26 settembre 2025 – Notiziario Africa
Scritto da Elena Pasquini in data Settembre 26, 2025
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«Non c’è pace nell’Africa meridionale. Non c’è pace perché non c’è giustizia. Non può esserci vera pace né sicurezza finché non ci sarà innanzitutto giustizia, goduta da tutti gli abitanti di quella splendida terra.
La Bibbia non conosce nulla della pace senza giustizia, perché questo significherebbe gridare ‘pace, pace dove pace non c’è.
Lo Shalom di Dio, la pace, implica inevitabilmente rettitudine, giustizia, integrità, pienezza di vita, partecipazione nelle decisioni, bontà, risate, gioia, compassione, condivisione e riconciliazione».
Così diceva Desmond Tutu nell’accettare il Premio Nobel per la Pace nel 1984.
Parole che risuonano, oggi, ancora come un monito disatteso per l’Africa che cerca pace e per ogni altro luogo in guerra.
La pace a cui non basta una firma in fondo ad un accordo e che ha bisogno di molto altro perché le armi facciano silenzio delle armi.
Ed è da una terra in cerca di pace che inizieremo oggi, dalla Repubblica democratica del Congo, che insieme al Ruanda tenta di mettere in pratica un accordo che per ora è solo sulla carta.
Prima però, le notizie dalla Palestina, con Barbara Schiavulli a bordo della Morgana, la barca della Global Sumud Flotilla.
Torneremo poi in Congo per un aggiornamento sull’epidemia di Ebola, quindi andremo in Ruanda dove si tengono, tra le polemiche, i Mondiali di ciclismo su strada.
E infine in Malawi che ha un nuovo presidente, o meglio che torna ad essere guidato dal vecchio Presidente, Peter Mutharika, l’uomo che sconfisse l’inflazione.
Oggi, 26 settembre 2025
Gaza
Il presidente mahmoud Abbas ha detto all’ONU che l’Autorità Palestinese è «pronta a farsi carico della piena responsabilità del governo e della sicurezza» a Gaza, ribadendo che «Hamas non avrà alcun ruolo» e che i palestinesi non vogliono uno stato armato.
Secondo il ministero della Sanità di Hamas, 83 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore dal fuoco israeliano, sette dei quali mentre cercavano aiuti. Dall’inizio della guerra, i morti a Gaza sarebbero 65.427.
Ostaggi e Cessate il fuoco
L’inviato USA Witkoff ha presentato mercoledì un piano post-bellico per Gaza durante un incontro tra Trump e i leader arabi e musulmani.
Il “piano di pace in 21 punti” include un nuovo dialogo israelo-palestinese per la convivenza e il ritorno di tutti gli ostaggi.
Witkoff ha detto di essere “fiducioso” su una svolta nei prossimi giorni, ma altre fonti hanno sottolineato che un cessate il fuoco è “ancora lontano”.
Houthi
Un drone lanciato dagli Houthi è esploso mercoledì a Eilat ferendo 22 persone, due gravemente.
L’IDF ha ammesso che il velivolo è stato individuato in ritardo e non intercettato dall’Iron Dome.
Giovedì l’aviazione israeliana ha colpito obiettivi militari Houthi a Sanaa.
Slovenia
La Slovenia ha dichiarato Netanyahu persona non grata, ricordando che contro di lui sono in corso procedimenti per crimini di guerra e contro l’umanità.
Cisgiordania
Trump avrebbe assicurato ai leader arabi che non permetterà l’annessione della Cisgiordania da parte di Israele.
180 deputati democratici hanno chiesto a Netanyahu di rinunciare ai piani di annessione.
L’Associazione per i Diritti Civili in Israele ha sollecitato l’apertura immediata del valico di Allenby con la Giordania, chiuso da settimane. Funzionari palestinesi hanno denunciato un “castigo collettivo”.
Due palestinesi sono stati uccisi durante un raid israeliano nel villaggio di Tamun.
Stato palestinese
Prima della partenza per New York, Netanyahu ha detto che «non ci sarà nessuno Stato palestinese».
