12 maggio 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Barbara Schiavulli in data Maggio 12, 2025
- Gaza: Trump è frustrato dalla decisione di Netanyahu di estendere l’offensiva nella Striscia.
- Afghanistan: i talebani vietano gli scacchi.
- Haiti: la vendetta è servita (nelle empanadas).
- India e Pakistan: la tregua regge, ma è fragile
- Introduzione al notiziario: La voce che attraversò la guerra
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets a cura di Barbara Schiavulli
Israele e Palestina
■ OSTAGGI/CESSATE IL FUOCO: Edan Alexander, l’ultimo ostaggio statunitense ancora in vita a Gaza, potrebbe essere rilasciato martedì.
Lo ha dichiarato Hamas domenica sera, precisando che la liberazione rientra nel contesto dei negoziati per un cessate il fuoco, la riapertura dei valichi di frontiera e il ripristino degli aiuti umanitari verso la popolazione dell’enclave assediata.
Alexander, un soldato israelo-americano, è stato rapito il 7 ottobre 2023 è cresciuto negli Stati Uniti, ma prestava servizio militare in Israele.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 11, 2025
Il presidente degli Stati Uniti Trump potrebbe usare la sua visita per svelare un quadro statunitense per porre fine alla guerra a Gaza, hanno detto due fonti del Golfo a Reuters, aggiungendo che il piano potrebbe creare un governo di transizione e nuovi accordi di sicurezza per la Gaza del dopoguerra.
Secondo Axios, Trump ha incontrato privatamente il confidente del primo ministro Netanyahu, il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, giovedì per discutere della guerra.
Funzionari statunitensi stanno silenziosamente facendo pressione su Israele affinché accetti un cessate il fuoco a Gaza, hanno detto alla Reuters due fonti del Golfo vicine agli ambienti ufficiali e un funzionario statunitense.
Secondo il funzionario, un cessate il fuoco di 90 giorni in cambio del rilascio di 13 ostaggi, tra vivi e morti, è stato discusso nei colloqui mediati da Qatar ed Egitto.
Fonti di Hamas hanno affermato che gli Stati Uniti sembrano seriamente intenzionati a prendere in considerazione i colloqui e stanno cercando di fare pressione su Israele affinché accetti un accordo.
Sabato sera, migliaia di israeliani hanno chiesto un accordo immediato per la liberazione degli ostaggi e la fine della guerra in Israele.
■ VIAGGIO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE: Una fonte alla Casa Bianca ha smentito un rapporto della rete Al-Quds secondo cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovrebbe incontrare il presidente palestinese Mahmoud Abbas , il presidente libanese Joseph Aoun e il presidente siriano Ahmed al-Sharaa durante il suo viaggio in Arabia Saudita.
Fonti dell’Autorità Nazionale Palestinese hanno smentito la notizia, dicendo ad Haaretz che Abbas si trova attualmente in Russia e non ha intenzione di recarsi a Riyadh.
Secondo una fonte citata da al-Quds, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman “si aspetta che Trump approvi la condizione saudita di lunga data per la creazione di uno Stato palestinese”.
■ GAZA: L’UNRWA ha interrotto la collaborazione con le ONG a Gaza che forniscono servizi di assistenza all’infanzia e maternità a causa della mancanza di finanziamenti, hanno riportato l’agenzia di stampa palestinese Ma’an e la rete di notizie del Qatar Al Araby.
Il responsabile dell’ONG sanitaria palestinese Al Awda ha affermato che, a causa di questo, circa 50.000 donne incinte nella Striscia sono a rischio .
Il Ministero della Salute, controllato da Hamas, ha dichiarato che nelle ultime 24 ore 34 palestinesi sono stati uccisi e 81 feriti a causa degli attacchi israeliani. Colpita una scuola che ospitava sfollati nel campo profughi di Jabalia
■ LIBANO: Due persone sono rimaste ferite dal fuoco delle IDF nella città di Maroun al-Ras, nel Libano meridionale, ha riportato l’emittente libanese Al-Jadeed.
