Barbara Schiavulli / Direttrice Responsabile
Barbara Schiavulli shows
A tredici anni quando le mie compagne di scuola volevano fare le maestre, le dottoresse o le ballerine, io volevo fare la giornalista di guerra. Volevo denunciare la violenza, i soprusi, le ingiustizie. Non so come questo pensiero potesse attraversare una tredicenne, ma ero perfettamente conscia del fatto che questo sarebbe stato il mio ruolo nel mondo. E la mia guerra. Lo è ancora oggi trent’anni dopo quando è nato il progetto di Radio Bullets.
Raccontare i conflitti
Ho raccontato tutti i conflitti degli ultimi vent’anni lasciandomi avvolgere dalle storie e dal caldo torrido dell’Iraq, dalle montagne dell’Afghanistan, dalle rovine della Palestina. Ho incontrato presidenti, combattenti, assassini, scrittori, intellettuali e musicisti. Mostri ed eroi. Vittime e carnefici. Ho imparato a raccontare la guerra annusandone puzza, nascondendomi dietro a muretti, lavandomi il sangue dai vestiti, ho imparato a cercare le storie e a capire le persone. Ho stretto gli occhi per non piangere davanti a donne con le anime spezzate e i corpi distrutti. Ho fatto la linguaccia a bambini afgani di strada che non avevano mai visto un adulto fare le smorfie. Ho puntato il dito contro l’ex capo della Cia e ho rimproverato militanti e miliziani. Ho visto amici morire e le loro parole sfumare. Ho scritto sempre. Senza mai smettere anche quando ero troppo stanca. Anche quando il dolore che uno si porta dentro sembra farti soffocare. Anche quando i giornali ti guardavano dall’alto al basso. Ho scritto per tutti quelli che volevano leggere. Non saprei fare altro. Perché questo mestiere non è un lavoro, è un privilegio. Essere la persona nel posto e nel momento in cui si fa la Storia piccola o grande che sia, essere la persona che ascolta, che assorbe le vite degli altri è qualcosa di speciale.
Sono passati vent’anni dal mio primo articolo. Ora la mia guerra non è in Siria o in Libia, non è tra le madrasa pakistane o nei tunnel di Gaza. La mia trincea e di tutti quelli che credono che il diritto all’informazione sia importante come avere una casa o un lavoro, è qui. In questo paese dove credevo che se fossi stata abbastanza brava, mi si sarebbero spalancate le porte dei giornali. A mie spese ho imparato che non è così. In questo paese dove gli esteri contano sempre meno nei giornali per me e chi è come me, orfana di raccomandazioni e non disposta a svendersi per due lire, noi siamo fuori. O forse fuori sono loro, quei direttori che non si accorgono di quanto abbiamo bisogno del mondo che ci circonda e di raccontarlo come si deve. E se noi siamo i cantastorie di uesta epoca, allora sapete che c’è, sarà la gente a giudicare il nostro lavoro.
Perché Radio Bullets
È così che nasce Radio Bullets, fatta di rabbia e amore, per colmare un vuoto, per far vedere che c’è chi è pronto a farlo per tutto e nonostante tutto. Ho ricevuto premi che per un momento mi hanno fatto sorridere e poi rattristare perché non cambiava mai niente. Qualsiasi cosa avessi fatto o scritto, non avrebbe fatto la differenza a meno che io, e chi con noi, non volesse essere la differenza. Radio Bullets è il nostro modo per celebrare questo lavoro, il nostro modo per lottare, il nostro modo per continuare ad amare quello che sappiamo fare. Ma in una biografia degna di questo nome, non posso che aggiungere i miei cinque libri, Le farfalle non muoiono in cielo (storia di una kamikaze che non voleva morire), Guerra e Guerra, La Guerra dentro (Le emozioni dei soldati), Bulletproof Diaries, storie di una reporter di guerra (fumetti di Emilio Lecce) e Quando muoio, lo dico a Dio. Storie di ordinario estremismo. La mia base di partenza è Roma, le mie armi un trolley rosa e una penna stilografica.
Conduco la rubrica PAROLE SCOMPIGLIATE, il NOTIZIARIO e sono il Direttore di Radio Bullets.
mail: barbara.schiavulli@radiobullets.com