L’aereo governativo di Netanyahu ha cambiato rotta per evitare di sorvolare l’Europa, allungando il viaggio di 600 km.
Centinaia di manifestanti lo hanno contestato all’aeroporto Ben Gurion, tra loro anche ex ostaggi.
Flotilla per Gaza
Mentre noi ci siamo fermati in acque nazionali greche per aggiustare le barche colpite, due giorni fa, dai droni.
Il ministro della Difesa Crosetto ha annunciato che la marina italiana scorterà la Global Sumud Flotilla. Anche la Spagna invierà una nave militare.
La Flotilla ha rifiutato la proposta del governo di sbarcare gli aiuti a Cipro, ribadendo che l’obiettivo è “rompere l’assedio illegale e consegnare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza”.
Repubblica Democratica del Congo
Il Primo di ottobre gli eterni nemici, Repubblica Democratica del Congo e Ruanda, dovrebbero “iniziare ad attuare misure di sicurezza” per dare concretezza all’accordo di pace raggiunto a Washington, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters.
Dovrebbe essere il primo passo di un processo che fino ad ora non ha portato risultati nel tormentato Est del Congo, dove la guerra continua.
La regione ha vissuto nell’ultimo anno un’escalation drammatica con l’occupazione da parte dell’M23, il gruppo armato sostenuto dal Ruanda, delle città di Goma e Bukavu, capitali del Nord e del Sud Kivu.
Non è, però, dell’M23 che l’accordo di pace si preoccupa, ma di un’altra milizia, le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) che sarebbero la ragione della presenza delle truppe ruandesi in Congo, milizia formata da ciò che restava degli hutu che perpetrarono il genocidio nel 1994 e che Kigali considera da sempre una minaccia.
“I paesi hanno concordato di completare le misure entro la fine dell’anno” hanno riferito a Reuters tre fonti a conoscenza della questione.
“Le operazioni per eliminare la minaccia rappresentata dal gruppo armato congolese Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) e facilitare il ritiro delle truppe ruandesi inizieranno tra il 21 e il 31 ottobre, secondo le fonti” scrive l’agenzia di stampa.
Reuters ha visionato, però, gli appunti delle riunioni del meccanismo congiunto di coordinamento della sicurezza, dove si “evidenziano i disaccordi di lunga data che hanno complicato i ripetuti sforzi per portare la pace in una regione dilaniata dal conflitto da tre decennic, spiega l’agenzia.
Il primo nodo è proprio quello dell’M23 e del rapporto con il Ruanda, che ha sempre negato di sostenerlo, affermando invece che “le sue forze agiscono per autodifesa contro gruppi come le FDLR.
Tuttavia, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato in un rapporto di luglio che Kigali esercitava il comando e il controllo sui ribelli” ricorda Reuters.
Questo, mentre in Qatar il Congo sta partecipando ai colloqui di pace diretti proprio con l’M23.
All’Assemblea generale della Nazioni Unite, in corso a New York, il presidente Felix Tshisekedi ha ribadito che il ritiro delle truppe ruandesi e la fine dell’appoggio ai ribelli da parte di Kigali sono le «condizioni non negoziabili per una vera pace».
Ebola
Altri unici casi di ebola sono stati segnalati nella zona sanitaria di Bulape, nella provincia del Kasai, nella Repubblica democratica del Congo, per sedicesima epidemia che colpisce il paese dalla scoperta del virus.
L’epidemia resta circoscritta e “mostra un trend decrescente di casi nell’ultima settimana, ma l’attenzione rimane alta” ha affermato l’OMS.
Al 21 settembre, sono stati segnalati 57 casi, di cui 47 certi, e 35 vittime, con un tasso di mortalità pari al 61,5%.
Il virus colpisce tutte le fasce d’età, ma in particolar modo i bambini tra gli 0 e 9 anni, le donne, più degli uomini che però mostrano un più basso tasso di sopravvivenza.
