Sportivi perdenti – Come Charlie Brown

Scritto da in data Marzo 10, 2019

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Storie di sportivi sfortunati ed eterni secondi

È difficile che i vincenti, siano essi personaggi o squadre, siano simpatici: certo, come in tutte le cose ci sono le eccezioni ma, generalmente, si parteggia per i vari Gatto Silvestro e Will il Coyote che, diciamocelo, sono molto più simpatici delle loro controparti Titti e Beep beep. Ma se c’è una figura che incarna il perdente e lo sfortunato questa è quella di Charlie Brown. Charlie Brown è quello innamorato dell’irraggiungibile ragazzina dai capelli rossi, quello che per avere supporto e consigli paga 5 cents all’improvvisata psichiatra ed amica Lucy, quello che non è mai riuscito a far volare un aquilone, quello che non ha mai vinto una partita di baseball, quello che all’affermazione “Nulla dura per sempre, tutte le cose belle devono finire” risponde “si, d’accordo, ma quando cominciano?”. In questo podcast vi racconterò dei perdenti, di quelli che, nonostante gli sforzi, le abilità e il talento, non sono mai riusciti ad accarezzare la gioia di vincere. La Delorean è pronta a portarvi in giro qua e là per il mondo e per gli anni alla scoperta degli sportivi più sfortunati e perdenti della storia. Allacciate le cinture e mettete il silenzioso al vostro telefono, si parte!

Se negli Stati Uniti chiedete ad appassionati e conoscitori di sport non hanno dubbi: il perdente più famoso dello sport d’America è Ralph Branca

Branca protagonista di quella che ancora oggi, a distanza di quasi settantanni, è considerata l’azione più famosa della storia del baseball. La vita di Branca non è semplice, anche se non drammatica, figlio di John, emigrato dall’Italia per fare fortuna all’estero, e di Kati, ebrea ungherese, anche lei in cerca di migliori opportunità nel nuovo continente, deve combattere con qualche screzio e presa in giro per le sue origini ma il ragazzo ha le spalle forti e il suo talento per il baseball, così come l’avere sedici fratelli, lo aiuta. Si diploma alla Davis High School di New York e si divide tra il campo di baseball e quello di basket. Esonerato dalla chiamata alle armi per un leggero problema di asma e per il timpano perforato, Branca firma un precontratto con i Dodgers, una delle squadre della grande mela, e comincia la sua avventura nella Major League nel ’44; dopo appena tre anni e per tre anni consecutivi viene inserito nella selezione dei migliori giocatori del campionato diventando un All-Star a tutti gli effetti. Vista l’assenza dei playoff, nella stagione ‘51 la squadra vincitrice della National League, sarebbe andata direttamente a giocarsi le World Series contro la vincente dell’American League. Quell’anno, però, per la terza volta nella storia, accade che due squadre hanno lo stesso record a fine stagione e quindi devono giocarsi la vittoria in uno spareggio al meglio delle tre gare. Ad accrescere il pathos e l’epicità dell’evento c’è che entrambe le squadre sono di New York: i Giants e i Dodgers. I Giants vincono la prima e i Dodgers la seconda. Si va alla bella. Il 3 ottobre al Polo Grounds di Manhattan, la casa dei Giants, va in scena l’ultimo atto di una sfida leggendaria e decisiva. Gli ospiti partono forte e nel nono inning, quando è il turno di Branca al lancio, il tabellone recita 4-1 per i Dodgers che hanno subito la possibilità di chiudere la pratica ma i Giants accorciano sul 4-2 riequilibrando il match e mettendosi, anche loro, nelle condizioni di vincere qualora Thomson, il battitore, fosse riuscito nell’impresa, difficile ma non impossibile, di battere un fuori campo. Branca batte e Thomson colpisce la palla piena che schizza velocissima fuori dal campo condannando i Dodgers ad un’amara e bruciante sconfitta. “Giants win” “i Giants vincono” ripete lo speaker americano le cui grida si perdono nel boato dello stadio. Nonostante sia stata cercata anche dalla NASA e dell’FBI, quella pallina non è mai più stata trovata. Alcune volte basta una singola giocata per resettare tutto: un’intera vita e un’intera carriera cancellata. Di Branca non ci si ricorderà più come di un ottimo giocatore, di un tre volte all star, delle sue ottime medie. No, niente di tutto questo. Nell’immaginario comune dello sportivo statunitense, Branca sarà sempre e solo il perdente. Quello che poteva vincere e portare i suoi alle World Series e invece ha mancato la sua grande occasione. Colpevole e condannato. “Se ammazzi qualcuno, dopo vent’anni puoi chiedere la grazia: a me non è permesso”. Dichiara molti anni dopo Ralph Branca il cui lancio venne successivamente definito come: “lo sparo che fece il giro del mondo”.