Il quotidiano Al-Mayadeen, affiliato a Hezbollah, ha riferito che le IDF hanno colpito nei pressi della città di Aita al-Shaab in un apparente tentativo di impedire ai residenti di avvicinarsi al sito.
YEMEN: Gli aerei da guerra israeliani hanno colpito il porto di Hodeida, nello Yemen, sotto il controllo dei ribelli Houthi sostenuti dall’Iran.
L’attacco rappresenta un’escalation diretta dopo che, la scorsa settimana, un missile lanciato dagli Houthi ha colpito l’area dell’aeroporto internazionale di Tel Aviv.
Non è il primo colpo: Israele aveva già bombardato l’aeroporto internazionale di Sanaa, nel cuore della capitale yemenita, paralizzando una delle ultime infrastrutture operative del Paese. Ora è il turno del porto di Hodeida, cruciale per gli aiuti umanitari destinati a una popolazione allo stremo.
Questo nuovo fronte rischia di trasformare il conflitto a Gaza in una guerra regionale a più voci, dove lo Yemen diventa uno dei tanti teatri di una partita geopolitica sempre più esplosiva, combattuta a suon di droni, missili e ritorsioni.
Qatar
Un jet di lusso da 400 milioni di dollari potrebbe diventare temporaneamente il nuovo Air Force One per il presidente Donald Trump.
A confermarlo è stato il governo del Qatar, che ha ammesso trattative in corso con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ma ha negato che si tratti di un “regalo” già deciso.
La notizia, riportata da ABC News, ha subito sollevato polemiche. Il jet, secondo indiscrezioni, verrebbe utilizzato da Trump fino al gennaio 2029, per poi essere trasferito alla fondazione che sovrintende alla sua futura biblioteca presidenziale.
Ma è legale tutto questo? Secondo la Clausola sugli Emolumenti della Costituzione americana, nessun funzionario può ricevere doni da Stati esteri senza l’approvazione del Congresso.
Per l’esperta di etica Kathleen Clark, siamo di fronte a un caso “scandaloso” che mostra come Trump stia usando il potere federale per scopi personali.
️ Il leader democratico Chuck Schumer ha affondato con sarcasmo: “Niente dice ‘America First’ come un Air Force One offerto dal Qatar. È corruzione. È influenza straniera sotto steroidi.”
Il velivolo – se davvero accettato – dovrebbe essere modificato per includere comunicazioni sicure e dotazioni classificate, ma avrà capacità inferiori rispetto agli aerei attualmente in uso come Air Force One
Sudan
Dopo una settimana di emergenza, la Protezione civile sudanese ha annunciato di aver “completamente domato” gli incendi divampati nel principale deposito di carburante di Port Sudan e in altri siti strategici della città.
Le fiamme erano state innescate da attacchi con droni attribuiti alle Forze di supporto rapido (RSF), il gruppo paramilitare in guerra con l’esercito sudanese da oltre un anno.
Le autorità, sostenute dalle forze armate regolari, hanno spiegato che le fiamme hanno coinvolto grandi riserve di idrocarburi, con un alto rischio di disastro ambientale.
Sono stati colpiti anche l’unico aeroporto internazionale del Sudan e la centrale elettrica principale del Paese.
Port Sudan, città costiera sul Mar Rosso e sede temporanea del governo, era stata finora risparmiata dai combattimenti. Ma negli ultimi giorni è diventata bersaglio quotidiano dei droni, minacciando anche l’unico corridoio sicuro per gli aiuti umanitari internazionali.
Il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha lanciato l’allarme: colpire Port Sudan significa aggravare la crisi umanitaria e compromettere le già fragili operazioni di soccorso in un Paese al collasso.
Mentre il mondo guarda altrove, il Sudan brucia. Port Sudan era l’ultima parvenza di rifugio, l’ultima finestra aperta per far entrare aiuti e speranza. Ora, anche quella si riempie di fumo e cenere.