“In risposta alla crisi, sono state distribuite solo 400 dosi iniziali del vaccino Ervebo, con l’arrivo di ulteriori dosi previsto in un secondo momento.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che gli sforzi di vaccinazione hanno incontrato difficoltà a causa dell’accesso e dei finanziamenti limitati, sebbene l’International Coordinating Group on Vaccine Provision abbia approvato ulteriori 45.000 vaccini.
Una scorta iniziale di 2.000 dosi è già disponibile nel Paese” scrive Africa News.
Ruanda
Corrono sulle strade del Ruanda, i ciclisti che si danno battaglia per aggiudicarsi i titoli del Mondiale.
Fino al 28 settembre è a Kigali che guarderà il mondo dello sport.
È la prima volta dell’Africa, ma è una prima volta amara.
Perché il paese che li ospita, cela dietro il racconto epico e appassionante di una durissima competizione, il suo volto oscuro.
Non è senza imbarazzo che i Mondiali sono partiti, per il coinvolgimento nel Ruanda nella guerra senza tregua che si combatte nella vicina Repubblica democratica del Congo, per le derive autoritarie e repressive del Governo di Paul Kagame, saldamente al potere dal 1994, prima come ministro della Difesa e vicepresidente, poi dal 2000 come presidente.
Al potere, non solo grazie a riforme economiche e sociali che gli sono valse il plauso dell’Occidente, ma anche grazie a repressione del dissenso, arresto degli oppositori, violazioni dei diritti umani.
All’inizio dell’anno persino il Parlamento europeo si era espresso con contro l’organizzazione dei Mondiali in Ruanda.
E ha suscitato non poche polemiche la decisione della federazione ciclistica belga di partecipare, nonostante a primavera il Ruanda avesse espulso i diplomatici belgi, troppo critici verso il coinvolgimento di Kigali nel conflitto del Congo.
Un evento storico che fa parte di una strategia chiarissima, del tentativo di Kigali di mostrarsi al mondo come una nazione sicura, tranquilla e moderna.
Sponsorizzazioni, accordi con squadre di calcio, l’organizzazione di competizioni, la corsa a tappe Tour du Rwanda che è diventata un evento di rilevanza globale, vinta anche da ciclisti europei – nel 2021, per esempio, dallo spagnolo Cristián Rodríguez della Total Direct Énergie, nel 2021, e nel 2024, dall’inglese Joseph Blackmore della Israel-Premier Tech.
C’è chi lo definisce “sportwashing”.
Ma è anche esercizio di quello “smart power africano”, che mette insieme il “soft power” – la capacità di una nazione di influenzarne altre attraverso l’attrattiva culturale, i valori politici, le politiche estere – con una dose di “hard power”, quello militare ed economico, come scrive Lüönd Seidisera, sul sito della Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana.
«Per Kagame fuori dal continente africano l’immagine viene prima di tutto e lui ha puntato forte soprattutto sul turismo» dice Freddie Del Curatolo, esperto di Radio France Internazionale, sentito da RSI.
“Le immagini dei gorilla di montagna del Volcanoes National Park risaltano sulle riviste di tutto il mondo ma è lo slogan pubblicitario ‘visit Ruanda’ che ormai si trova ovunque: nei cinema di tutta Europa, negli stadi della Premier League inglese e sulle maglie di squadre di primissimo livello come quelle del Paris Saint Germain….
E l’organizzazione del Mondiale di ciclismo su strada, che si svolge in questi giorni, il primo in Africa, è solo uno degli ambiziosi obiettivi di Kagame.
Il Ruanda ha già ottenuto, per esempio, la licenza dalla FIA, la Federazione automobilistica internazionale, per organizzare un Gran premio, inserito nel circuito mondiale della Formula 1.
Il progetto c’è già: un autodromo completamente ecosostenibile in mezzo a una foresta.
Fino adesso solo il Sudafrica ha avuto in passato un gran premio.
Ma nel continente africano manca da 32 anni” spiega ancora RSI.
Strategie di “soft power” che Kagame, “il Putin d’Africa” come viene spesso definito, affianca a una spregiudicata politica estera.
