi appresso le ire della mentalità piccolo borghese e della stampa che la serve. Un altro esempio: con l’amico Percy Bertolini stiamo progettando una proposta per creare un “monumento agli attentati falliti”. Ricordare intenti, motivazioni e contesti socioculturali degli attentatori falliti è infatti a parer nostro un modo per fare luce su quegli aspetti che normalmente i vincitori tendono ad insabbiare perché sconvenienti al mantenimento dei loro privilegi. La storia che ci ha ispirato in questa riflessione è quella tragica di Anteo Zamboni».

Come partecipi alla mobilitazione per BlackLivesMatter?

Special Patrol Group, il collettivo di subvertisers londinesi di cui faccio parte, ha realizzato tantissimi contenuti grafici in supporto di Black Lives Matter dal 2016, quando dopo l’assassinio di Philando Castile e Alton Sterling, rispettivamente in Louisiana e Minnesota, la protesta è arrivata a Brixton (Londra sud). L’omicidio di George Floyd non è un caso isolato, la violenza della polizia è sistematica, per questo l’esempio di Minneapolis che vorrebbe smantellarla è estremamente importante e certamente un’esperienza che bisognerebbe sforzarsi di riprodurre anche altrove.

In copertina Special Patrol Group

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