Studiare in Italia, la malinconia di lasciare la Palestina

Scritto da in data Gennaio 10, 2022

di Caterina Puletti

«Mi ricordo di una notte, stavo dormendo e gli israeliani hanno gettato una granata proprio davanti alla mia finestra. Mi sono svegliata e a causa di questo ho dormito tra i miei genitori per 10 anni».

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Hai presente la notte di San Lorenzo, quando con lo sguardo rivolto al cielo sei in attesa di una stella cadente a cui affidare un tuo desiderio? Aspetti pazientemente, la serata è ancora lunga e poi, diciamoci la verità, quanti sogni espressi con gli occhi verso l’alto si sono davvero avverati? Questo è il pensiero che ti attraversa, ma con ostinazione continui a sperare.
A qualche migliaio di chilometri di distanza c’è chi affida le sue preghiere al cielo. Le stelle cadenti sono un lontano ricordo di un’infanzia spensierata, privilegio di pochi, e l’attesa si conta in battiti accelerati e respiri affannati. Un bagliore attraversa l’orizzonte e cade giù, in picchiata, verso il suolo. La notte si illumina in un frastuono assordante.

Nicole

Nicole Zakkak ha 23 anni, studia biotecnologie a Perugia, è palestinese e non vede l’ora di laurearsi per poter tornarenicole zakkak palestina a lavorare in Palestina. «Mi chiamo Nicole, vengo da Ramallah, una città proprio in Palestina. Ho 23 anni, sono figlia unica e non vengo da una famiglia normale così come gli altri. Mi sono diplomata in una scuola americana, sempre a Ramallah, ho fatto il MUN (Model United Nations) e sono stata la segretaria generale, quindi avevo una posizione particolare che mi ha aiutata.
Quando ero piccola mia mamma ha avuto problemi con la gravidanza quindi ho deciso che volevo fare il medico, la ginecologa.
Ho deciso di lasciare la Palestina per studiare all’estero e poi tornare là per dare più informazioni, per lo sviluppo della Palestina. Mi hanno detto che c’era una borsa di studio con cui potevo studiare l’italiano a Betlemme e viaggiare in Italia. E poi niente, ho studiato la lingua, sono venuta in Italia e sto facendo biotecnologie. Volevo fare medicina, ma il mio primo anno in Italia non parlavo bene l’italiano e ancora non lo parlo bene, ma lascia stare… All’esame di medicina ho preso un voto alto, ma non potevo entrare a Perugia quindi ho lasciato stare perché al 2° anno di biotecnologie ho fatto 8 esami in una sessione perciò ho deciso di finire questa università e poi vado a fare medicina».

Lasciare la Palestina

«I tuoi genitori erano contenti quando hai lasciato la Palestina?». «No, non erano contenti. Mia mamma ancora piange ogni volta che lascio la Palestina e torno in Italia. Io, a causa del Covid, sono scesa l’anno scorso a marzo, poi sono tornata in Italia ad agosto, a novembre sono scesa di nuovo e sono rientrata ad aprile». «Come ti sei sentita appena arrivata in Italia?». «Scioccata, forse scioccata. Perché sono venuta in Italia e pensavo dovessi nuotare.
Sono stata allo studentato, in collegio, e ho incontrato tantissime ragazze italiane, molto buone. Poi a Perugia ci sono stati 60/70 palestinesi prima di noi quindi anche loro sono stati molto bravi e ci hanno aiutato a fare tutto. Poi niente, mi sono innamorata».
«Ti manca la Palestina?».
«Si, certo. Io ho una relazione particolare con la Palestina. Non c’entro niente con la politica, ma mi interessa perché secondo me una persona, uomo, donna, bambino, deve sapere per informazione generale cosa sta succedendo nel luogo dove abita. Ma a livello personale io non c’entro, capisco tutto ma non dico niente. A me piace la parte di Palestina dove c’è la pace, la cultura, il cibo e le persone sono molto buone, buonissime».

Il conflitto negli occhi di una bambina

«Hai mai visto la guerra con i tuoi occhi?».
«Si, quando avevo 3 anni c’è stata una guerra. Mi ricordo una notte che stavo dormendo e gli israeliani hanno buttato una granata proprio davanti alla mia finestra. Mi sono svegliata e a causa di questo ho dormito tra i miei genitori per 10 anni».
«Ti senti italiana o palestinese?».
«Senza offesa, palestinese. Mi sento sempre palestinese, non ho mai pensato di lasciare la Palestina tranne che per studiare. Noi siamo occupati e non possiamo ricevere una grande educazione».
«È possibile che i giovani israeliani vedano la questione palestinese diversamente dai loro nonni?».
«Secondo me la vedono peggio perché adesso è obbligatorio il servizio militare per tutti, crescono con la stessa idea».
Nicole racconta che spesso è stata in Israele a fare acquisti o a visitare città palestinesi in origine, ma non ha amici israeliani, non riuscirebbe mai ad averne uno. Il discorso si ferma lì, ma la sua risposta dà avvio a pensieri che non riescono a fermarsi.

Musica: “In fondo ai tuoi occhi” dei Radiodervish
Foto di copertina: Francesco Madonia

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