Non solo in Congo, dove gioca la sua partita più importante, accusato di alimentare la guerra con i suoi soldati e con il sostegno ai ribelli delle M23.
Ma anche in altri teatri, con l’invio di truppe in Mozambico, dove le due truppe sono impiegate per contrastare i movimenti jihadisti nella regione di Capo Delgado, e nella Repubblica centrafricana.
Malawi
Le strade di Lilongwe suonano a festa, i clacson delle auto annunciano la vittoria. “Adadi”, padre, gridano i sostenitori di Peter Mutharika, l’ottantacinquenne, ex professore di legge che torna alla guida del Malawi, paese poverissimo, con l’economia in pezzi e un’inflazione al 30 per cento.
Mutharika, che è stato alla guida del Malawi dal 2014 al 2020, ha ottenuto il 57% dei voti, contro il 33% dello sfidante, il presidente in carica, Lazarus Chakwera, che ha ammesso la sconfitta e accettato l’esito delle urne ancora prima della fine dello spoglio.
Le ultime elezioni, in cui gli sfidanti erano sempre loro, erano state annullate per le troppe irregolarità e poi ripetute.
Mutharika aveva dovuto accettare di fare un passo indietro.
Di “anomalie”, parla Chakwera, anche questa volta, «anomalie che non significano necessariamente che il risultato elettorale che vede il professor Mutharika come vincitore non sia credibile o non rifletta la volontà del popolo» ha affermato nell’accettare di cedere il passo e congratulandosi con lo sfidante.
A pesare nella scelta degli elettori, le condizioni di vita durissime.
In Malawi manca tutto, il carburante, la valuta estera.
Si fa la fila per un po’ di benzina, la corrente va e viene, e si fa fatica a mettere un pasto in tavola con i prezzi alle stelle.
“Un pollo congelato in un supermercato della capitale Lilongwe costa circa 20 dollari (15 sterline), in una nazione in cui la maggior parte delle persone vive con 2 dollari al giorno o meno” scrive la BBC.
La corruzione è l’altra piaga del Malawi, quella di cui venne accusato anche Mutharika.
“Nel 2018, l’agenzia anticorruzione del Malawi ha accusato Mutharika di aver ricevuto una tangente da un contratto da 2,8 miliardi di kwacha (1,6 milioni di dollari; 1,2 milioni di sterline) per la fornitura di cibo alla polizia.
I cittadini del Malawi sono scesi in piazza per protestare, ma in seguito è stato scagionato da ogni accusa” ricorda la testata britannica.
Un passato non privo di ombre, quello dell’ex presidente, nato nel 1940 nella regione Thyolo dove si coltiva il tè, cresciuto da due genitori entrambi insegnanti e arrivato a studiare legge nella prestigiosa università americana di Yale.
Un passato da professore in giro per il mondo, per poi tornare in patria, quando suo fratello, Bingu, divenne presidente.
Fu ministro della giustizia, dell’istruzione e degli esteri, con il fratello, che morì improvvisamente ancora in carica. “Mutharika è stato accusato di tradimento, di aver preso parte a un complotto per nascondere la morte del fratello” e di aver manovrato per tenere l’allora vicepresidente, che per la costituzione avrebbe dovuto succedergli, “fuori dalla presidenza.
Respinse le accuse, ritenendole frivole e politicamente motivate, e le fece cadere dopo la sua elezione a presidente nel 2014”, sconfiggendo sia la vicepresidente che Chakwera, come racconta la BBC.
Un passato che il popolo del Malawi sembra aver dimenticato, per ricordare, invece, quello che è stato il suo più grande successo: il crollo dell’inflazione che durante il suo mandato si è ridotta ad una sola cifra.
«Munandisowa eti? Mwakhaula eti?» – «Vi manco, vero? Avete sofferto, vero?».
Ha gridato Mutharika durante la campagna elettorale.
Le urne sembrano aver riposto di sì.
Adesso tocca a lui mantenere le promesse.
Foto di copertina: U.S. Departement of State – 27 giugno 2025
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