Una fotosintesi artificiale

Scritto da in data Gennaio 25, 2023

Sottili come una foglia e attraversati dai raggi del Sole. Non ci troviamo in un bosco al tepore del mattino, ma in un laboratorio per un’idea eco ripetibile.

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Transizione ecologica: perché non è così semplice

Salvare il nostro pianeta dal disastro ambientale richiede interventi urgenti, tra i quali abbandonare l’utilizzo di combustibili fossili che producono CO2, per preferirgli fonti di energia pulita e rinnovabile a emissioni zero. Effettuare, in pratica, quella transizione ecologica di cui si sente tanto parlare e che significa passare da un tipo di economia basata sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta a un’economia che sia realmente sostenibile.
Il problema molto spesso risiede proprio in questo termine: una tecnologia, per essere davvero utile e realizzabile, deve poter essere sostenibile, ovvero affrontabile, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale. Significa quindi che, se fosse altrimenti, non avrebbe senso realizzarla e soprattutto non sarebbe possibile farlo.
Uno dei combustibili a cui si guarda con maggiori speranze, da questo punto di vista, e che già oggi è utilizzato – molto spesso miscelato con altri combustibili di origine fossile – è l’idrogeno.
Produrlo e stoccarlo – ovvero immagazzinarlo – costituiscono però il vero nodo della questione, in quanto è necessaria una grande quantità di energia che rende queste operazioni spesso troppo dispendiose.
L’ideale sarebbe avere una metodologia facilmente utilizzabile e replicabile in scala.

Ricavare idrogeno dall’umidità dell’aria

A questo ha pensato un gruppo di ricercatori guidato dall’ingegnere chimico Kevin Sivula, professore associato al Politecnico federale di Losanna (EPFL). Il gruppo ha creato il prototipo di un dispositivo che, una volta esposto alla luce solare, è in grado di catturare l’acqua presente nell’aria e di ricavare da questa idrogeno sotto forma di gas.

Il prof. Kevin Sivula del Politecnico federale di Losanna – © 2023 EPFL / Alain Herzog

La tecnica pensata dagli ingegneri del team svizzero non è nuova. Gli elettrodi a diffusione gassosa sono già impiegati come componenti delle celle a combustibile ed elettrolisi, che sono dispositivi elettrochimici in grado di convertire l’energia chimica in energia elettrica. Solitamente sono realizzati con materiali metallici o in carbonio, che non consentono la trasmissione della luce, mentre quello del Politecnico di Losanna è un dispositivo fotoelettrochimico.
Ciò significa che il sistema combina la tecnologia basata sui semiconduttori con un nuovo tipo di elettrodi. Questi consentono, grazie all’energia solare, di trasformare l’acqua presente allo stato gassoso nell’aria in combustibile a idrogeno (H2).
Le chiavi di quello che gli ingegneri ritengono sarà il successo dei nuovi elettrodi sono due:

  • la porosità
  • la trasparenza

I nuovi elettrodi quindi sono porosi, e ciò consente loro di ottimizzare il contatto con l’acqua presente nell’aria; e sono trasparenti, così da sfruttare al meglio l’esposizione alla luce solare del rivestimento semiconduttore.

Come la fotosintesi delle foglie

Il nuovo dispositivo funziona, in pratica, come le foglie di una pianta durante il processo di fotosintesi, quando convertono la luce solare in energia chimica utilizzando, nel loro caso, l’anidride carbonica dell’aria.
Allo stesso modo agiscono gli elettrodi sviluppati in Svizzera. La loro superficie porosa e trasparente cattura l’acqua dall’aria presente nell’ambiente e la luce solare. Proprio grazie alla luce raccolta dal materiale semiconduttore che li ricopre, e che è un substrato formato da una rete tridimensionale di fibre di vetro rivestita da un sottile film trasparente di ossido di stagno e fluoro – capace di renderla particolarmente conduttiva e robusta –, il dispositivo riesce a produrre idrogeno gassoso. L’energia della luce solare è immagazzinata quindi sotto forma di legami a idrogeno.
L’idrogeno gassoso prodotto resta immagazzinato una piccola camera che contiene il substrato in lana di vetro, dal quale però è mantenuto separato attraverso una membrana.

© 2023 EPFL / Alain Herzog

L’efficienza di conversione del nuovo dispositivo è ancora piuttosto bassa. I ricercatori hanno calcolato che sia solo del 12%, inferiore a quella di altri dispositivi già in uso, le celle liquide – o celle fotoelettrochimiche (PEC, photoelectrochemical cells) – che utilizzano la luce per stimolare un materiale fotosensibile immerso in una soluzione liquida, provocando così la reazione chimica. Le PEC hanno un’efficienza di conversione del 19%.
Il prototipo quindi, pur promettendo bene, deve essere migliorato e il team di ricerca sta lavorando proprio a questo.

Le premesse, dunque, sono positive e potrebbero aprire la strada alla produzione di combustibile a idrogeno con una metodo facilmente riproducibile. Un altro passo verso la transizione ecologica.

I risultati ottenuti da Sivula e dal suo team sono stati pubblicati sulla rivista Advanced Materials.

 

Musica: “Come Foglie” – Malika Ayane
Foto in copertina: Ulrike Leone – Pixabay

 

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