13 novembre 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Stefania Cingia in data Novembre 13, 2025
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- Donne e uomini palestinesi vittime di violenze sessuali e torture nelle carceri israeliane, Israele sotto accusa ONU
- Trump chiede la grazie per Netanyahu
- Epstein e Trump, nuove email riaccendono il caso
- Grecia, naufragio a sud di Gavdos: tre morti e oltre cinquanta sopravvissuti
- Francia, l’Assemblea Nazionale sospende la riforma delle pensioni di Macron. Oggi la commemorazione per i dieci anni dall’attacco terroristico del Bataclan
- Brasile, tensioni alla COP30 di Belém: indigeni bloccati fuori dalla Green Zone
- Sudan, lo stupro è un’arma di guerra deliberata: i racconti delle donne sopravvissute al massacro di Al-Fashir
- Ryanair dice addio alle carte d’imbarco stampate — e quasi 2.000 passeggeri non lo sapevano
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets – a cura di Stefania Cingia
Guerra Gaza-Israele
Donne e uomini palestinesi vittime di violenze sessuali nelle carceri israeliane
Emergono nuovi dettagli scioccanti sulle condizioni dei detenuti palestinesi nelle prigioni israeliane.
Una donna recentemente liberata da Gaza ha raccontato di essere stata stuprata quattro volte, spogliata, filmata nuda e sottoposta a violenze con oggetti e cani, secondo il Palestinian Centre for Human Rights (PCHR).
La donna, di 42 anni, arrestata nel novembre del 2024, ha dichiarato di essere stata lasciata nuda per intere giornate e di aver subito elettrocuzioni e percosse mentre era ammanettata e bendata.
La testimonianza evidenzia una pratica organizzata e sistematica di tortura sessuale, mirata a umiliare e annientare la dignità dei detenuti.
Non solo donne: anche uomini sono stati vittime di violenze sessuali.
Un ragazzo di 18 anni ha raccontato di essere stato stuprato insieme ad altri sei detenuti con un oggetto inserito nell’ano, sempre da soldati israeliani.
Il Palestinian Centre for Human Rights chiede all’intera comunità internazionale di intervenire subito, richiedendo la fine della tortura, il rilascio dei detenuti arbitrariamente imprigionati e un accesso immediato e senza restrizioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa a tutte le strutture di detenzione.
Sulle torture e violenze sistematiche, Israele è stato interrogato alle Nazioni Unite riguardo a numerose accuse di tortura sistematica e maltrattamenti diffusi sui detenuti palestinesi, inclusi bambini, dal 7 ottobre 2023.
Il Comitato ONU contro la tortura, durante la revisione periodica di Israele, ha dichiarato di essere stato “profondamente sconvolto” dalle segnalazioni ricevute.
I rapporti parlano di pratiche che vanno dall’arresto all’interrogatorio fino alla detenzione, con punizioni deliberate, violenze fisiche e psicologiche, tra cui percosse, scosse elettriche, posizioni di stress prolungate, privazione di cibo e acqua, waterboarding e insulti sessuali.
Peter Vedel Kessing, relatore del comitato, ha sottolineato che le informazioni provengono da agenzie ONU, ONG israeliane e palestinesi e fonti indipendenti, e che la tortura sembra essere stata usata “come strumento deliberato di politica statale”.
Israele ha respinto le accuse definendole “disinformazione”. Il comitato ha però ribadito che la violazione dei diritti umani da una delle parti del conflitto non giustifica abusi da parte dell’altra.
Operazioni israeliane di demolizione e recupero corpi a Gaza
A Gaza, nonostante il cessate il fuoco in vigore, le forze israeliane hanno continuato le operazioni di demolizione a est di Khan Younis, causando esplosioni e scuotendo le aree circostanti.
Nel frattempo, le squadre di soccorso palestinesi hanno recuperato 20 corpi nella clinica Sheikh Radwan a Gaza City, scoperti dopo che i bulldozer israeliani hanno smosso il terreno.
Due corpi sono stati ritrovati anche sotto le macerie di una casa a Khan Younis. La mancanza di attrezzature per test del DNA rende difficile identificare le vittime, lasciando le famiglie in ansia e dolore.
Israele ha continuato a sorvolare il sud di Gaza con aerei da ricognizione e ha condotto almeno tre raid aerei a est di Beit Lahia, mentre le navi da guerra hanno sparato lungo la costa.