In questa guerra che nessuno racconta, i droni non colpiscono solo bersagli militari: distruggono l’unico filo che tiene in vita un Paese abbandonato.
Algeria
’Unione Europea si dice “pienamente disposta a rivedere l’insieme delle sue relazioni con l’Algeria” per rafforzare una partnership strategica su energia, investimenti e stabilità regionale.
A dichiararlo è stato l’ambasciatore dell’UE ad Algeri, Diego Mellado, in un’intervista al quotidiano Echorouk.
A vent’anni dall’entrata in vigore dell’Accordo di Associazione UE-Algeria, Mellado propone di trasformarlo in un “Patto per il Mediterraneo”, che includa cooperazione industriale, commercio, trasferimento tecnologico e sostegno alle zone economiche speciali.
Il momento è cruciale: l’Europa cerca fornitori energetici alternativi alla Russia, e l’Algeria – ricca di gas naturale – torna a essere un interlocutore privilegiato.
Ma non si parla solo di energia: Bruxelles promette anche supporto alla diversificazione economica algerina, investimenti e stabilità geopolitica nel Mediterraneo allargato.
L’Europa si risveglia e scopre che per contare nel Mediterraneo serve più di qualche missione Frontex e qualche accordo sui migranti. Serve una vera strategia.
L’Algeria, con il suo potenziale energetico e la sua instabilità politica latente, è di nuovo al centro della mappa. Ma attenzione: partnership non significa paternalismo. E il tempo delle promesse vuote, dalle due sponde, è già scaduto.
Albania
In Albania le urne si sonochiuse e l’exit poll del portale “Albanian Post” disegna un risultato chiaro: il Partito Socialista del premier uscente Edi Rama avrebbe ottenuto la maggioranza assoluta con 79 seggi su 140 in Parlamento.
L’opposizione di centrodestra guidata dall’ex premier Sali Berisha si fermerebbe invece a 54 seggi. I restanti 7 sarebbero così distribuiti:
– 5 al Partito Socialdemocratico, alleato dei socialisti,
– 2 al nuovo partito “Mundësia”, fondato dall’imprenditore Agron Shehaj, ex membro del Partito Democratico.
Se i dati saranno confermati, per Rama si tratterebbe di un quarto mandato consecutivo: un’anomalia nel panorama europeo, e un segno della sua presa sull’elettorato – o forse della frammentazione e debolezza dell’opposizione.
Germania
Migliaia di persone hanno manifestato in oltre 60 città tedesche contro l’estrema destra, rispondendo all’appello del movimento “Insieme contro la destra”.
A Berlino, davanti alla Porta di Brandeburgo, si sono radunati tra i 3.000 e i 7.000 manifestanti. Lo slogan? “Insieme contro il fascismo”.
Le proteste arrivano pochi giorni dopo che i servizi segreti interni tedeschi hanno ufficialmente classificato l’AfD – Alternativa per la Germania – come un gruppo estremista di destra, accusandolo di voler minare le fondamenta democratiche del Paese.
Il partito, noto per la sua retorica anti-immigrazione, ha annunciato ricorso contro la decisione.
Intanto, però, l’AfD continua a salire nei sondaggi. Alle recenti elezioni di febbraio è arrivato secondo, dietro ai conservatori del nuovo cancelliere Friedrich Merz.
Russia e Ucraina
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che Kiev è pronta a negoziare direttamente con Mosca, a patto che la Russia rispetti un cessate il fuoco completo di 30 giorni, a partire da lunedì 12 maggio.
“Non ha senso continuare a massacrare anche solo per un giorno”, ha scritto Zelensky sui social, rispondendo alla proposta di colloqui arrivata poche ore prima dal presidente russo Vladimir Putin.
La proposta giunge in un momento delicatissimo del conflitto: con il fronte orientale ancora attivo e la stanchezza che cresce su entrambi i lati, uno spiraglio diplomatico – seppur fragile – torna ad aprirsi.