Stirling Moss – Un Re senza corona

Dal diamante del Polo Grounds ci spostiamo nel vecchio continente per fare la conoscenza di Stirling Moss, famoso e velocissimo pilota britannico che nello stesso anno del lancio di Branca fa il suo esordio nel campionato mondiale di Formula 1 alla guida di una HWM-Alta. Nei successivi tre anni disputa poche gare e non riesce a raccogliere punti fino al 1954 quando, grazie al terzo posto conquistato nel gran premio del Belgio, alla guida della Maserati 250F, chiude il campionato di quell’anno al tredicesimo posto. L’anno successivo passa alla Mercedes e va a punti in cinque dei sette gran premi previsti per il campionato di quell’anno collezionando tre podi, fra cui un primo posto nel gran premio di casa, quello della Gran Bretagna. Seppur distante di 18 punti dal vincitore di quel campionato, l’argentino Juan Manuel Fangio, Moss finisce la stagione al secondo posto. Non certo un risultato da buttare quello conseguito dal britannico che ha ancora molti anni di carriera davanti a sé e ha ampi margini di miglioramento. L’anno successivo ci riprova ma il risultato è sempre lo stesso: vince a Monza e in Polonia ma non basta è sempre il rivale argentino Fangio a spuntarla, per soli tre punti. Stavolta un po’ di sfortuna, i progressi ci sono stati e sicuramente continuando su questa strada il titolo arriverà. E invece niente neanche per il campionato del ’57: il suo acerrimo rivale argentino non ha alcuna intenzione di abdicare e costringe Moss, per il terzo campionato consecutivo, ad accontentarsi del secondo gradino del podio. Poi c’è il campionato del 1958: Fangio è in difficoltà e sicuramente non riuscirà a conservare il titolo, quale migliore occasione per vincere – finalmente! – il primo campionato del mondo di Formula 1. E invece niente anche quest’anno. Altro secondo posto nonostante i quattro gran premi vinti; stavolta in cima al podio c’è Mike Hawthorn il quale, alla guida della Ferrari, beffa il connazionale di un solo misero punto decisivo per l’assegnazione del titolo. Moss è uno forte, ha carattere e non ha intenzione di farsi buttare giù malgrado l’ennesima batosta ma, nonostante la perseveranza, la situazione non cambia: dopo quattro secondi posti consecutivi colleziona tre terzi posti nei successivi tre campionati prima di ritirarsi dopo un brutto incidente. Moss, quindi, rimarrà per sempre un re senza corona.

Raymond Poulidor – Il ciclista eterno secondo

Dall’automobilismo al ciclismo per parlare del nostro terzo Charlie Brown ovvero Raymond Poulidor, ciclista francese degli anni sessanta e settanta. Di umili natali, originario di una famiglia in un paesino di poco più di trecento abitanti, Poulidor inizia la sua carriera professionistica alla Mercier, storica produttrice di biciclette francese che, non avendo interessi commerciali in Italia, non gli darà mai la possibilità di partecipare al Giro d’Italia. Poupou, questo il soprannome affibbiatogli dai tifosi, è passato agli annali per le sue caratteristiche di scalatore instancabile ma ogni volta che sale su una bicicletta lo fa con una fastidiosa etichetta: l’eterno secondo. Eh già, perché nonostante le centonovanta vittorie in diciassette anni di carriera non riesce mai ad indossare la maglia gialla del Tour de France, nemmeno per un giorno. Ad ostacolare la sua scalata alla vittoria, oltre a Hinault a Merckx, c’è la sua bestia nera e acerrimo rivale Jacques Anquetil. Anquetil ha un non so che di inumano: assomiglia più ad una macchina da guerra più che a un ciclista; elegante, biondo e snob come solo i francesi sanno essere, è freddo e calcolatore ed è in grado di gestirsi dosando sempre le proprie forze senza mai andare in apnea. Sono queste le caratteristiche che gli permettono di vincere cinque Tour de France sugli otto disputati e di prevalere sempre e comunque su Poulidor; Il braccio di ferro fra i due sul Puy-de-Dôme nel 1964 rimane il duello più famoso di tutta la storia del ciclismo francese. Nonostante non sia mai riuscito a prevalere sul suo avversario nella famosa corsa a tappe francese, per i suoi connazionali Poulidor è uno dei ciclisti più amati e stimati di sempre.

Appassionato di ciclismo? Ascolta la storia e le curiosità del Giro d’Italia

Elgin Baylor – Tanti record e riconoscimenti ma nessun titolo

Finiamo questa raccolta di personaggi sfortunati e non vincenti col cestista statunitense Elgin Baylor. Senza alcuna possibilità di essere smentito, posso affermare che Baylor è stato uno dei migliori giocatori di basket di sempre. Evidentemente vincere non è nel destino di Baylor il quale, già prima di approdare in NBA, deve fare i conti con una finale NCAA persa dai suoi Seattle Redhawks contro i Kentucky Wildcats, malgrado una stagione dominata dall’americano dal punto di vista delle statistiche individuali. Prima scelta assoluta al draft del ’58 viene selezionato dai Minneapolis Lakers (sarebbero diventati Los Angeles Lakers due anni dopo). Già nel suo anno da rookie si impone e trascina una squadra mediocre alle finali NBA, giocate, e perse, con un netto e perentorio 4-0 contro i fortissimi Boston Celtics. Quella serie di finale è stata la prima disputata e persa da Baylor il quale, durante la sua lunga carriera in NBA, ne giocherà altre sei perdendole tutte quante. Ma non è solo questo che fa di Baylor uno sfortunato perdente quanto il fatto che l’anno successivo al suo ritiro i Los Angeles Lakers riescono – finalmente! – a spezzare l’incantesimo e a vincere il titolo NBA. Senza Baylor. Non basteranno tutti i suoi record personali a colmare la mancanza di un titolo: undici partecipazioni all’All-Star Game, inserito dieci volte nel miglior quintetto NBA, quarto di tutti i tempi per punti a partita, record di punti (61) in una gara di finale, introdotto nella Basketball Hall of Fame, maglia numero 22 ritirata dai Los Angeles Lakers e una statua appena fuori lo Staples Center, il palazzo dello sport dei Lakers. Tutti questi riconoscimenti, insieme all’assenza di titoli, fanno di Elgin Baylor un meraviglioso e fortissimo perdente.

“La vita è come una sedia a sdraio Charlie Brown alcuni la mettono a prua per vedere dove vanno altri a poppa per vedere dove sono già stati” diceva la Lucy di Schulz chiedendo all’amico come fosse la sua di sdraio “Non sono mai riuscito ad aprirne una” la risposta amara di Charlie Brown.

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