Parallelamente, media israeliani riportano un accordo tra Tel Aviv e Washington per la deportazione di circa 200 combattenti di Hamas, intrappolati fuori dalla cosiddetta “yellow line”, in un tentativo di eliminare la presenza del gruppo.
I ministri degli esteri di Egitto e Turchia discuteranno oggi ad Ankara dei progressi del cessate il fuoco, della ricostruzione e della sostituzione di Hamas come autorità governativa a Gaza, incluso il disarmo e la possibile creazione di una forza internazionale di sicurezza.
Dall’ottobre 2023, la guerra israeliana a Gaza ha provocato oltre 69.000 morti , di cui 20.179 bambini e 170.693 feriti, e ha devastato l’intera Striscia, generando fame e malnutrizione tra la popolazione.
Secondo il governo di Gaza, Israele ha violato il cessate il fuoco almeno 282 volte dall’inizio del mese scorso.
Tregua fragile e violenze nei Territori Occupati
Il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha definito la tregua a Gaza “fragile” e ripetutamente violata, esortando tutte le parti a rispettarla per permettere l’avvio della seconda fase dei negoziati e creare le condizioni per l’autodeterminazione del popolo palestinese e la soluzione dei due stati.
Guterres ha sottolineato che, nonostante gli ostacoli ancora presenti, le operazioni umanitarie a Gaza sono in forte espansione, con un aumento significativo degli aiuti destinati alla popolazione.
Parallelamente, il Segretario di Stato USA Marco Rubio ha espresso preoccupazione per l’escalation di violenze da parte dei coloni israeliani illegali nella Cisgiordania occupata, temendo che possano compromettere gli sforzi di pace nella Striscia di Gaza.
Negli ultimi due anni, i coloni, spesso accompagnati dall’esercito, hanno compiuto attacchi contro comunità palestinesi, incendi, demolizioni di case e distruzione di raccolti, costringendo interi villaggi a spostarsi o abbandonare i loro territori.
Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un duro monito a Israele: “Ogni piano di annessione, totale o parziale, della Cisgiordania costituirebbe una linea rossa e provocherebbe una reazione europea”.
Le dichiarazioni sono arrivate durante l’incontro all’Eliseo con il presidente palestinese Mahmoud Abbas, in visita in Francia a un mese dal fragile cessate il fuoco tra Israele e Hamas, dopo due anni di guerra iniziata con l’attacco del 7 ottobre 2023.
Macron ha denunciato “le violenze dei coloni e l’accelerazione degli insediamenti israeliani”, definendole una minaccia alla stabilità della Cisgiordania e una “violazione del diritto internazionale”.
Abbas, 89 anni, leader di lunga data dell’Autorità Palestinese, è considerato tra i possibili protagonisti di una futura gestione di Gaza sotto un nuovo accordo politico.
Dopo il colloquio con Macron, i due leader hanno annunciato la creazione di un comitato costituzionale congiunto per “la costruzione dello Stato di Palestina”, incaricato di contribuire alla stesura di una nuova Costituzione.
Abbas ha confermato l’impegno a portare avanti riforme e a indire “elezioni presidenziali e parlamentari dopo la fine della guerra”.
Secondo i dati del ministero della Salute palestinese, oltre mille palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania da soldati o coloni israeliani dall’inizio del conflitto di Gaza, mentre 43 israeliani hanno perso la vita in attacchi palestinesi nello stesso periodo.
Trump chiede la grazia per Netanyahu
Il presidente Donald Trump ha chiesto al presidente israeliano Isaac Herzog di concedere la grazia a Benjamin Netanyahu, attualmente sotto processo per corruzione, frode e abuso di fiducia.
Netanyahu, al potere quasi ininterrottamente da 15 anni, è il primo premier israeliano in carica a essere processato.
I tre casi a suo carico riguardano regali da uomini d’affari in cambio di favori, scambi di favori con media per ottenere una copertura positiva e presunte agevolazioni a un magnate delle telecomunicazioni in cambio di articoli favorevoli.
In una lettera indirizzata a Herzog, Trump definisce Netanyahu un “formidabile e deciso premier in tempo di guerra” che starebbe “guidando Israele verso la pace”.
Aggiunge poi che le accuse contro di lui sarebbero “politiche e ingiustificate”, e che Israele non può permettersi di “distrarre” un leader così in un momento critico.
La mossa arriva mentre Trump stesso è reduce da una serie di procedimenti giudiziari: la condanna per falsificazione di documenti contabili a New York, un processo per interferenze elettorali e un caso da oltre 400 milioni di dollari di sanzioni, poi parzialmente annullato.