Poche ore dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha accettato la proposta del presidente russo Vladimir Putin di incontrarsi in Turchia, Trump ha espresso preoccupazione per le prospettive di un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia, affermando di “iniziare a dubitare” che l’Ucraina raggiungerà un accordo di cessate il fuoco con la Russia.
Stati Uniti
Donald Trump firmerà alle 9:00 di lunedì (le 15.00 in Italia) un ordine esecutivo che ridurrà i “prezzi dei farmaci quasi immediatamente del 30-80%”.
Haiti
A Port-au-Prince, in uno dei quartieri più violenti della capitale haitiana, una venditrice ambulante ha avvelenato 40 membri della gang criminale “Viv ansanm”, inserendo una sostanza tossica antiparassitaria nelle sue empanadas.
La donna, che forniva regolarmente cibo al gruppo armato, ha confessato spontaneamente alla polizia, spinta dalla paura di ritorsioni e dalla rabbia accumulata per anni.
Secondo il quotidiano Le Nouvelliste, avrebbe perso dei familiari proprio per mano della gang, capeggiata dall’ex poliziotto Jimmy “Barbecue” Cherizier.
Viv Ansanm è uno dei gruppi armati che da anni tiene in ostaggio Haiti. Dall’inizio della crisi politica nel 2021, la criminalità organizzata ha conquistato il controllo di interi quartieri, porti e infrastrutture, contribuendo al crollo dello Stato e alla caduta dell’ex premier Ariel Henry.
Una donna, sola, esasperata, decide di affrontare una gang armata con una padella e un piano disperato.
Non è la scena di un film di Tarantino, è Haiti 2025. Un gesto estremo che racconta meglio di mille articoli quanto la popolazione sia stanca, abbandonata, e pronta a tutto pur di riprendere in mano un barlume di dignità.
In un Paese dove lo Stato è scomparso, la giustizia si cuoce sul fuoco di una bancarella.
Afghanistan
In Afghanistan gli scacchi finiscono sotto scacco. I talebani hanno ufficialmente vietato il gioco su tutto il territorio nazionale “fino a nuovo avviso”, definendolo una potenziale fonte di gioco d’azzardo e quindi contrario alla morale islamica.
La decisione è stata annunciata da Atal Mashwani, portavoce della Direzione sportiva, che ha invocato la legge sulla “diffusione della virtù e prevenzione del vizio” per giustificare lo stop.
Secondo le autorità, gli scacchi sarebbero “un mezzo per scommettere denaro”, sebbene non siano state specificate le sanzioni per chi viola il divieto.
“Molti giovani venivano qui ogni giorno, senza scommettere un centesimo”, racconta Azizullah Gulzada, gestore di un bar di Kabul dove si giocava a scacchi.
“Ora hanno un motivo in meno per incontrarsi. E la religione non c’entra: anche in altri Paesi musulmani ci sono campioni che partecipano a tornei internazionali”.
Dopo la riconquista del potere nel 2021, i talebani continuano a riscrivere le regole della vita quotidiana: sport vietati, libertà cancellate, e un’interpretazione sempre più opprimente dell’Islam.
Il cricket resiste, ma è solo per uomini. Le donne? Fuori da parchi, università, palestre e anche da un futuro con pari opportunità.
Prima hanno chiuso le scuole alle ragazze, poi i saloni di bellezza. Ora tocca agli scacchi.
In un Paese dove le donne non possono studiare e i giovani non possono nemmeno giocare, il vero peccato capitale sembra essere il pensiero – soprattutto se critico, libero o strategico.
India e Pakistan
Dopo giorni di violenti scontri al confine e quasi 70 morti, la fragile tregua tra India e Pakistan sembra reggere.
Entrambi i Paesi, armati nuclearmente, si erano scambiati accuse di violazioni del cessate il fuoco, ma una calma precaria è tornata ad avvolgere il confine, almeno per ora.
