Storie dalla Colombia, Bogotà – Barrio Egipto, spari e speranze

Scritto da in data Maggio 6, 2022

“Breaking Borders” è il progetto di turismo comunitario messo in campo dal 2016 in uno dei quartieri più vulnerabili di Bogotà, “El barrio Egipto”. Valentina Barile lo ha visitato insieme a Oikos Onlus e ne parla su Radio Bullets.

Doppiaggio: Alessandro Salas, Giuliano Terenzi.

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Nel sud-est della capitale colombiana, al confine tra la parte urbana e le pendici del Monserrate, il “barrio Egipto” afferma la sua nuova esistenza. Un quartiere nato quattrocento anni fa, che conserva il nome coloniale della chiesa dedicata a “Nostra Signora dell’Egitto”, ospita attualmente ottocento famiglie che vivono da sessant’anni il conflitto armato nazionale e le guerre urbane tra bande criminali, che si contendono il mercato della droga. Cosa è “Breaking Borders”? Tío meo – così si fa chiamare ai nostri microfoni – lo racconta su Radio Bullets: «Eravamo delinquenti, che andavano contro il servizio pubblico, contro tutto: l’economia, le necessità; ciò che fanno praticamente un guerrigliero e un paramilitare. Però mentre loro lottano per altri ideali, noi qui lottiamo per avere un centro odontologico, un ospedale, un mercato di quartiere dove porter comprare a prezzi più bassi. Non abbiamo nulla, purtroppo, e non possiamo spostarci nei quartieri confinanti perché avremmo problemi con le bande con le quali finora ci siamo contesi la vendita della droga. Per questo il nostro progetto si chiama “Breaking borders”, che vuol dire “rompere le frontiere”, perché in questo posto ci sono quattro frontiere invisibili e noi stiamo lavorando per eliminarle».

Cura

Bogotà, Colombia – Barrio Egipto, progetto comunitario Breaking Borders | ©Valentina Barile

Il “barrio Egipto” è oggi un trionfo di colori su strade sterrate, con gli eucalipti che aiutano il visitatore a respirare a tremila metri di altitudine. Graffitisti mondiali hanno contribuito a donare colore al quartiere, infatti è proprio un tour guidato tra i murales quello che offre “Breaking Borders” a chi decide di sostenere il turismo sociale mostrando le criticità che esistono ancora e che non permettono alle famiglie una vita del tutto lontana dal degrado. Andrés, una delle guide, racconta il senso dei graffiti: «Questo graffito ce lo ha regalato Noma, un artista colombiano molto famoso. Tra i simboli rappresentati ci sono: il pennello, che vuole indicare la voglia di dare un colore a questo quartiere; il bersaglio, perché molti di noi smettono di giocare per impugnare una pistola; il microfono perché siamo un quartiere che si vuole identificare con l’arte hip pop; la birra, perché celebra la convivialità e il nostro stare insieme; il fulmine rappresenta il mondo criminale, il monopolio che vende droga e armi, il potere − oggi infatti pensiamo che “Breaking Borders” sia il fulmine perché ha cambiato la nostra gang, “La decima”; il calcio, perché è il simbolo di tutti i ragazzi che vogliono una speranza; e infine il fuoco perché rappresenta il nostro quartiere, uno dei più infuocati di Bogotà».

Speranze

Bogotà, Colombia – Barrio Egipto, graffito “Memoria de barrio”, progetto comunitario Breaking Borders | ©Valentina Barile

“Memoria de barrio” è uno dei graffiti fondamentali del quartiere, perché dà volto al desiderio di pace e di speranza attraverso Vincente Sarmiento e Celina Gutiérrez. Il primo rappresenta la cabina telefonica del quartiere perché è l’unico a possedere un cellulare in questo momento e la donna è l’infermiera di guerra del “barrio Egipto”, l’unica persona che passa da una fazione all’altra senza essere sparata. Le parole di Jaime concludono la nostra visita: «Questo murales è dedicato a Celina Gutiérrez, una donna di Medellín che ha novant’anni e vive in questo quartiere da quando ne aveva venti. Ha prestato servizio sanitario, è come una sciamana, una curatrice. Si è sempre occupata di guarire e operare le ferite da arma da fuoco, e mai è successo che prendessero un’infezione o che qualcuno morisse, ha curato anche me una volta, dopo che mi avevano sparato. Avevo una ferita sanguinante sul fianco e lei mi ha curato, non è servito che andassi in ospedale».

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