Israele, Gal Gadot riceve il Premio Genesis
L’attrice israeliana Gal Gadot, nota per essere stata Wonder Woman e Gisele nella saga Fast & Furious, è stata insignita del Premio Genesis, noto come il “Nobel ebraico”, per il suo sostegno a Israele durante la guerra in Gaza.
Il premio, assegnato ogni anno a persone che si distinguono per meriti professionali, contributi all’umanità e impegno nei valori ebraici, è stato riconosciuto a Gadot per il suo attivismo a favore di Israele, inclusa la campagna per il rilascio dei prigionieri catturati da Hamas.
La guerra in corso, iniziata dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, ha provocato la morte di oltre 69.000 palestinesi, secondo le organizzazioni internazionali come l’ONU e Amnesty International, che hanno denunciato crimini gravi nella Striscia di Gaza.
La decisione di premiare Gadot ha suscitato forti polemiche a Hollywood, dove centinaia di professionisti del cinema hanno firmato appelli per boicottare l’industria cinematografica israeliana, criticando il suo sostegno alle operazioni militari.
Stan Polovets, presidente della Genesis Prize Foundation, ha lodato l’attrice per la sua “chiarezza morale e amore incrollabile per Israele”, sottolineando i rischi personali e professionali del suo attivismo.
Il premio sarà consegnato durante una cerimonia, la cui data non è ancora stata annunciata. Tra i precedenti vincitori figurano Michael Bloomberg, Steven Spielberg, Barbra Streisand e l’attuale presidente argentino Javier Milei.
Epstein e Trump — nuove email riaccendono il caso
Nuove email rese pubbliche dal Congresso americano gettano nuova luce sui rapporti tra Jeffrey Epstein e Donald Trump.
Secondo la CNN, i messaggi — oltre 20.000 documenti ottenuti tramite una citazione in giudizio dai Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera — mostrano che Epstein avrebbe citato Trump più volte nel corso di 15 anni, parlando con l’autore Michael Wolff e Ghislaine Maxwell, imprenditrice e criminale britannica che nel giugno 2022 è stata condannata a 20 anni di carcere per adescamento di minori e altri reati commessi con o per conto del finanziere Jeffrey Epstein, allora ex compagno.
In un’email del 2018, Epstein scriveva: “So quanto Donald sia sporco”, alludendo a possibili scandali legati all’ex presidente e al suo entourage.
In un altro messaggio, avrebbe affermato che Trump aveva trascorso “ore a casa sua con una donna” poi identificata come una delle vittime della rete di traffico sessuale di Epstein.
La Casa Bianca ha reagito duramente, accusando i Democratici di una “fuga di notizie selettiva e politicamente motivata”.
La portavoce Karoline Leavitt ha ribadito che Trump aveva bandito Epstein da Mar-a-Lago decenni fa per comportamenti inappropriati verso il personale femminile, e che le accuse sono solo un tentativo di distrarlo dai suoi “successi politici”.
Epstein, ricordiamo, si era dichiarato colpevole nel 2008 di reati di prostituzione, anche minorile, e morì in carcere nel 2019 in circostanze definite ufficialmente come suicidio.
Ghislaine Maxwell, oggi condannata a 20 anni di carcere, ha detto agli inquirenti di non aver mai visto Trump comportarsi in modo inappropriato.
Grecia, naufragio a sud di Gavdos: tre morti e oltre cinquanta sopravvissuti
Proseguono le operazioni di ricerca e soccorso nel Mar Mediterraneo dopo il naufragio di mercoledì mattina di un’imbarcazione di legno al largo di Gavdos, l’isola più meridionale della Grecia.
La barca, partita dalla Libia con a bordo migranti diretti in Europa, si è capovolta a 15 miglia nautiche a sud dell’isola. Finora, le autorità greche hanno tratto in salvo 54 persone, ma circa 13 risultano ancora disperse.
Secondo la Guardia costiera ellenica, la barca era stata avvistata da navi di passaggio. Una pattuglia di Frontex si è avvicinata per i soccorsi, ma durante la manovra l’imbarcazione si è inclinata bruscamente sul lato sinistro, imbarcando acqua e rovesciandosi in pochi secondi.
Un video girato dai soccorritori mostra i migranti ammassati che chiedono aiuto tra onde alte e venti forti. Subito dopo il naufragio, gli equipaggi hanno lanciato zattere, giubbotti e mezzi di salvataggio per recuperare chi era finito in mare.