Domenica, l’esercito indiano ha inviato un “messaggio di assistenza telefonica” al Pakistan, avvertendo che ulteriori violazioni avrebbero portato a una risposta militare.
Lo ha confermato il Direttore generale delle operazioni militari indiane, Tenente Generale Rajiv Ghai, sottolineando che le forze armate restano in stato di massima allerta.
Tuttavia, esplosioni notturne sono state udite anche dopo l’inizio della tregua, nel Kashmir indiano, epicentro storico delle tensioni tra i due vicini. Le autorità parlano di sistemi di difesa aerea attivati durante un blackout, segno che la diffidenza non ha ancora lasciato spazio alla fiducia.
L’accordo di cessate il fuoco, annunciato sabato, è stato possibile anche grazie a forti pressioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti, che temevano una guerra su vasta scala.
È il tipo di pace che fa rumore: quella interrotta dal boato dei missili difensivi, dalla voce roca dei portavoce militari, e dai sospiri dei civili che hanno visto troppe tregue spezzarsi all’alba.
Quando la diplomazia tiene appena insieme due potenze atomiche, ogni ora senza fuoco è già un successo. Ma la vera pace, quella che non si misura in blackout e silenzi armati, è ancora lontana dal confine.
Filippine
Milioni di filippini si sono messi in fila alle urne questa mattina per eleggere oltre 18.000 incarichi pubblici, in una tornata elettorale che va ben oltre il consueto esercizio democratico.
In gioco non ci sono solo seggi comunali o parlamentari, ma l’equilibrio instabile di una nazione divisa tra due dinastie rivali: quella del presidente Ferdinand Marcos e della vicepresidente Sara Duterte, ora sotto impeachment.
A infiammare la campagna elettorale è stato proprio lo scontro tra i due ex alleati. La frattura, esplosa a febbraio, ha visto la vicepresidente accusata di “crimini gravi”, tra cui corruzione e — secondo i suoi detrattori — un presunto piano per assassinare il presidente.
Un mese dopo, un altro colpo di scena: Rodrigo Duterte, padre di Sara ed ex presidente, è stato arrestato e trasferito alla Corte penale internazionale per rispondere delle stragi compiute durante la sua guerra alla droga.
Ma è il Senato il vero campo di battaglia. I 12 senatori che saranno eletti oggi costituiranno metà della giuria nel processo di impeachment previsto per luglio.
E per sopravvivere politicamente, Sara Duterte dovrà strappare almeno 9 voti su 24. In caso contrario, potrebbe dire addio a qualsiasi sogno di presidenza nel 2028.
Un voto cruciale, un paese spaccato e una resa dei conti tra eredi di due dei cognomi più ingombranti della storia recente delle Filippine. Non è solo un’elezione: è una sentenza sul futuro.
Cina e Stati Uniti
li Stati Uniti e la Cina hanno annunciato la creazione di un “meccanismo di consultazione” per affrontare le tensioni commerciali.
Lo ha dichiarato il vicepremier cinese He Lifeng dopo colloqui riservati a Ginevra con il segretario al Tesoro USA Scott Bessent e il rappresentante per il Commercio Jamieson Greer.
Il meccanismo – ha spiegato Li Chenggang, rappresentante cinese per il commercio internazionale – servirà per avviare “scambi regolari e irregolari” su questioni commerciali, con l’obiettivo dichiarato di raffreddare le frizioni.
Dopo anni di dazi, accuse incrociate di dumping, spionaggio industriale e blocchi tecnologici, Washington e Pechino tentano di parlarsi di nuovo.
Ma dietro l’eufemismo “meccanismo di consultazione” c’è poco di vincolante: niente intese su tariffe o investimenti, solo l’impegno a dialogare.
Insomma, non proprio un’alleanza strategica, ma almeno si è passati dalla guerra commerciale al “ci sentiamo ogni tanto”.
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