Un micro occhio nel cervello

Scritto da in data Ottobre 31, 2018

La risonanza magnetica avviene ora attraverso enormi macchinari, ma in futuro potrebbe essere completamente diversa, grazie a un matrimonio d’eccezione con l’elettronica. Da uno studio statunitense arriva l’idea di micro sensori iniettati direttamente nel cervello. Piccoli e super precisi. Raffaella Quadri per Radio Bullets. Musiche di Walter Sguazzin.

Photo credit: Felice Frankel

 

Tecnica molto conosciuta, la Rmi – acronimo di risonanza magnetica per immagini (o magnetic resonance imaging – Mri) – è utilizzata in medicina per effettuare diagnosi.

A cambiare il destino delle Rmi come noi oggi le conosciamo potrebbe concorrere il matrimonio con la tecnologia miniaturizzata dei microprocessori.

Non è la prima volta che in questa rubrica ci occupiamo di chip e di sensori studiati per usi diagnostici e, in effetti, la scienza da anni studia strumenti sempre più sofisticati e precisi per il monitoraggio e la cura del corpo, che siano al tempo stesso il meno invasivi possibile.

Non a caso questi sono gli obiettivi anche dello studio condotto dal dottore di ricerca Aviad Hai nel laboratorio guidato dal professore Alan Jasanoff presso il Mit (Massachusetts institute of technology) www.mit.edu.

La ricerca di Hai e compagni è stata pubblicata recentemente sulla rivista “Nature Biomedical Engineering”.

Lo scopo principale dello studio è misurare gli impulsi elettrici prodotti dal cervello durante la propria attività fisiologica, così da individuare eventuali anomalie.

L’idea dei ricercatori era di trovare un modo per effettuare queste misure in maniera molto precisa ma soprattutto non invasiva. Le pratiche sinora utilizzate riescono a soddisfare infatti solo uno di questi due requisiti: per esempio la comune Eeg – elettroencefalogramma – è certamente sicura per il paziente ma poco precisa nell’indicare l’origine esatta dell’attività che si monitoria, al contrario l’impianto di un elettrodo direttamente nel cervello renderebbe la rilevazione molto accurata ma, di contro, potrebbe danneggiare l’organo. La perfetta via di mezzo è stata trovata quindi proprio nel ricordo a micro sensori per la Rmi.

Il gruppo di ricerca del laboratorio di Jasanoff aveva già studiato il loro uso per rilevare la presenza nel corpo umano di alcune sostanze, tuttavia con questo nuovo utilizzo l’intenzione è di captare attraverso micro antenne radio le onde prodotte dal cervello durante la propria attività. In pratica il medesimo principio che avviene con le antenne utilizzate durante la normale risonanza magnetica per catturare le onde radio che sono emesse dai nuclei degli atomi; antenne che sono collegate a uno scanner Rmi, il quale successivamente produce le immagini.

La differenza è nelle dimensioni microscopiche, Hai e compagni infatti stanno progettando modelli con sensori grandi circa duecentocinquanta micron, ovvero pochi decimi di millimetri. Proprio queste dimensioni ridottissime permettono di impiantarle direttamente nel cervello senza che ciò metta a rischio i tessuti.

La rilevazione, inoltre, è estremamente precisa perché – come spiegano i ricercatori – i micro sensori sono in grado di captare segnali elettrici nell’ordine dei millivolt, quindi di rilevare le minime correnti elettriche che sono prodotte dalle attività biologiche delle cellule.

Un’altra caratteristica dei chip ideati al politecnico statunitense è la loro capacità di rilevare la luciferasi ovvero l’enzima o il gruppo di enzimi che è responsabile della bioluminescenza di alcune cellule. Questa particolare luce, proprio come i campi elettrici, si produce durante l’attività cerebrale e sinora, quando presente in profondità nel cervello, non poteva essere monitorata.

L’obiettivo futuro è di creare micro sensori ancora più piccoli e di poterli usare anche in altre parti del corpo, per esempio per captare l’attività elettromagnetica nel cuore e in altri muscoli; magari iniettando gruppi di microchip direttamente nel corpo e lasciandoli in loco per essere utilizzati all’occorrenza. La loro alimentazione avviene infatti attraverso i segnali radio emessi dallo scanner Rmi esterno.

L’elettronica apre quindi a infinite possibilità anche in campo biomedico e forse in futuro per sottoporci a una risonanza magnetica sarà sufficiente una siringa.

 

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