I superstiti sono stati portati in centri di accoglienza temporanei ad Agia Chania e un uomo è ricoverato per cure mediche. I tre corpi recuperati sono stati trasferiti all’ospedale di Chania per l’autopsia.
Le ricerche continuano con navi, droni e aerei Frontex, mentre la Guardia Costiera greca indaga sulle cause della tragedia. La situazione resta critica, con il mare agitato e forti correnti nella zona.
Francia, l’Assemblea Nazionale sospende la riforma delle pensioni di Macron
A Parigi, con 255 voti a favore, 146 contrari l’Assemblea Nazionale francese ha votato a larga maggioranza per sospendere la contestata riforma delle pensioni voluta da Emmanuel Macron.
La decisione arriva dopo un accordo politico delicato: il primo ministro Sébastien Lecornu ha concesso una sospensione della riforma per ottenere l’appoggio del Partito Socialista ed evitare una mozione di sfiducia che avrebbe potuto far cadere il governo.
La riforma — che innalzava l’età pensionabile a 64 anni — è ora congelata, mantenendo il limite attuale a 62 anni e 9 mesi almeno fino alle elezioni presidenziali del 2027.
La Francia attraversa una fase di forte instabilità politica: in soli due anni, il Paese ha cambiato cinque primi ministri, e il deficit pubblico ha raggiunto il 5,8% del PIL, il più alto dell’intera area euro.
Nonostante tutto, Lecornu parla di un passo avanti e rivendica una nuova stagione di dialogo.
La deputata socialista Mélanie Thomin ha commentato: “Tre milioni e mezzo di francesi potranno andare in pensione prima. Puntare sul consenso, alla fine, paga.”
Parigi ricorda i 130 morti del 13 novembre, dieci anni dopo gli attacchi che sconvolsero la Francia
Sono passati dieci anni dal 13 novembre 2015, quando Parigi fu colpita da una serie di attentati coordinati che provocarono 130 morti e centinaia di feriti: esplosioni fuori dallo Stade de France, sparatorie nei caffè e ristoranti del centro, e il massacro al Bataclan, durante un concerto degli Eagles of Death Metal.
Il presidente Emmanuel Macron guida le commemorazioni insieme ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime: le cerimonie iniziano allo Stade de France e proseguono nei luoghi colpiti dagli attentatori.
Molti di coloro che erano lì quella notte portano ancora i segni del trauma.
Sébastien Lascoux, sopravvissuto al Bataclan, racconta di non riuscire più a sopportare i luoghi affollati o i rumori forti: “Eravamo schiacciati l’uno sull’altro… poi l’odore del sangue. Non lo dimenticherò mai.”
Uno dei suoi amici morì nel tentativo di proteggere un’altra persona: “Le ha salvato la vita”, dice Lascoux.
Catherine Bertrand, vicepresidente dell’associazione delle vittime, sottolinea che, nonostante tutto, “la vita va avanti”.
Oggi al Bataclan si tengono di nuovo concerti, e molti parigini si ritrovano nei locali dove dieci anni fa è calata la paura.
La Torre Eiffel stasera sarà illuminata con i colori della bandiera francese in commemorazione delle vittime.
Brasile, tensioni alla COP30 di Belém
Durante il terzo giorno della COP30 a Belém, Brasile, un gruppo di indigeni Munduruku è stato temporaneamente bloccato dai controlli di sicurezza mentre cercava di accedere alla Green Zone, l’area aperta al pubblico della conferenza.
Secondo il Ministero Pubblico Federale (MPF), i portoni sono rimasti chiusi per circa 30 minuti e i manifestanti hanno dovuto lasciare archi e frecce all’ingresso, strumenti culturali che, come sottolineato dal procuratore Sadi Machado, dovrebbero essere rispettati.
La situazione ha causato attese sotto il sole per bambini e anziani.
I leader indigeni hanno spiegato che l’azione era volta a richiamare l’attenzione sulla loro presenza e sulle loro richieste, tra cui la demarcazione dei territori e la partecipazione attiva alle negoziazioni della COP30.
Margareth Maytapu ha dichiarato: “Noi esistiamo, siamo qui perché dobbiamo dire chi siamo”.
