Una mela al giorno
Scritto da Raffaella Quadri in data Giugno 8, 2022
Che la mela rappresenti il frutto della tentazione per eccellenza lo si sa: da Adamo ed Eva a Biancaneve, diciamocelo, ha sempre esercitato un certo fascino sulla golosità umana. Ma cosa sarebbe successo se prima di addentare la loro mela i due più famosi malcapitati golosi dell’immaginario collettivo avessero potuto verificarne la presenza di veleni?
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Nanosensori e sicurezza alimentare
L’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura è diffuso e, purtroppo, necessario per preservare i raccolti. I risvolti ambientali però non mancano. Secondo il “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” redatto da Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nelle acque italiane, nel periodo 2017-2018, su 426 sostanze inquinanti ricercate ne sono state trovate ben 299. Si tratta soprattutto di insetticidi e sono stati rilevati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee.
Oltre a questo, i residui dei pesticidi restano anche sul cibo che ingeriamo, con effetti nocivi sulla nostra salute.
Il monitoraggio delle derrate messe in commercio viene effettuato, ma il livello dei controlli per la sicurezza alimentare non può necessariamente essere capillare. Non sarebbe sostenibile sotto diversi aspetti.
Un gruppo di ricercatori dell’università svedese Karolinska Institutet ha realizzato, quindi, una metodologia per il rilevamento dei pesticidi sulla frutta.
Tutto grazie al ricorso a sensori di dimensioni nanometriche, ovvero nanosensori.
La tecnologia SERS, la spruzzatura a fiamma e l’argento
L’idea è stata quella di sfruttare tecnologie preesistenti per creare delle applicazioni più facilmente accessibili. In particolare, i nuovi nanosensori fanno ricorso a una tecnica conosciuta e già utilizzata per effettuare analisi chimiche, mediche e ambientali: la spettroscopia Raman con superficie migliorata nota anche come SERS – surface enhanced Raman scattering.
Questa tecnica permette di rilevare le biomolecole presenti su superfici metalliche. Proprio il metallo, amplificando i segnali provenienti dalle molecole, consente così di individuarle. Le risposte migliori si ottengono da alcuni metalli, tra i quali l’argento che è stato poi scelto dai ricercatori. Inoltre i metalli sono impiegati sotto forma di nanoparticelle.
Il team svedese ha quindi creato un nanosensore SERS, utilizzando però anche un’altra tecnica conosciuta, la spruzzatura a fiamma, grazie alla quale è possibile depositare le nanoparticelle di argento su una superficie di vetro. Le minuscole gocce del metallo che si ottengono con lo spray a fiamma vanno a creare un rivestimento, ovvero un film metallico, in maniera molto rapida ed economica. E questa è la grande differenza rispetto al ricorso alla tradizionale tecnica SERS.
Successivamente il team ha studiato e regolato la distanza tra le singole nanoparticelle dell’argento, fino a individuare la conformazione migliore per ottimizzare la capacità di rilevamento del film del sensore.
La rilevazione avviene prelevando gli eventuali residui di sostanze dalla frutta – gli studiosi hanno utilizzato un semplice batuffolo di cotone – e, grazie al ricorso a una soluzione che ha il compito di sciogliere le molecole delle sostanze, si fanno poi gocciolare i residui sul nanosensore per la rilevazione. Questo permette di scoprire se si tratti innanzitutto di pesticidi e di quale tipo siano. Il tutto nell’arco di soli cinque minuti.
I nanosensori anti pesticidi: economici, rapidi e scalabili
Ecco quindi che il sistema basato sul ricorso a questi nuovi nanosensori diventa interessante proprio per le caratteristiche che lo distinguono dai metodi sinora utilizzati per il rilevamento dei pesticidi sugli alimenti. In pratica i suoi punti di forza sono tre:
- economicità
- riproducibilità
- rapidità di risposta
Proprio la particolarità di essere facili da produrre, a costi accessibili e di fornire risposte nell’arco di pochi minuti, apre la strada ai possibili usi dei nanosensori svedesi. Potrebbero essere utilizzati, per esempio, per verificare l’eventuale presenza di pesticidi su cibo e alimenti direttamente nei negozi di alimentari.
La ricerca – pubblicata sulla rivista scientifica Advanced Science – ha destato interesse anche a livello europeo, ottenendo i finanziamenti del European Research Council (ERC). Al momento è ancora giusto uno studio, ma le premesse sono interessanti. Non solo perché si pensa alla produzione e commercializzazione del sistema a nanosensori, ma anche alle future diverse applicazioni che potrà avere.
L’intenzione dei ricercatori pare essere quella di studiarne l’utilizzo come biomarcatori per il rilevamento di malattie. Diverrebbe così un metodo rapido e a basso costo disponibile anche per strutture che non hanno a disposizione grandi risorse economiche. Un’innovazione di nanotecnologia, quindi, che potrebbe cambiare l’approccio all’analisi anche in campo medico.
Musica: “Tutti Frutti” – Little Richard
Foto in copertina: Ulrike Leone da Pixabay
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