Il blocco e le difficoltà di accesso sono avvenuti dopo che circa 50 manifestanti, tra cui indigeni, studenti e attivisti della Marcia Globale per la Salute e il Clima, avevano tentato di entrare nella Blue Zone, l’area riservata della conferenza, la sera precedente.
Le autorità hanno poi normalizzato l’accesso, ma l’episodio mette in evidenza la necessità di garantire maggiore rappresentanza indigena nelle decisioni climatiche internazionali.
Il noto capo tribale e ambientalista Raoni Metuktire, leader del popolo Kayapó, ha dichiarato che non esiterà a dare un “richiamo” al presidente Luiz Inácio Lula da Silva se le preoccupazioni delle comunità indigene non saranno ascoltate.
La disputa riguarda un progetto di esplorazione petrolifera vicino alla foce del Rio delle Amazzoni, sostenuto da Lula e autorizzato da Petrobras lo scorso ottobre.
Raoni, celebre dagli anni ’80 per le sue campagne contro la deforestazione, ha ribadito l’importanza di ascoltare le comunità locali e di rispettare i loro territori.
Il capo tribale ha anche sollevato preoccupazioni per la ferrovia Ferrograo e per la deforestazione in corso, avvertendo: “Se queste azioni negative continuano, avremo problemi”.
Raoni ha partecipato anche al People’s Summit, evento parallelo per dare voce a chi spesso non viene ascoltato nelle negoziazioni climatiche ufficiali.
Sudan, lo stupro è un’arma di guerra deliberata
Nuovi racconti dalle donne in fuga da Al-Fashir, nel Nord Darfur, rivelano scene di violenza e atrocità dopo la presa della città dalle Rapid Support Forces (RSF).
Secondo UN Women, le sopravvissute descrivono omicidi, stupri sistematici e la scomparsa di bambini, atti compiuti mentre le RSF consolidavano il controllo della regione, nel contesto della brutale guerra con l’esercito sudanese.
Anna Mutavati, direttrice regionale di UN Women per l’Africa orientale e meridionale, denuncia che la violenza sessuale è diventata un’arma di guerra deliberata: “I corpi delle donne sono diventati scene del crimine in Sudan. Non ci sono più spazi sicuri.”
La situazione è altrettanto drammatica per chi resta intrappolato: circa 11 milioni di donne e ragazze affrontano grave insicurezza alimentare, rischiando violenze anche mentre cercano cibo nella natura.
La carestia è stata dichiarata ad Al-Fashir e nella città meridionale di Kadugli. L’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani teme esecuzioni in corso, stupri e attacchi mirati etnicamente.
Dalla fine di ottobre, almeno 82.000 persone hanno lasciato Al-Fashir e le zone circostanti, ma le agenzie umanitarie stimano che fino a 200.000 civili rimangano intrappolati nella città assediata.
L’ONU chiede intervento internazionale immediato per fermare la violenza e prevenire una catastrofe umanitaria ancora più grave.
Ryanair dice addio alle carte d’imbarco stampate
È iniziata l’era del 100% digitale per Ryanair, ma non tutti i passeggeri se ne sono accorti.
Nel primo giorno del nuovo sistema di imbarco completamente senza carta, quasi 2.000 viaggiatori si sono presentati ai gate con biglietti stampati o senza la carta d’imbarco digitale scaricata sul telefono.
Dal 12 novembre, infatti, non è più possibile stampare la carta d’imbarco: tutto passa attraverso l’app myRyanair, dove i passeggeri devono effettuare il check-in e mostrare il biglietto in formato digitale.
La compagnia ha comunque precisato che nessun passeggero è rimasto a terra.
Chi aveva già fatto il check-in online ha ricevuto una nuova carta d’imbarco gratuita direttamente ai banchi dell’aeroporto.
E nei pochi casi di problemi con lo smartphone, l’imbarco è avvenuto regolarmente, grazie ai dati già registrati nel sistema.
Ryanair parla di un “grande successo”: in oltre 700 voli in tutta Europa, il 98% dei passeggeri ha presentato la carta digitale.
Secondo la direttrice marketing Dara Brady, il nuovo sistema farà risparmiare fino a 40 milioni di euro l’anno, fondi che — dice — saranno usati per ridurre i prezzi dei biglietti.
La compagnia low-cost afferma che già l’80% dei clienti utilizza l’app per l’imbarco.
E per chi non è ancora pronto al cambiamento, l’amministratore delegato Michael O’Leary promette tolleranza fino a dopo Natale e Capodanno, quando la transizione al digitale sarà definitiva.
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